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“Non abbandonarti” di Tagore, una poesia per ritrovare la speranza oltre il buio

"Corri, vieni fuori; [...] il cielo s'è fatto chiaro./ Coraggio, non aver più paura". Conforta e infonde speranza, questa profonda poesia di Rabindranath Tagore che si intitola "Non abbandonarti".

“Non abbandonarti, tieniti stretto,
e vincerai”.

“Coraggio, non aver paura”: ce lo ripete Rabindranath Tagore nella sua “Non abbandonarti”, una poesia che ci incoraggia a non lasciarci andare, a credere nella forza della vita anche quando tutto ci sembra buio. La scopriamo per ricordare Tagore nell’anniversario della nascita, avvenuta il 7 maggio 1861.

“Non abbandonarti” di Rabindranath Tagore

Non abbandonarti, tieniti stretto,
e vincerai.
Vedo che la notte se ne va:
coraggio, non aver paura.
Guarda, sul fronte dell’oriente
di tra l’intrico della foresta
si è levata la stella del mattino.
Coraggio, non aver paura.

Sono figli della notte, che del buio battono le strade
la disperazione, la pigrizia, il dubbio:
sono fuori d’ogni certezza, non sono figli
dell’aurora.
Corri, vieni fuori;
guarda, leva lo sguardo in alto,
il cielo s’è fatto chiaro.
Coraggio, non aver più paura.

La forza di ricominciare a sperare

Ritrovare la speranza quando la vita è stata crudele con noi è un’arda impresa.

Tutto in noi si incupisce, nel fisico e nel cuore. Il buio si impadronisce della quotidianità e, senza che ce ne rendiamo conto, ci risucchia nel suo buco nero, oscurando tutte le buone ragioni che potrebbero risollevarci.

Così, ci abbandoniamo, credendo di non poter e dover fare nulla per stare meglio. E forse, stare un po’ con il nostro dolore, osservarlo, odiarlo, cullarlo, tenerlo stretto come fosse una nostra appendice, ha dei risvolti terapeutici; perché scappare non costituisce mai una soluzione.

Eppure, c’è un momento in cui dobbiamo sentirci pronti a prendere tutta la nostra sofferenza per accantonarla in un angolo di noi, per far spazio alla luce, alla vita che ha il diritto di rinascere, dentro e fuori.

“Non abbandonarti” di Rabindranath Tagore parla proprio di questo. Nel suo componimento, in cui si ripete quasi come fosse una cantilena il verso “Coraggio, non aver paura”, Tagore ci consola, ci invita a guardare più lontano, oltre il nostro buio. Ci sussurra, e poi lo dichiara con forza, che è ora di correre, di uscire fuori dall’oscurità, di non aver più paura perché il cielo si è schiarito, e di lasciare “la disperazione, la pigrizia e il dubbio”, fedeli compagne del dolore.

Rabindranath Tagore

Rabíndranáth Thákhur, in Occidente meglio noto con il nome anglicizzato Rabindranath Tagore, nasce a Calcutta il 7 maggio 1861 da una nobile famiglia bengalese.

Ultimo di quattordici fratelli, Rabindranath non segue degli studi regolari, viene bensì educato dal padre, che si occupa a trecentosessanta gradi del figlio, con cui condivide anche esperienze di viaggio.

Nel 1874, la famiglia vive un momento tragico: la madre di Rabindranath muore, e il giovane va a vivere con il fratello Dwijendranath, che è poeta, musicista e filosofo, e con la cognata. Già in questo periodo, Rabindranath comincia a scrivere e comporre poesie – a questi anni risale anche “Il lamento della natura” –, che subito vengono pubblicate in diverse riviste.

Nel 1878 l’autore di “Non abbandonarti” compie il suo primo viaggio in Inghilterra e vi rimane 17 mesi. Henry Morley diviene il suo insegnante di letteratura e musica. Al ritorno in patria, Tagore compone il dramma musicale “Il genio di Valmiki” e “I canti della sera”.

Nel 1883 sposa Mrinalini Devi, che ha solo dieci anni e da cui Rabindranath Tagore avrà cinque figli. I due vanno a vivere a Ghazipur. Risale al 1890 un secondo viaggio in Europa, durante cui il poeta visita L’Inghilterra, l’Italia e la Francia. Al ritorno, compone numerose opere, fra drammi, raccolte poetiche e diari di viaggio.

Dal 1902, comincia per l’autore di “La nostra vita naviga su un mare” un grande dramma: muore la moglie. Poco dopo, muoiono anche la figlia e il figlio minore. Tagore è devastato dal dolore del lutto, che si riflette nelle poesie scritte in questo periodo.

Nel 1913, dopo un terzo viaggio in Europa e moltissime poesie pubblicate, Rabindranath Tagore viene insignito del Nobel per la Letteratura.

L’uomo, che nell’ultimo periodo della sua vita si dedica alle arti figurative creando più di 2000 disegni e dipinti, muore il 7 agosto 1941.

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