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“Il fine giustifica i mezzi”, origine e significato del proverbio associato a Machiavelli

"Il fine giustifica i mezzi" è un celebre proverbio attribuito a Niccolò Machiavelli, personaggio di spicco del Rinascimento. Scopriamo la reale origine e il significato di questa espressione che ancora oggi fa discutere.

“Il fine giustifica i mezzi” è un celebre detto attribuito a Niccolò Machiavelli, ma che in realtà non è stata mai pronunciata dal lui.

La frase, erroneamente attribuita a Machiavelli, in realtà sintetizza il concetto “machiavellico” su cui si basa il suo libro più famoso, “Il Principe“, nel quale lo scrittore teorizzava il fatto che qualsiasi azione sarebbe giustificata, anche se in contrasto con le leggi della morale.

Il fine giustifica i mezzi

A chi appartiene il proverbio

La famosa frase “Il fine giustifica il mezzo” (o “i mezzi”) appartiene al critico letterario Francesco de Sanctis, con riferimento ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli espresso nel Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua “Storia della letteratura italiana”, dedicato a Machiavelli, recita:

“Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell’ombra le altre sue opere. L’autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l’opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina.”

Il fine giustifica i mezzi

La frase “il fine giustifica i mezzi”, parafrasando le parole di De Sanctis, sintetizza superficialmente il pensiero di Machiavelli, che certo non è stato il primo filosofo ad aver cercato di capire la politica in chiave razionale e scientifica. Il problema dell’organizzazione sociale ed in definitiva dell’amministrazione e del mantenimento del potere è stato affrontato in ogni epoca ed in ogni civiltà. Nel suo caso, Machiavelli voleva giustificare eventuali azioni scorrette del principe nel momento in cui potevano servire a salvaguardare l’ordine ed il potere dello Stato.

Questo perché il fine era nobile e per raggiungere un obiettivo puro dal punto di vista morale si poteva eventualmente accettare atteggiamenti immorali. Un esempio nella vita quotidiana del detto popolare potrebbe essere essere il mentire a fin di bene: anche se si è compiuto un gesto altruistico nei confronti dell’altra persona, resta il fatto che in automatico si sono messi in dubbio la sincerità di una persona e la fiducia verso l’altra.

Machiavelli e la politica

Nato il 3 maggio 1469 e scomparso il 21 giugno del 1527 a Firenze, lo scrittore, storico, statista e filosofo italiano Niccolò Machiavelli è indubbiamente uno dei più importanti personaggi della storia della letteratura. Come Leonardo da Vinci, Machiavelli è considerato un tipico esempio di uomo rinascimentale. 

Vissuto a cavallo fra Quattrocento e Cinquecento, Machiavelli è stato uno dei maggiori pensatori politici di tutti i tempi. A lui si deve l’intuizione di separare la politica dalla morale e dalla religione. Suo principio cardine fu che chi detiene il potere, nella forma di repubblica o di principato, deve ricorrere a tutti i mezzi per garantire il benessere e l’integrità dello Stato.

Concetto che è stato ridotto alla celebre massima: “Il fine giustifica i mezzi” (formula, come già chiarito, mai pronunciata da Machiavelli). La politica ha, dunque, un compito molto alto ma tutto terreno: dare agli uomini istituzioni atte a garantire loro un buon ordine civile. 

Chi è il Principe 

“Il fine giustifica i mezzi” è riconducibile a una fra le opere più importanti che Machiavelli ha lasciato alla modernità c’è sicuramente il saggio “Il principe“. Nell’opera, dedicata a Lorenzo de’ Medici, l’autore si pone il compito di analizzare come si possa fondare e mantenere uno Stato nuovo.

Il Principe è visto come un eroe politico, in grado di fondare e difendere uno Stato nuovo. Un esempio vincente, secondo Machiavelli, è rappresentato dal tiranno Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI.

Nel Principe la frase “Il fine giustifica i mezzi” è riferita espressamente ad azioni legate alla ragion di Stato. All’interno del capitolo XVIII de “Il principe”, Machiavelli spiega come esistano due diversi modi di governare: quello dell’uomo e quello della bestia. L’uomo usa il confronto di idee che ha come risultato le leggi; la bestia impiega la violenza. Quando però le leggi non bastano, il principe deve saper impiegare la violenza, cioè la parte bestiale.

“Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e’ mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno laudati; perché il vulgo ne va sempre preso con quello che pare, e con lo evento della cosa; e nel mondo non è se non vulgo, e li pochi non ci hanno luogo quando li assai hanno dove appoggiarsi.”

Secondo l’autore, il dovere del principe è dunque “vincere e mantenere lo stato”; e i mezzi saranno giudicati onesti e lodati da tutti, perché il “vulgo”, la maggioranza dei sudditi, ignara e passiva, sarà sempre colpita dalle apparenze e dal successo dell’azione. E quei pochi che non giudicano dalle apparenze non riusciranno a imporsi perché la maggioranza ha dalla propria parte l’autorità del principe.

Nel corso del tempo, questo detto popolare è stato generalizzato a qualunque fine, il più onesto ma anche il più immondo.

Cos’è il machiavellismo

L’influenza esercitata dal pensiero politico di Machiavelli è stata immensa e continua a vivere nel mondo contemporaneo. Considerato, da un lato, un repubblicano amico della libertà, dall’altro, un nemico giurato dei sani principi della moralità e della religione. Da questa seconda tendenza sono derivate  le correnti di critica del suo pensiero ridotto a machiavellismo, per cui “il fine giustifica i mezzi”.

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