Sei qui: Home » Libri » Veronica Raimo, “Le donne devono affrontare i loro problemi conservando l’inquietudine”

Veronica Raimo, “Le donne devono affrontare i loro problemi conservando l’inquietudine”

La scrittrice è una delle voci femminili protagoniste di "inQuiete", il festival dedicato alla scrittura al femminile che si tiene a Roma fino al 24 settembre

MILANO – “Ciò che aumenta non è la violenza di genere, ma un discorso pubblico sull’argomento.” Parola della scrittrice Veronica Raimo, una delle voci femminili protagoniste di “inQuiete“, il festival dedicato alla scrittura al femminile che si tiene a Roma fino al 24 settembre fra due officine culturali che innervano il quartiere romano del Pigneto: la libreria delle donne Tuba e la Biblioteca Goffredo Mameli. Abbiamo chiesto all’autrice di parlare delal condizione femminile oggi, analizzando quali sono stati i passi in avanti in merito al dibattito sul femminicidio e quanto ci sia ancora di retorico legato a questo delicato tema.

 

Come scrittrice, qual è secondo te la considerazione della donna oggi dal punto di vista letterario?

Ci sono stati talmente tanti libri fondamentali scritti da donne negli ultimi anni che mi sembra stia cambiando la prospettiva ridicola per cui gli uomini tendevano – e pure con un certo orgoglio – a non leggere libri di scrittrici. Ci sono sempre più donne presenti nel dibattito culturale sia come intellettuali che come autrici di opere che entrano a far parte di quel dibattito. Sarebbe assurdo e anacronistico il contrario.

 

Quali sono le scrittrici classiche che ti hanno lasciato un segno come lettrice, ma anche come scrittrice?

Mi è difficile rispondere a questa domanda e infatti temo che sarò elusiva, ma le scrittrici che avrei citato dieci anni fa sono completamente diverse da quelle che citerei oggi, come sono diverse da quelle che avrei citato vent’anni fa. Senza dover ricorrere a piani decennali, la stessa cosa vale a intervalli di mesi. Riconoscere “i segni” spesso significa allontanarsene, per me è molto più significativa questa distanza che il momento di riconoscimento o peggio ancora di emulazione.


Oggi purtroppo il tema del femminicidio e della violenza sulle donne è sempre più d’attualità. Quanto è importante “dar voce” a queste storie, spesso sommesse ma che poi sfociano in violenza o morte quando ormai è troppo tardi?

Non direi “purtroppo”, direi “per fortuna”, nel senso che oggi si sta affrontando in maniera più aperta e complessa, anche contraddittoria, qualcosa che prima era considerato una specie di fenomeno naturale. Ciò che aumenta non è la violenza di genere, ma un discorso pubblico sull’argomento. Rispetto al “dar voce” a queste storie, direi che non si può prescindere dalla modalità. Esistono retoriche estremamente pericolose in cui la donna continua a essere relegata a un ruolo vittimario. Allo stesso tempo in un processo di autoconsapevolezza maschile, non mi convince per niente questa specie di assunzione di responsabilità per cui ogni uomo sarebbe un potenziale stupratore, anzi la trovo deleteria.

 

In tal senso, quanto può essere d’aiuto la letteratura?

Per me alla letteratura non va chiesto di occuparsi di “tematiche”. Un approccio del genere ha già devastato metà del cinema italiano, spero che la letteratura ne resti immune il più possibile.

 

Cosa ti senti di dire alle donne “inquiete” che hanno paura di “dar voce” ai propri problemi?

Di affrontare i propri problemi e conservare l’inquietudine. Cioè più che altro è quello che dico a me stessa.

© Riproduzione Riservata