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“Sera di febbraio” di Umberto Saba metafora dell’angoscia della nostra epoca

Scopri la contemporaneità di "Sera di febbraio" la poesia di Umberto Saba che fotografa l'inquietudine dei nostri giorni

Sera di febbraio di Umberto Saba è una poesia che sembra scritta per raccontare le grandi angosce della nostra epoca. La tempesta perfetta che dall’inizio degli anni ’20 del nostro secolo sembra essersi abbattuta sull’intera umanità coincide con le forti emozioni contenute nel componimento di Umberto Saba.

L’immensa oscurità che emana la poesia di Umberto Saba è la metafora dell’inquietudine vissuta dal poeta, che, se ci pensiamo, potrebbe coincidere con lo stato emotivo che oggi sembra vivere la popolazione dell’intero Pianeta. 

Sera di febbraio è del 1943, uno degli anni più oscuri della nostra storia. La Seconda guerra Mondiale aveva stravolto il Mondo. Umberto Saba ricordiamo era ebreo. L’inquietudine delle leggi razziali e della possibile deportazione sollecitavano l’angoscia del poeta triestino. 

La guerra con la sua barbarie era presente nella sua vita, con tutte le contraddizioni che i grandi conflitti creano. Ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo nessuno se lo sarebbe mai immaginato e per certi versi ci riporta ad un’esperienza simile a quella vissuta da Umberto Saba.

Sera di febbraio, metafora del nostro presente

Ogni poesia rispecchia la sensibilità, i sentimenti, le emozioni del suo autore e come tale va interpretata come singolare. Ma, i grandi autori sono tali perché riescono a cogliere quelle sensazioni universali che aiutano ad interpretare i piccoli grandi avvenimenti e magari ad adottare le giuste strategie per non farsi catturare dall’angoscia.

Viviamo una profonda crisi non solo economica, ma sociale e culturale. La progettualità che tutti dovremmo avere guardando al futuro, è totalmente assorbita dalle problematiche per affrontare il presente. Certo, bisogna reagire e magari avare la forza di non lasciarsi abbattere. 

Nei versi di Saba la morte è la vera liberazione contro il decadimento e la naturale via di fuga dal male di vivere. Non dimentichiamo che Umberto Saba viveva di nevrosi che lo portarono alla psicanalisi. 

Le nevrosi del nostro tempo

Per molte persone le nevrosi di questo presente finiscono per amplificare il malessere. Ciò che abbiamo vissuto con la pandemia e ciò che stiamo vivendo per colpa di una guerra crea inquietudine.

Il nostro tempo sembra essere piombato nel caos, così come accadde all’inizio degli anni ’40 del secolo scorso. Le certezze sembrano svanite, i punti di riferimento sono sempre più impercettibili.

Dipendiamo da inutili sollecitazioni che arrivano dal vacuo interagire social e dall’inutile intrattenimento televisivo. La crisi economica accompagna la crisi sociale e umana. La violenza verbale e fisica è diventata normalità. 

Come non essere d’accordo con il poeta triestino. I suoi versi sembrano raccontare il degrado sociale e culturale del presente. Soprattutto quando afferma nella poesia che “siamo come quella “Indifferente gioventù s’allaccia; sbanda a povere mete.” L’abbraccio mediatico ci guida verso il nulla. Non siamo guidati dalla leggerezza, ma dalla disperazione di non sapere quale direzione prendere. 

Il rapido calare del giorno dei primi versi della poesia, dovrebbero lasciare spazio alla luce. Solo una vera rivoluzione culturale può rendere le nostre vite migliori e forse finalmente anche meno povere.

Sera di febbraio di Umberto Saba

Sera di febbraio
Spunta la luna.
Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’allaccia;
sbanda a povere mete.
Ed è il pensiero
della morte che, infine, aiuta a vivere

La vita di Umberto Saba nelle Ultime cose (1935-1938)

L’angoscia presente in Sera di febbraio è intimamente legata alla nascita della prima edizione della raccolta di poesie Ultime Cose, pubblicata semi clandestinamente nell’estate del 1944 all’insaputa dello stesso Umberto Saba a Lugano. 

Questa edizione di Ultime cose contribuì, insieme a Finisterre di Eugenio Montale (1943), a dare lustro alla piccola ma preziosa “Collana di Lugano”, che con qualche altra iniziativa simile offrì, soprattutto dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la conseguente occupazione nazista, uno sbocco sicuro alle lettere italiane fuori dal territorio nazionale.

Umberto Saba in quel periodo deve sfuggire alla persecuzione nazista e la sua condizione personale si fa più precaria, disperata. Tenta la via dell’Esilio, prima in Francia dove rimane per poco tempo.

Dopo l’armistizio Umberto Saba si rifugia a Firenze, dove quasi ogni giorno riceve la visita di Montale. In quindici mesi cambia domicilio ben 11 volte e trascorre in clandestinità uno dei periodi più infelici e più tormentati della sua vita, vive in uno stato di disperazione assoluta, colpito da una sofferenza che supera i limiti dell’umanità e cova addirittura l’idea di un suicidio liberatorio.

Umberto Saba vedrà la raccolta Ultime Cose solo a guerra finita.

Saro Trovato

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