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“Il torrente” di Umberto Saba, una poesia sul cambiamento

“Il torrente” è una poesia di Umberto Saba che parla di ricordi e cambiamento.

Umberto Saba è il poeta “senza orpelli”, che con inaudita semplicità riesce ad esprimere ciò che a tutti noi appare inesprimibile.

Poeta della città e della donna, come è stato definito dalla critica per le tematiche più affrontate nelle sue liriche, Umberto Saba ci ha lasciato versi indimenticabili. “Il torrente”, giudicata dall’autore stesso una delle sue liriche più belle, è una poesia che sfrutta l’immagine del corso d’acqua per trattare la tematica del ricordo e del cambiamento.

Il torrente di Umberto Saba

Tu così avventuroso nel mio mito,
così povero sei fra le tue sponde.
Non hai, ch’io veda, margine fiorito.
Dove ristagni scopri cose immonde.

Pur, se ti guardo, il cor d’ansia mi stringi,
o torrentello.
Tutto il tuo corso è quello
del mio pensiero, che tu risospingi
alle origini, a tutto il fronte e il bello
che in te ammiravo; e se ripenso i grossi
fiumi, l’incontro con l’avverso mare,
quest’acqua onde tu appena i piedi arrossi
nudi a una lavandaia,
la più pericolosa e la più gaia,
con isole e cascate, ancor m’appare;
e il poggio da cui scendi è una montagna.

Sulla tua sponda lastricata l’erba
cresceva, e cresce nel ricordo sempre;
sempre è d’intorno a te sabato sera;
sempre ad un bimbo la sua madre austera
rammenta che quest’acqua è fuggitiva,
che non ritrova più la sua sorgente,
né la sua riva; sempre l’ancor bella
donna si attrista, e cerca la sua mano
il fanciulletto, che ascoltò uno strano
confronto tra la vita nostra e quella
della corrente.

La poesia come mezzo per descrivere l’animo umano

Secondo Umberto Saba, la poesia deve costituire un mezzo per chiarificare la condizione dell’uomo, e in quanto tale, essa necessita di semplicità. Deve scandagliare gli abissi dell’anima ed esprimere le profondità della coscienza per giungere alla comprensione dei traumi, dei dolori e dei comportamenti dell’uomo.

Lo stile di Umberto Saba è semplice e chiaro. I suoi versi sono accomunati dalla quotidianità dei termini e delle tematiche: persone, animali, luoghi, avvenimenti… Saba descrive ciò che accade ogni giorno a ciascuno di noi. I temi ricorrenti sono la città natale, l’amore, gli affetti più cari, il mare e il rapporto con la natura, che spesso si fa mezzo per descrivere i nostri sentimenti e le nostre emozioni.

“Il torrente” è un componimento emblematico dello stile e delle tematiche di Umberto Saba. A proposito di questa splendida lirica, Franco Fortini scrisse:

“Poesia esemplare del Saba di Trieste e una donna: pochi endecasillabi, appena pausati da due settenari e da due quinari. Il torrente lungo il quale il ragazzo era accompagnato dalla madre (che confrontando sentenziosamente la vita umana alla sorte dell’acqua corrente infondeva nel bimbo austerità e tristezza) è qui un simbolo (ma anche un’allegoria) rivissuto nel ricordo. Fin dal v. 1 si parla infatti del mito che aveva trasformato in avventuroso il torrentello che, nella realtà, è povero; e la similitudine col corso del pensiero è apertamente dichiarata.

La densità patetica è data dall’antitesi di due presenze femminili, quella che si concentra nel nesso di aggettivi nudi-pericolosa-gaia, e cioè la lavandaia, una immagine (quale che fosse l’intenzione cosciente del poeta) di libertà e di piacere, di forte e bello; e quella, antitetica alla prima, del sacrificio e della disillusione (e repressione) rappresentata dalla madre, e dalla sera del sabato (che il verso di Leopardi ha connotato di oscure premonizioni ma che forse qui si presenta non come inizio ma come fine di un giorno festivo, il sabato ebraico).

Il centro emotivo della poesia è spostato verso la negatività, fin dai vv. 4 (cose immonde) e 5 (ansia), e si rivela nelle ripetizioni lente dei vv. 18-20 (cresceva, e cresce (…) sempre, sempre, sempre e, ancora al v. 23, sempre). I luoghi lessicali e ritmici di una tradizione (il margine fiorato, il cor d’ansia mi stringi, l’avverso mare) ridotta a convenzione da libretto di opera lirica hanno il compito di distanziare la violenza patetica.

Si veda come i periodi sono costruiti nel rispetto dei nessi razionali, con il gioco delle relative e delle subordinate, fino agli «enjambements» degli ultimi cinque versi che debbono solo alle rime e agli arcaismi (ancor bella, fanciulletto) il tremito patetico della forma dimessa, in cui la prosasticità è spinta sino all’ironia (uno strano /confronto)”.

Umberto Saba

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli, nato nel 1883 a Trieste. Di origini ebraiche per parte di madre, il piccolo Umberto Saba viene accudito nei primi anni di vita da Peppa, una balia slovena cattolica a cui lui resterà per sempre legato.

Quando la madre lo riprende con sé e lo allontana da Peppa, Umberto subisce un trauma che in seguito racconterà nelle sue poesie. Dopo aver trascorso alcuni anni a Padova da parenti, il giovane ritorna a Trieste e vive con la madre e le zie, in totale assenza di una figura maschile, poiché il padre aveva abbandonato la famiglia prima della nascita dello stesso Umberto Saba.

Il periodo dell’adolescenza è segnato dalla malinconia e dallo studio dei classici della letteratura. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare alcuni corsi dell’università; inizia con le lezioni di letteratura italiana, ma ben presto li lascia per seguire quelli di archeologia, tedesco e latino. In questo periodo, viene colto per la prima volta da un attacco di nevrastenia.

Vive a Firenze, si trasferisce a Salerno per il servizio militare e infine, nel 1908, torna a Trieste, dove sposa con rito ebraico Carolina Wölfler, l’amata Lina celebrata nei suoi versi. L’anno seguente nasce Linuccia. Nel 1911 pubblica sotto pseudonimo la sua prima raccolta. Comincia per lui la carriera di poeta. Vincitore di numerosi premi, Saba non abbandonerà mai la passione per la scrittura, neanche dopo aver assistito agli orrori del XX secolo.

Nel Dopoguerra, si avvicina a Carlo Levi ed Eugenio Montale, amici a cui resterà legato fino alla morte, avvenuta nel 1957 a Gorizia, nella clinica in cui si era fatto ricoverare sperando di mitigare gli attacchi nervosi da cui era affetto.

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