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“Gli amanti” di Magritte, il dipinto che esprime l’impossibilità dell’amore

Scopriamo cosa sta dietro "Gli amanti" l'opera di Magritte, vera icona della storia dell'arte e simbolo dell'impossibilità di amare

Ricordiamo oggi René François Ghislain Magritte, pittore belga nato a Lessines (Belgio) il 21 novembre 1898 e scomparso il 15 agosto 1967.

Sono diversi i quadri di Magritte davanti ai quali non possiamo che rimanere intrappolati, ma ce n’è uno in particolare che si imprime dentro di noi. Si tratta de “Gli amanti”. Considerato uno dei più grandi pittori del Surrealismo, René Magritte ci ha consegnato dipinti meravigliosi, destinati a resistere all’usura del tempo in virtù non solo della loro bellezza estetica, ma anche della loro capacità di emozionarci.  

Se vi è capitato sotto gli occhi anche una sola volta, siamo sicuri che non lo avrete più dimenticato. Un quadro che testimonia una tragedia accaduta nella vita di Magritte e che allo stesso tempo mette in scena una relazione per certi versi negata. 

Un quadro in cui gli amanti sono vicini, ma divisi da un velo che li rende ciechi. Una sorta di muro che allontana, malgrado la vicinanza. Un capolavoro dell’inizio del secolo scorso, che segna ancora come inarrivabile un’era fatta di grandi autori che hanno rivoluzionato grazie alla grande poesia delle loro opere. 

Gli Amanti, l’opera di Magritte

 

 
 
 
 
 
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Gli amanti, il quadro che racconta l’impossibilità dell’amore

Non si tratta soltanto delle linee contrasti e dell’uso simbolico dei colori, in quel quadro c’è qualcosa di conturbante, c’è un senso di impossibilità. Un raggiungimento che non accade, un’attesa continuamente delusa. Al centro del quadro ci sono infatti due amanti – protesi l’una verso l’altro – nell’atto di baciarsi, ma questo bacio è destinato a rimanere sospeso.

Infatti, i due soggetti, connotati soltanto dalle loro vesti, non sono riconoscibili e un lenzuolo bianco avvolge le loro teste, impossibilitando il loro desiderio di unirsi. L’amore diventa dunque aspirazione, desiderio, tensione, ma non può esserci fusione. Lo struggimento che si vive guardando l’opera nasce dal conflitto, il conflitto tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto, fra il desiderio viscerale di unione e l’impossibilità che accada.

C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente

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Gli Amanti, l’opera di Magritte

L’opera risale al 1928 ed è realizzata con la tecnica dell’olio su tela (54cmx73cm). La versione del MoMA di New York è la versione più famosa di un tema, quello degli amanti, che ricorre spesso nella pittura di Magritte di quegli anni. Gli amanti, e il riferimento alla vita di Magritte

L’immagine del lenzuolo che avvolge il capo di un soggetto è un motivo ricorrente nei dipinti di Magritte. Di questo quadro, per esempio, ne esiste una seconda versione, custodita alla National Gallery di Canberra in Australia, che ritrae i due amanti guancia a guancia sempre col volto coperto. Pare che questo motivo risalga a un episodio dell’infanzia di Magritte.

Quando aveva soli 12 anni, Magritte visse infatti un grave lutto. La madre si era suicidata, gettandosi nel fiume Sambre. Quando fu ritrovata, la camicia da notte le copriva il volto, proprio come si vede nei quadri di Magritte. Il trauma legato al suicidio della madre impresse un segno indelebile nella vita del pittore, che trovò nell’arte uno strumento per esorcizzare il dolore e l’angoscia scaturiti dal lutto. 

Gli amanti, ispirato a un dipinto di De Chirico

Il rigore classicista dello sfonfo, in contrasto con la morbidezza dei panni che avvolgono i capi degli amanti,  richiama una famosa opera di De Chirico, “Ettore e Andromaca”. Il dipinto di De Chirico immortala il momento in cui Ettore e Andromaca si salutano prima del duello contro Achille. Anche qui, torna il motivo dell’impossibilità, di un abbraccio mancato, che profetizza l’esito imminente del duello, ovvero la morte di Ettore per mano del suo nemico. 

Ettore e Andromaca, di De Chirico

 

 

 
 
 
 
 
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