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René Magritte, il genio del Surrealismo che dipingeva i sogni

Genio del Surrealismo, René Magritte ha per sempre cambiato la storia dell'arte; ripercorriamo insieme i passi della sua vita

MILANO – Con un repertorio che conta più di 800 opere, tra tele e disegni, René Magritte è uno dei capostipiti del Surrealismo. Ecco allora che nel giorno della sua scomparsa, vi propongo ripercorrere insieme a me i passi della sua vita, dall’infanzia fino al suo successo.

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Gli esordi

Artista amato e ammirato in tutto il mondo, René Magritte nasce il 21 novembre 1898 a Lessines, in Belgio. Suo padre era un mercante e a causa del suo lavoro dovette trasferirsi più volte, con tutta la famiglia, da una città all’altra. E infatti, passano solo 12 anni dalla nascita di René quando tutta la famiglia si trasferisce, nel 1910, a Châtelet. Qui, purtroppo, l’allora 14 enne René deve far fronte ad uno shock indescrivibile: sua madre Adeline si suicida gettandosi nel fiume Sambre; il corpo viene ritrovato con una camicia da notte che le avvolge il volto. Questo dettaglio, questo particolare e terribile fatto che segna profondamente Magritte, successivamente prenderà vita in alcune sue importanti opere, come ad esempio “L’histoire centrale” o “Les amants“.

 

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Dopo aver frequentato l’Accademia di belle arti di Bruxelles, ecco che René inizia ad interessarsi alle ricerche futuriste e nel frattempo lavora come grafico, principalmente nel design di carta da parati. In seguito inizia poi a muovere i suoi primi passi da pittore nell’ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Ma la svolta surrealista avviene solo con la scoperta dell’opera di Giorgio de Chirico, in particolare della visione del quadro “Canto d’amore”, da cui rimane profondamente colpito.

Il periodo surrealista e il successo

Dal Surrealismo Magritte rimane veramente folgorato. E così nel 1925 inizia il suo periodo surrealista con l’adesione al gruppo di Bruxelles, composto da Camille Goemans, Marcel Lecomte e Paul Nougé, realizzando la sua prima opera surrealista dal titolo “Le Jockey perdu” (Il fantino perduto). Magritte elabora così la teoria di una pittura che esprime la surrealtà all’interno della realtà stessa, creando immagini dai toni onirici e situazioni talmente irrealistiche che possono prendere vita solo nei sogni.

 

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Nel 1926 prende contatto con André Breton, il teorico del Surrealismo, e l’anno successivo tiene la sua prima mostra personale, presso la galleria Le Centaure di Bruxelles, in cui espone ben 60 opere. Intanto si trasferisce a Parigi con la moglie Georgette Berger, una modella belga che aveva sposato nel 1922. Nel 1930, dopo l’esperienza parigina, Magritte decide di tornare a Bruxelles. I due si trasferiscono nella zona nord della città, dove l’artista ha vissuto 24 anni di prosperosità e dove ha realizzato circa la metà delle sue opere.

 

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Inoltre, è proprio qui che si sviluppano i più importanti momenti del surrealismo belga, anche grazie al fatto che l’appartamento di Magritte fungeva da punto d’incontro del gruppo bruxellese (trasformato nel 1999 nella Casa Museo dedicata al celebre artista). Nel 1940, per timore dell’occupazione tedesca, Magritte si trasferisce con la moglie nel sud della Francia e dopo un ultimo lungo viaggio fra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, l’artista si spegne nel suo letto, a Schaerbeek (Belgio), il 15 agosto del 1967.

 

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Lo stile

René Magritte dipinge con una tecnica che potremmo definire ‘illusionismo onirico‘, volta a creare nell’osservatore un cortocircuito‘ visivo. Le sue opere infatti contengono una forte componente legata ai sogni, così come la contrapposizione di elementi reali che però, affiancati, creano immagini totalmente assurde.

 

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Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con spostamenti del senso utilizzando sia accostamenti inconsueti che deformazioni irreali. Con la scoperta delle opere di Giorgio de Chirico e della pittura Metafisica, Magritte sente il bisogno di creare universi fantastici e misteriosi, immagini naturalistiche basate su elementi apparentemente indecifrabili ed enigmatici, come ne “La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe)” del 1928.

 

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Un altro dei suoi quadri icona è il grande occhio spalancato nel cielo, o al contrario il cielo che si specchia nell’occhio, intitolato “Faux miroir”, piaciuto talmente tanto a Luis Buñuel da riprenderlo come scena madre nel suo film “Un chien andalou”.

 

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