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Come nasce la sceneggiatura di un fumetto

Lo abbiamo chiesto a Claudio Falco, sceneggiatore del riadattamento a fumetti del romanzo “I Bastardi di Pizzofalcone”

MILANO – “Le storie sono nell’aria e arrivano nelle maniere più impensate” diceva il “papà” di Tex Gianluigi Bonelli. Un insegnamento semplice ma che dice tutto, tramandato all’interno dell’omonima casa editrice e fatta propria da Claudio Falco, uno degli sceneggiatori della scuderia Bonelli, insieme a Paolo Terraciano protagonista del riadattamento del primo volume a fumetti de “I Bastardi di Pizzofalcone”, la celebre opera scritta da Maurizio De Giovanni nel 2013. Abbiamo intervistato Claudio Falco per scoprire il “dietro le quinte” dell’opera e, in generale, dell’attività di sceneggiatore.

Come nasce la sceneggiatura di questa versione a fumetti de “I Bastardi di Pizzofalcone”?
Abbiamo seguito il metodo di lavoro che Paolo e io (e Sergio Brancato, che non ha lavorato a questo volume, ma fa parte a pieno titolo della squadra) abbiamo messo a punto per gli adattamenti dei romanzi del commissario Ricciardi. Siamo partiti, ovviamente, da una rilettura approfondita, ognuno per suo conto, del romanzo. Il secondo passaggio è stato la stesura di una sorta di “scaletta” con l’indicazione degli eventi capitolo per capitolo, che ci è servita da traccia per l’elaborazione di un “trattamento” dettagliato che abbiamo discusso con il nostro curatore, Luca Crovi. Questo trattamento, salvo piccoli dettagli rivisti in corso d’opera, ha costituito l’intelaiatura sulla quale abbiamo costruito la sceneggiatura.

Quali sono le novità e quali invece le similitudini di questo adattamento rispetto al romanzo originale?
Come per i “Ricciardi”, lo sviluppo della storia segue, piuttosto fedelmente, il romanzo. Perché cambiare se il materiale di partenza funziona già a perfezione? A mio parere il grosso del lavoro, fondamentalmente, consiste nel fare in modo che i lettori di de Giovanni ritrovino (speriamo) le atmosfere tipiche dei suoi romanzi, ma che il prodotto finale porti impresso, in maniera inequivocabile il “marchio di fabbrica” Sergio Bonelli Editore.

Quali sono le differenze tra sceneggiare una storia partendo da zero ed il procedere invece alla sceneggiatura partendo da un’opera di riferimento?
Credo che siano meno di quante, a prima vista, si potrebbe pensare. Il fatto di avere già una trama di base, in fondo, è piuttosto ininfluente. Sceneggiare a partire da un romanzo (facente peraltro parte di una serie) richiede, credo, la stessa attenzione nel rispettare il “mondo” creato dal suo autore che si deve mettere quando si lavora all’elaborazione di un soggetto originale per una serie (nel mio caso, Dampyr) costruita secondo regole elaborate dai suoi ideatori. Il piacere, il divertimento, nello scrivere la sceneggiatura (almeno per me) è esattamente lo stesso.

Quali sono le principali fonti d’ispirazione oggi per uno sceneggiatore? La lettura di libri, classici e contemporanei, quale ruolo riveste in tal senso?
Se non sbaglio, proprio Gianluigi Bonelli, il “papà” di Tex, diceva che le storie sono nell’aria e arrivano nelle maniere più impensate. Ho trovato e trovo spesso idee per i miei soggetti da chiacchiere tra amici, da una conversazione intercettata in metropolitana, da ricordi e sensazioni di un viaggio e chi più ne ha, più ne metta. Poi ci sono le sollecitazioni e gli spunti che arrivano dal cinema e, più di recente, dalla serialità televisiva. Detto questo, la lettura, i romanzi (di qualunque epoca e di qualsiasi genere) rimangono fondamentali. Credo che non si possa neppure pensare di fare lo scrittore, se non si è prima (e soprattutto) un lettore.

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