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“La foglia” di Umberto Saba, la vita e l’amore

"La foglia" è un breve componimento scritto da Umberto Saba. Estremamente evocativi, i versi raccontano di un amore ormai finito, e di come, nonostante il dolore, sia necessario accettare ciò che ci accade lungo il percorso della vita.

Il 25 agosto 1957 si spegneva a Gorizia Umberto Saba. Nella poesia che vi proponiamo oggi per ricordarlo, il poeta triestino condensa temi esistenziali quali la caducità della vita e l’amore e li consegna a noi vestendoli di una bellissima similitudine, che immediatamente svela il suo significato più profondo.

La foglia di Umberto Saba

Io sono come quella foglia – guarda –
sul nudo ramo, che un prodigio ancora
tiene attaccata.

Negami dunque. Non ne sia rattristata
la bella età che a un’ansia ti colora,
e per me a slanci infantili s’attarda.

Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
Morire è nulla; perderti è difficile.

Storia di natura e di amore

Nel breve componimento “La foglia”, Umberto Saba racconta di un amore oramai sfiorito ma a cui l’io lirico non sa rinunciare. Da qui si innesta l’immagine della foglia che, in preda alle intemperie del maltempo e nonostante queste, resta attaccata al suo ramo, senza riuscire a dirgli addio.

Da questa immagine naturalistica, che riflette appieno uno stato d’animo, nascono la richiesta della negazione, la necessità di chiedere al ramo stesso di dire addio, di lasciare andare la foglia. Una poesia meravigliosa, che mostra come, pur consapevoli della nostra precaria condizione esistenziale, troviamo difficile e doloroso staccarci da chi e da ciò che amiamo.

Umberto Saba

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli, nato nel 1883 a Trieste. Di origini ebraiche per parte di madre, il piccolo Umberto Saba viene accudito nei primi anni di vita da Peppa, una balia slovena cattolica a cui lui resterà per sempre legato.

Quando la madre lo riprende con sé e lo allontana da Peppa, Umberto subisce un trauma che in seguito racconterà nelle sue poesie. Dopo aver trascorso alcuni anni a Padova da parenti, il giovane ritorna a Trieste e vive con la madre e le zie, in totale assenza di una figura maschile, poiché il padre aveva abbandonato la famiglia prima della nascita dello stesso Umberto Saba.

Il periodo dell’adolescenza è segnato dalla malinconia e dallo studio dei classici della letteratura. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare alcuni corsi dell’università; inizia con le lezioni di letteratura italiana, ma ben presto li lascia per seguire quelli di archeologia, tedesco e latino. In questo periodo, viene colto per la prima volta da un attacco di nevrastenia.

Vive a Firenze, si trasferisce a Salerno per il servizio militare e infine, nel 1908, torna a Trieste, dove sposa con rito ebraico Carolina Wölfler, l’amata Lina celebrata nei suoi versi. L’anno seguente nasce Linuccia. Nel 1911 pubblica sotto pseudonimo la sua prima raccolta. Comincia per lui la carriera di poeta. Vincitore di numerosi premi, Saba non abbandonerà mai la passione per la scrittura, neanche dopo aver assistito agli orrori del XX secolo.

Nel Dopoguerra, si avvicina a Carlo Levi ed Eugenio Montale, amici a cui resterà legato fino alla morte, avvenuta nel 1957 a Gorizia, nella clinica in cui si era fatto ricoverare sperando di mitigare gli attacchi nervosi da cui era affetto.

Il Canzoniere” di Umberto Saba

Un’antologia per rileggere “l’uomo di pena” Saba, il cui percorso poetico è in equilibrio perfetto fra classicità e contemporaneità: la classica perfezione formale delle sue forme poetiche, dove è sedimentato il suono della migliore tradizione lirica italiana, e la sofferta testimonianza della crisi dell’uomo novecentesco.

“Saba – sosteneva Pier Paolo Pasolini – è il più difficile dei poeti contemporanei. Al più semplice esame linguistico non c’è parola in Saba, la più comune, il “cuore-amore” della rima famosa, che non risulti immediatamente violentata, o almeno, nei momenti in cui meno chiara fosse la violenza espressiva, malconcia e strappata al suo abituale significato, al suo abituale tono semantico”.

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