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I tormenti di Frida Kahlo e Macondo nelle fotografie di Leo Matiz

La mostra rappresenta un percorso che porta dall’intimità della Casa Azul di Frida in Messico ai personaggi e ai luoghi di Cent’anni di solitudine

MILANO – Un ritratto inedito della pittrice messicana Frida Kahlo nei primi anni quaranta nella casa Azul di Coyocan, a Città del Messico, che restituisce un’atmosfera d’ambiente, di natura e di cultura che fu di quella casa. E’ in programma fino al 10 giugno presso la Pinacoteca Albertina dell’Accademia di belle arti di Torino la mostra “Frida Kahlo e Macondo nelle fotografie di Leo Matiz“. La mostra rappresenta un percorso che porta dall’intimità della Casa Azul di Frida in Messico ai personaggi e ai luoghi di Cent’anni di solitudine.  Storie, intrecci, incontri che possiedono la concretezza della realtà e il prodigio della magia.

La mostra

A cura di Armida Massarelli e con la collaborazione di Alejandra Matiz, la mostra raccoglie due momenti della grande attività del fotografo colombiano Leo Matiz (1917-1998).  Dalla regione di Aracataca in Colombia, dove il fotografo nacque, (luogo poi traslato da Gabriel Garcia Marquez con il nome di Macondo), provengono altre 70 immagini, in un intreccio mirabile di paesaggi di luce, di gente al lavoro, di venditori, di volti unici, che si sintetizzano nell’immagine del pescatore che lancia la rete, capolavoro assoluto di Leo Matiz e manifesto poetico di tutta la sua arte fotografica.

L’arte per Frida

Quando Frida e Diego si incontrano è il 1922. Rivera, pittore già noto in Messico, stava dipingendo un importante murale nell’anfiteatro della Scuola preparatoria che Frida frequentava all’epoca. Ancora lontana dall’incidente che le avrebbe cambiato per sempre la vita, Frida era una ragazza fiera, decisa e emancipata. A quel tempo l’arte rappresenta per lei solo un divertissment, un gioco che la impegna nei ritagli di tempo dallo studio. Le cose cambiano però il 17 settembre 1925: mentre sta rientrando a casa da scuola, l’autobus su cui viaggia insieme al fidanzato Alejandro, viene travolto da un tram. La spina dorsale le si frattura in diversi punti così come la gamba sinistra e le costole, e il suo corpo viene lacerato da un’asta metallica che le lascerà delle ferite indelebili, sia esteriori che interiori. “Non sono morta e, per di più, ho qualcosa per cui vivere; questo qualcosa è la pittura”. Queste le parole che Frida pronuncia alla madre non appena la incontra dopo l’incidente. Da questo momento l’arte diventa per lei valvola di sfogo e occupazione privilegiata. Grazie a uno specchio appeso sul letto a baldacchino e un apposito dispositivo su cui appendere una tavola di legno per dipingere, la sua immagine, diventa il soggetto preferito dei suoi ritratti – “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio” -.

L’amore con Diego

Dopo tre anni, la sua vita torna quasi alla normalità, e nel 1928 incontra nuovamente Rivera. L’amore scoppia, passionale e travolgente, la loro arte si contamina ed evolve. Nell’agosto dello stesso anno si sposano, e dopo qualche tempo si trasferiscono negli Stati Uniti, dove consolidano la loro fama ma anche l’avversione di una parte dell’opinione pubblica che definisce i murali che Rivera realizza per il Detroit Institute of Art “uno spietato inganno ordito ai danni degli stessi capitalisti che li hanno commissionati”. Tornati in Messico, Frida diventa sempre più prolifica e conosciuta, tanto che Breton, il padre del surrealismo, le propone una mostra a Parigi. Siamo ormai nel 1941: per Frida è un anno di cambiamento. Nonostante la dolorosa perdita del padre, raggiunge un’indipendenza sentimentale ed economica che le permettono di “maturare una piena fiducia in se stessa” e di diventare un’artista a tuttotondo che rischia di mettere in ombra, con la sua arte e la sua storia, il genio Rivera.

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Ritratto intimo

Le immagini di Leo Matiz – fotoreporter colombiano nato nella magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez -, raccontano di questa consapevolezza, ma raccontano anche la storia di un Messico assolato e lontano, fatto di rivoluzione e guerra, e al contempo di gioia e speranza, del quale Diego ne dipinge la “bellezza umile” e Frida “l’equivalente interiore”. Le foto in mostra, si soffermano soprattutto sull’immagine di Frida, immortalata nel suo quartiere natale di Coyoacan a Città del Messico, della quale Matiz ce ne restituisce un ritratto intimo ripreso da un punto di vista privilegiato, ossia quello dell’amicizia che per anni li ha legati. In mostra saranno presenti anche gli schizzi preparatori di Vanna Vinci, lavori di studio per la biografia a fumetti dedicata a Frida Kahlo che 24 ORE Cultura pubblicherà nell’autunno 2016. Oltre ai disegni preparatori del progetto, saranno esposte anche 4 grafiche realizzate ad hoc dall’artista e delle quali sono state realizzate delle tirature limitate.

 

 

 

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