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Andrej Kurkov e la guerra in Ucraina vista con gli occhi di un apicoltore

Lo scrittore ucraino Andrej Kurkov inaugura Pordenonelegge con un focus sulla guerra in Ucraina presentato il suo libro “Api grigie” in dialogo con il curatore del festival Alberto Garlini.

La 24^ edizione di Pordenonelegge, Festa del Libro con l’autore si è aperta mercoledi 13 settembre con un’anteprima focalizzata nel vivo dell’attualità: la guerra in Ucraina. Andrei Kurkov, la voce letteraria più nota dell’Ucraina del nostro tempo ha presentato “Api grigie” (Keller), in dialogo con il curatore di Pordenonelegge Alberto Garlini.

Prima di incontrare il pubblico l’autore di origine ucraina ha incontrato la stampa al festival, intrecciando alcune riflessioni di stretta attualità al racconto della sua ultima fatica. “La guerra – ha spiegato – non finirà finchè Putin non sarà destituito o verrà ucciso. L’incontro di oggi fra Putin e il leader nord-coreano dimostra che alla Russia non bastano più armi e munizioni, cercano per questo l’aiuto dei pochi Paesi che possono aiutarli Iran, Cina e appunto la Corea del Nord. Il vertice di oggi testimonia che sul piano politico si è formato un raggruppamento di Paesi intenzionati ad aiutare la Russia nella guerra per combattere soprattutto gli americani”.

Il modello proletario della società delle api

E’ uno degli scrittori che scrive in russo: da “Diario dell’invasione” ad “Api grigie”, edito da Keller ed in uscita in questi giorni in Italia, ma già pubblicato all’estero tanto che doveva esserne tratto un film, le cui riprese sono state però interrotte a causa dell’invasione russa. Libro vincitore del Prix Médicis Étranger 2022 e del National Book Critics Circle Award – miglior traduzione 2022 – il romanzo è un grande successo internazionale che pone Kurkov al fianco di grandi scrittori che hanno messo a nudo con ironia le insensatezze della guerra, ed è allo stesso tempo un romanzo poetico e attuale dove la natura e il rapporto dell’uomo con gli altri esseri viventi sono al centro della narrazione.

Ambientato nel Donbass, dove combattenti ucraini e separatisti filo-russi si scambiano quotidianamente colpi di arma da fuoco dal 2014, “Api grigie” non è un romanzo sulla guerra, richiama piuttosto classici come “Il buon soldato Sc’vèik”, che aiutano a comprendere meglio il mondo. Scritto nel 2017, il romanzo descrive la zona grigia che caratterizzava fino allo scoppio del conflitto il Donbass: a raccontarlo è un apicoltore, Sergej, che descrive il suo quotidiano nel momento del conflitto; per questo Api grigie non è un romanzo di guerra o politico in senso stretto , ma riflette sul lato umano e sulla nostalgia che ha sempre caratterizzato questa parte del mondo russofono.

Perché un apicoltore per raccontare la guerra in Ucraina? “In realtà – spiega lo scrittore – stavo cercando soprattutto di descrivere il carattere considerato un po’ come l’archetipo degli abitanti del Donbass: gran lavoratori, politicamente passivi, persone che non si lamentano mai e che fanno ciò che gli viene detto, ma che allo stesso tempo cercano l’armonia e il benessere. Per Sergej le api sono creature ideali perché gli ricordano proprio questa immagine mitizzata del proletario del Donbass. Le api producono miele senza sosta, ma il miele gli viene portato via. Eppure continuano a vivere e lavorare senza dire nulla, così come faceva la gente del Donbass ai tempi dell’Urss”.

Le mille conseguenze della guerra in Ucraina

Nel romanzo alla fine rimangono solo due persone Sergej e il suo nemico, che superano la loro contrapposizione perché uniti dalla guerra. E’ successa la stessa cosa in Ucraina? “La società ucraina – dice Kurkov – era fortemente individualista, ma dopo l’inizio della guerra tutto è cambiato e il nemico comune ha contribuito a far nascere un sentimento nazionale; laddove c’erano 400 partiti politici registrati ora esiste un’unica nazione. Ma la guerra ha anche cambiato il concetto di negatività: non è mutato il mio concetto di buono e cattivo ma adesso fatico a trovare qualcosa di buono nella Russia; eppure nel mio libro c’è una energia positiva a far bene al lettore e ad alimentare la speranza”.

La guerra trasforma anche i sogni: succede nel libro cui è dedicato grande attenzione allo spazio onirico: “quando si vive in una situazione di stress – continua lo scrittore – di notte si hanno incubi che attingono alle paure più profonde delle persone perché è la paura che entra nella fantasia. La guerra inibisce anche la creatività: “dopo la guerra – confessa lo scrittore – non sono più riuscito a scrivere romanzi: mi dedico solo ad articoli e a saggi. Ma è un momento difficile anche per l’intero panorama letterario ucraino perché per tutti è diventato impossibile affrontare altri argomenti se non ciò che stiamo vivendo e sarà cosi anche dopo la cessazione delle ostilità.”

Il russo, la lingua del nemico

“Io scrivo in russo – dice l’autore ucraino – i romanzi, mentre mi affido ad inglese ed ucraino per articoli e saggi e i miei romanzi perché siano venduti oggi devono essere tradotti”. Il russo era parlato largamente ad Odessa con accento ebraico ,a Mariupol era affiancato da rumeno , ruteno, tataro: l’Ucraina è sempre stata molto tollerante ed accogliente dal punto di vista linguistico ma non sarà più così . Dopo l’invasione anche chi è sempre stato russofono sta velocemente decidendo di cambiare lingua. Le librerie mettono i libri al macero e Kiev organizza corsi gratuiti, per cancellare ogni legame con il nemico Conseguenza della guerra, ma soprattutto della propaganda di Putin nata molto tempo prima: per lo zar laddove c è il russo c è la Russia.

“La Russia – conclude Kurkov – è tornata malauguratamente ad essere una sorta di monarchia e lo zar Putin è idealizzato da persone semplici: i cittadini russi credono che avere la stessa guida forte per 23 anni sia garanzia di stabilità, un valore per loro più importante della libertà. Ma si dimenticano che la guerra trasforma la vita di chi la subisce in un’esistenza che giorno per giorno ha un solo obiettivo: quello della sopravvivenza”.

 

Alessandra Pavan

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