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L’elaborazione del lutto oggi ai tempi del Coronavirus

La psicologa e scrittrice Vera Slepoj spiega le diverse fasi con cui avviene l'elaborazione di un lutto in questo particolare periodo

La scomparsa improvvisa, celere ed immediata dovuta al Coronavirus e la conseguente elaborazione del lutto sono come un asteroide molle ed invisibile che precipita nella nostra vita. I comportamenti che stiamo mettendo in atto hanno modificato non solo la quotidianità, ma anche il nostro modo di percepirci e di percepire il mondo esterno. Una realtà che improvvisamente diventa povera di difese e capace di diventare mortale.

Il tema della separazione, in realtà, è l’apice del lutto, e la sua elaborazione è assolutamente necessaria e indispensabile. Un ragionamento sulle derive psicologiche, le conseguenze, le ricadute sui comportamenti soggettivi e collettivi saranno significativi. È necessario prenderne atto e iniziare ad averne una cultura in tal senso.

Prima di approfondire il tema dell’elaborazione del lutto, dobbiamo capire come viviamo e come abbiamo vissuto l’appartenenza, l’attaccamento e la difficoltà di diventare autonomi anche attraverso la perdita.

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Attaccamento e perdita

L’attaccamento non è solo quel comportamento simbiotico che avviene nei primi giorni e mesi di vita. Un importante relazione, quella simbiotica, perché consente al neonato di ricevere tutti quei rassicuranti messaggi di accettazione e accoglienza. Se è riuscito a sviluppare un adeguato attaccamento alla madre, il bambino e in seguito l’adulto riuscirà ad affrontare con maggiore sicurezza le tappe successive della crescita, in relazione soprattutto al mondo esterno.

Ricordiamoci quanto sia importante per il bambino piccolo avere un’idea precisa di accoglienza, perché il mondo esterno per lui, per un po’ di tempo, sarà un universo scuro, sconosciuto e non necessariamente rassicurante. La privazione precoce di figure affettive significative va a toccare proprio il concetto di attaccamento. Per molte generazioni future avrà una ricaduta tutta da definite. Più in generale la perdita va a toccare le zone profonde del dolore, l’accentuazione di stati d’ansia e di angoscia con la possibilità di mettere in atto una visione malinconica e depressiva/esistenziale.

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La separazione dalle abitudini

Questo periodo ha fatto separare la gente da abitudini, luoghi mentali riconosciuti. Pertanto, la pandemia ha provocato una separazione che dobbiamo considerare molto attentamente, perché è una separazione soprattutto da abitudini culturali, lavorative, mentali. La separazione da uno stile di vita, pertanto, è da considerarsi alla stessa stregua delle separazioni di tipo affettivo. Tale separazione non è solo psicologica o fisica, ma riguarda una vera e propria perdita, in quanto per la collettività, ma anche per l’individuo, non è più possibile utilizzare i punti di riferimento che conosceva.

Quindi la perdita diventa un vicolo cieco in cui andremo a scontrarci, avremo difficoltà a trovare le tracce di noi stessi, il rifiuto di doverlo accettare e considerare. In realtà non è nemmeno vero che questo periodo ci renderà migliori. Semplicemente non lo sappiamo. Sicuramente la paura e ciò che rimarrà nella pelle, nel corpo e nella mente. Per questo è fondamentale, prima di ogni altro meccanismo, elaborare il lutto.

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L’elaborazione del lutto

L’elaborazione del lutto è uno stato psicologico conseguente alla perdita di un “oggetto” significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. Per oggetto intendiamo la morte di una persona cara, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo interno, cioè esclusivamente emotivo e psicologico.

Affinché ci sia un’idea di lutto, ci deve essere un’identificazione con ciò che riguarda la perdita. Chiaramente se ne può uscire attraverso un processo di elaborazione psichica o “elaborazione del lutto” come dice Freud. Rifacendoci ai modelli psicanalitici possiamo parlare di elaborazione o gestione del lutto in tre fasi: diniego, accettazione, distacco.

Diniego (o anche rifiuto)

Il soggetto rifiuta o rimuove l’idea che la perdita ci sia stata, o rifiuta l’esperienza che riguarda la perdita stessa. Ad esempio per quanto riguarda la pandemia, il rifiuto può essere la continua ambivalenza della pericolosità del virus, i conflitti tra virologi, le varie teorie messe in atto dai vari Stati nel mondo

Accettazione

L’accettazione è la parte più importante e significativa, perché fa sì che l’individuo compia un esame di realtà. L’accettazione consente di rendere possibile la verità di tutto ciò che riguarda la perdita. Ad esempio, nella pandemia è stato molto importante l’atteggiamento responsabile dei cittadini che hanno accettato le regole, il periodo della quarantena, l’osservanza di ciò che la scienza andava delineando.

Distacco

Il distacco è un meccanismo importante, e rappresenta di fatto il successo dell’elaborazione del lutto, in quanto la perdita viene ammessa e tutto ciò ce è andato perduto diventa il contenuto per una rinascita o ricostruzione su basi diverse.

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L’elaborazione del lutto richiede un certo tempo affinché avvengano tutti questi passaggi. Se si guarda la storia, l’umanità ha sempre saputo provvedere con rituali e nuovi strumenti culturali a superare le fasi luttuose. Se analizziamo la situazione psicologica collettiva ci sono tutti gli elementi per analizzare proprio il lutto per cui ci troviamo.

La fase del rifiuto, ad esempio, è il desiderio che tutti ritorni come prima, come pure la negazione stesa dell’esistenza del virus, anche il complottismo sulla sua origine fa parte di questo rifiuto. 

Il distacco è il vero problema in atto, perché ciò che sta avvenendo è l’applicazione che noi mettiamo all’idea di fine della pandemia con la ripresa di tutto ciò che riguardava i comportamenti precedenti.

Se non siamo capaci o blocchiamo l’elaborazione del lutto, può arrivare la malinconia, la passività, la perdita di fiducia. Perché in realtà continuiamo a non separarci da ciò che siamo stati. Permanere nel ricordo e nei comportamenti del passato, impedendo l’accettazione del cambiamento, può trasformare il dolore del lutto da normale a patologico. 

Vera Slepoj (estratto da Il Mattino di Padova)

 

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