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I 10 dubbi linguistici che possono sorgere a tutti

Si dice "Ha piovuto" o è più corretto "È piovuto"? Ecco un elenco dei dubbi linguistici, individuati e risolti da Roscia all'interno del libro "Errorario".

Spesso ci capita di avere dei dubbi linguistici: si dice in questo modo oppure è più corretto quest’altro? Si possono utilizzare entrambi? Capita: in mondo in continua evoluzione, anche la lingua può mutare e, la parola o espressione che ci sembrava corretta da utilizzare, può non esserlo più o quanto meno portarci a dubitare della sua esattezza.

Come prevenire i dubbi linguistici

Avere dei dubbi linguistici è normale, ma una buona conoscenza della lingua italiana può prevenire il loro sorgere: l’Accademia della Crusca ha realizzato un’attività didattica, disponibile nella propria sezione scuola, realizzata per consolidare la conoscenza di alcune norme ortografiche di base (plurali, doppie, nessi consonantici particolari, forme verbali di verbi irregolari (congiuntivo/indicativo), maiuscole) che possono evitare il sorgere di alcuni dubbi linguistici.

“Errorario” di Massimo Roscia

Il seguente elenco di dubbi linguistici, con relativo “spiegone” è tratto dal libro “Errorario” di Massimo Roscia, un volume che raccoglie, in rigoroso ordine alfabetico, i più frequenti errori grammaticali, ortografici, lessicali e sintattici, i dubbi, i malapropismi, i tormentoni linguistici, le parole e le frasi sfibrate dall’uso eccessivo. Tra curiosità, aneddoti e motti di spirito, il libro di Massimo Roscia è un viaggio  alla ricerca del significato autentico di alcuni vocaboli, della loro etimologia, delle origini, della storia, del valore stilistico e dell’uso corretto.

10 dubbi linguistici che sorgono più spesso

Ecco, di seguito, un elenco dei dubbi linguistici, individuati e analizzati da Roscia all’interno del libro “Errorario”. Ringraziamo la casa editrice Rai Libri per averci consentito di prendere degli estratti dal libro.

Accapo/ a capo

La frase volge al termine e la maestra che sta dettando dà il fatidico comando: punto e a capo. Ma come si scrive? A capo o accapo?

Tranquilli, tutte e due le forme sono corrette. Analogamente, anche con l’avverbio daccapo (che significa “da principio”, “di nuovo”) si possono usare indistintamente entrambe le grafie: quella più antica da capo e quella univerbata, ora più diffusa, daccapo. L’importante è non scrivere d’accapo, con l’apostrofo. Altrimenti la maestra tira fuori la bacchetta!

Annaffiare / Innaffiare

Ecco un altro tra i dubbi linguistici più diffusi: Annaffiare o innaffiare? Domanda da centomila dollari! Risposta: sono accettate tutte e due le forme (dal latino volgare inafflare, derivato di afflare, “soffiare verso”), anche se annaffiare è quella più comunemente usata.

Lo stesso dicasi per i sostantivi, annaffiatoio e innaffiatoio, entrambi corretti ma con una netta preferenza per la prima variante. Siete dunque liberi di scegliere ma, in ogni caso, non dimenticate di… dare l’acqua alle vostre piante.

Asciugamano/asciugamani

Qualche tempo fa, mentre saltellavo pigramente tra i canali della Tv, in attesa dell’inizio di una partita di calcio, sono rimasto rapito da una simpaticissima televendita (lo confesso: ho un debole per il kitsch).

L’imbonitore, rivolgendosi «agli amanti del bello, agli amanti del colore e agli amanti della qualità», reclamizzava un set di asciugamani, in morbidissima spugna di cotone ricamata, composto da dodici teli mare (neanche la famiglia Bradford ne aveva così tanti), dodici asciugamani da viso, dodici asciugamani per gli ospiti, dodici teli da bagno con bordi – cito testualmente – «in poliestere naturale» e dodici accappatoi unisex, il tutto a poco più di una cinquantina di euro. Ammetto di essere stato fortemente tentato; stavo quasi per comporre il numero telefonico in sovraimpressione per ordinare l’insieme coordinato di dozzine ma, per la gioia di mia moglie, non l’ho fatto.

Il perché di questo aneddoto è presto detto: il singolare di asciugamani è asciugamano o, visto che le mani sono generalmente due, asciugamani? Sono corrette entrambe le forme. Dimenticavo… La televendita si chiudeva annunciando che i clienti più lesti a chiamare avrebbero ricevuto in regalo anche dodici piattini portasapone ovali in ceramica rosa. Quasi quasi…

Diffidare da / Diffidare di

Ed eccoci nuovamente di fronte a una scelta alla Matrix. Pillola azzurra o pillola rossa? Diffidare da o diffidare di? I due costrutti non sono equivalenti e la scelta della preposizione dipende solo dal verbo. Diffidare, nel senso di “intimare a qualcuno, a voce o per iscritto, di astenersi da un comportamento o dal compiere una determinata azione”, vuole la preposizione da (“È stato diffidato dal tenere comportamenti poco professionali”); diffidare, con l’accezione di “non fidarsi di qualcuno o di qualcosa”, richiede invece la preposizione di (“Diffido delle sue promesse”).

Spesso, soprattutto nelle pubblicità, capita di sentire o di leggere lo slogan «Diffidate dalle imitazioni». Sbagliato! La forma corretta è: «Diffidate delle imitazioni». A proposito, una volta ho letto anche «la diffida di Barletta», ma quella di Ettore Fieramosca e degli altri dodici cavalieri è un’altra storia.

Eclisse / Eclissi

Chi, ammirando una magnifica eclissi di sole o di luna, non ha finito per chiedersi se quell’oscuramento parziale o totale di un astro per l’interposizione di un altro corpo celeste si chiami eclisse o eclissi? Nessuno? Strano!

La risposta è semplice e ve la do lo stesso: la forma più ricorrente è senza dubbio eclissi, parola di genere femminile; mentre la variante eclisse è ugualmente corretta ma meno comune. Bisogna solo stare attenti alla formazione del plurale: in questo caso, l’unica forma corretta è le eclissi. Nella mia personale raccolta di errori – alimentata negli anni grazie alla preziosa collaborazione di lettori che, al pari del sottoscritto, sono affetti da sindrome da pedanteria grammaticale – le clissi fanno compagnia a le state, la nagrafe, la spirapolvere, lo spizio e la scensore.

Ha piovuto / È piovuto

Tra i vari dubbi linguistici che possono sorgere, eccone uno molto comune. Questa mattina il sole splende alto nel cielo azzurro ma ieri… ha piovuto o è piovuto tutto il giorno? Un tempo i vecchi manuali di grammatica prescrivevano l’uso obbligatorio dell’ausiliare essere con i verbi impersonali riferiti a fenomeni meteorologici (piovere, diluviare, grandinare, nevicare, tuonare…); oggi, invece, si ritiene che entrambe le forme siano corrette.

C’è però un’eccezione: quando il verbo piovere non ha valore impersonale ed è usato in senso figurato, forma i tempi composti soltanto con l’ausiliare essere (“Alla fine sono piovute critiche da tutte le parti” e non “Alla fine hanno piovute critiche da tutte le parti”; “Soldi che mi sono piovuti dal cielo” e non “Soldi che mi hanno piovuti dal cielo”). E comunque, per colpa del maledetto cambiamento climatico, piove sempre meno.

Obiettivo / Obbiettivo

Che si tratti di uno scopo, del sistema ottico di una macchina fotografica o di qualcuno o qualcosa che è imparziale e aderente alla realtà dei fatti, siamo liberi di scegliere se scrivere obiettivo o obbiettivo. Obiettivo, con una sola B, è la forma più vicina all’etimo latino (obiectivum da obiectum, “oggetto”) e quella più usata nell’italiano contemporaneo, sia per il sostantivo sia per l’aggettivo.

Olimpico / Olimpionico

Lo ammetto: ogni tanto mi viene il dubbio e corro a consultare il dizionario. Olimpico o olimpionico? Per carità, entrambe le forme sono corrette, ma i due aggettivi si differenziano per alcune sottili sfumature di significato.

Olimpico si riferisce all’Olimpo, il monte più alto della Grecia e, secondo la mitologia, la dimora degli dèi (“divinità olimpiche”, appunto), alla città di Olimpia, luogo di culto e sede delle antiche olimpiadi e, per estensione, alle olimpiadi moderne (“giochi olimpici”, “stadio olimpico”, “piscina olimpica”, “cerimonia olimpica”, “record olimpico”); olimpionico, invece, è composto da due parole greche (Olimpia e nike, “vittoria”) e indica colui che ha vinto una o più gare olimpiche e, più in generale, chiunque partecipi ai giochi.

Per questa ragione sarà opportuno dire “torcia olimpica” e non “torcia olimpionica”, salvo che il tedoforo non corra più veloce di Marcell Jacobs e vinca la finale dei cento metri piani.

Polpo / Polipo

Polipo alla griglia. Sia inteso, quando lo vedo scritto sul menu – e mi capita molto spesso – non dico niente, sorrido, ordino, mangio e, talvolta faccio perfino il bis. Amo il mare e tutti i suoi doni: pesci, crostacei, molluschi, microplastiche (no, le microplastiche no). Insalata di polpo, polpo alla luciana, polpo e patate, polpo in umido, polpo alla pignata, polpo alla galiziana, polpo alla catalana…

Il nome corretto dell’Octopus vulgaris, il mollusco con otto tentacoli che tutti conosciamo e apprezziamo, è polpo; tralasciando il termine medico riferito alle piccole formazioni neoplastiche o iperplastiche, polipo dovrebbe essere usato, invece, per indicare una delle due fasi del ciclo vitale dei Celenterati (l’altra fase è quella della medusa). Pignoleria a parte, se vi dovessero servire un carpaccio di polipo, gustatevelo senza farvi tutte queste paranoie.

Zabaione / Zabaglione

Finiamo “in dolcezza” con l’ultimo di questi 10 dubbi linguistici. Ingredienti: uova, zucchero, vino liquoroso (preferibilmente Marsala). Preparazione: montate con una frusta i tuorli insieme allo zucchero finché il composto non risulterà sufficientemente soffice e spumoso. Aggiungete il Marsala, continuate a montare e fate cuocere a bagnomaria in un pentolino, per una decina di minuti, fino a quando la crema non si sarà addensata del tutto. Lasciate raffreddare e servite (e non, come abbiamo detto all’inizio di questo Errorario, “andate a servire”).

Se, invece, avete il Bimby, buttate dentro il robottino da cucina tutti gli ingredienti e al resto ci penserà lui. In entrambi i casi, la forma più usata per indicare questa crema nutriente, gustosissima e tipica della pasticceria italiana è zabaione. Zabaglione è un po’ meno corretta e un po’ meno usata; zabajone, invece, è una variante decisamente antiquata.

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