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“Ode all’ape”, la straordinarietà della natura nella poesia di Pablo Neruda

"Moltitudine d’api!/ Elevazione sacra/ dell’unità,/ collegio palpitante!" Domani si celebra la Giornata delle api. Per l'occasione scopriamo insieme "Ode all'ape" di Pablo Neruda, uno splendido inno alla natura e alle qualità di questi importanti piccoli insetti.

Il 20 maggio ricorre la Giornata delle api, un’occasione per ringraziare questi piccoli insetti preziosi per il nostro ecosistema. Per l’occasione, scopriamo “Ode all’ape” di Pablo Neruda, uno splendido inno alla natura e alle qualità delle api.

“Ode all’ape” di Pablo Neruda

Moltitudine di api!
Entra ed esce
dal carminio, dall’azzurro,
dal giallo,
dalla più tenera
morbidezza del mondo:

entra in
una corolla
precipitosamente,
per affari,
esce
con un vestito d’oro
e gli stivali
gialli.

Perfetta
dalla cintura,
con l’addome rigato
da sbarre scure,
la testolina
sempre
pensierosa
e le
ali
bagnate:

entra
in tutte le finestre odorose,
apre
le porte della seta,
penetra nei talami
dell’amore più fragrante,

inciampa
in
una
goccia
di rugiada
come in un diamante

e da tutte le case
che visita
estrae
il miele
misterioso,
ricco e pesante
miele, spesso aroma,
liquida luce che cade a goccioloni,
finché al suo
palazzo
collettivo
ritorna
e nelle gotiche merlature
deposita
il prodotto
del fiore e del volo,
il sole nuziale serafico e segreto!

Moltitudine d’api!
Elevazione sacra
dell’unità,
collegio
palpitante!

Ronzano
sonori
numeri
che lavorano
il nettare,
passano
veloci
gocce
d’ambrosia:

è la siesta
dell’estate nelle verdi
solitudini
di Osorno. Sopra
il sole inchioda le sue lance
nella neve,
risplendono i vulcani,

ampia
come
i mari
è la terra,
azzurro è lo spazio,
ma
c’è qualcosa
che rema, è
il bruciante
cuore dell’estate,

il cuore di miele
moltiplicato,
la rumorosa
ape,
il crepitante
favo
di volo e oro!

Api,
lavoratrici pure,
ogivali
operaie,
fine, scintillanti
proletarie,
perfette,
temerarie milizie
che nel combattimento attaccano
con pungiglione suicida,

ronzate,
ronzate sopra
i doni della terra,
famiglia d’oro,
moltitudine del vento,
scuotete l’incendio
dei fiori,
la sete degli stami,
l’acuto
filo
di odore
che raccoglie i giorni,

e propagate
il miele
oltrepassando
i continenti umidi, le isole
più remote del cielo
dell’ovest.

Sì:
la cera innalzi
statue verdi,
il miele
sparga
lingue
infinite,
e l’oceano sia
un alveare,
la terra
torre e tunica
di fiori,

e il mondo
una cascata,
chioma,
crescita
inesauribile
di favi!

Pablo Neruda

Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, meglio noto con lo pseudonimo Pablo Neruda, nasce in Cile nel 1904 da un’umile famiglia, che cerca di garantirgli una vita serena e felice nonostante le difficoltà economiche.  Pablo va a scuola e si iscrive persino all’università ma, alla fine, non riesce a portare a termine gli studi, così decide di arruolarsi nel corpo diplomatico cileno.

Così, il giovane viaggia molto, poiché presta servizio in diversi paesi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Appassionato di lettere e scrittura, Pablo in Spagna fa la conoscenza di García Lorca e di Alberti, che diventano quasi una fonte di ispirazione per l’uomo, che si avvicina alla poesia modernista.

Allo scoppio della guerra civile, Neruda prende una netta posizione contro Franco, e si colloca sempre di più fra quegli intellettuali impegnati che guardano con favore al socialismo. Perciò, rientrato in Cile, aderisce al Partito Comunista Cileno e si impegna politicamente. Sono questi gli anni in cui Neruda, infatti, viene eletto senatore. Quando la situazione politica cambia in Cile, e gli esponenti del Partito Comunista vengono esiliati, Pablo Neruda è costretto a lasciare nuovamente il suo paese per poi rientrarvi, grazie ad un’amnistia, nel 1952.

Nel frattempo, la sua produzione poetica diventa sempre più amata e celebrata, tanto che nel 1971 viene insignito del Nobel per la Letteratura. Pablo Neruda, che viene riabilitato politicamente con l’elezione del presidente Allende, muore in Cile nel 1973.

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