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“Notti selvagge” (1861) di Emily Dickinson, poesia sul desiderio di vivere l’amore in libertà

Scopri l'immensa bellezza di "Notti selvagge" poesia di Emily Dickinson sul desiderio di amare senza vergogna e impacci come in Paradiso.

Notti selvagge è una poesia di Emily Dickinson sul desiderio di poter condividere un grande momento di passione con la persona che si ama. La poesia riflette tale mancanza e trasmette la speranza dell’autrice di poter vivere in modo con l’uomo dei sogni un momento “selvaggio”, “sfrenato” di vero amore. 

Quest’uomo non c’è e quindi l’autrice nel comporre la poesia si immagina come un marinaio in un mare in tempesta, alla ricerca del porto del suo amore. 

L’amante nella poesia potrebbe riferirsi al desiderio dell’autrice di essere più vicina a Dio, o semplicemente al desiderio di essere in intimità con un’altra persona.

La poesia fu scritta da Emily Dickinson nel 1861. Fu pubblicata per la prima volta, ed è collocata nel Book II – Love (Libro II – Amore) della raccolta postuma Poems, Second Series (Poesie, Seconda serie) il 9 novembre del 1891.

L’opera fu voluta da due amici della poetessa americana Thomas Wentworth Higginson e Mabel Loomis Todd e coinvolsero gli editori Roberts Brother di Boston, che sposarono il progetto. 

Thomas Wentworth Higginson, riteneva che la poesia fosse troppo erotica per una donna che considerava pura e inizialmente era riluttante a pubblicarla, “per timore che i maligni vi leggessero più di quanto quella vergine reclusa si fosse mai sognata di metterci”. Tuttavia, non si tirò indietro 

Leggiamo questa stupenda poesia per viverne le emozioni.

Notti selvagge di Emily Dickinson

Notti selvagge – Notti selvagge!
Se fossi con te
Notti selvagge sarebbero
Il nostro paradiso!

Inutili – i venti –
A un cuore in porto –
Non serve la Bussola…
Non serve la Carta!

Remare nell’Eden –
Ah – il mare!
Potrei solo approdare – stanotte –
in te!

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Wild nights – Wild nights!, Emily Dickinson

 
Wild nights – Wild nights!
Were I with thee
Wild nights should be
Our luxury!
 
Futile – the winds –
To a Heart in port –
Done with the Compass –
Done with the Chart!
 
Rowing in Eden –
Ah – the Sea!
Might I but moor – tonight –
In thee!
 

La spiegazione di Notti Selvagge. Quando la passione diventa armonia e pace

 
Notti selvagge di Emily Dickinson è il grido di una donna che reclama passione, il desiderio intimo di poter condividere lo stare insieme con il proprio amante. Il “dolce paradiso” è un bisogno istintivo che ogni essere umano ha diritto di reclamare, senza dover provare nessuna inibizione riguardo a tale desiderio. 
 
Secondo alcuni interpreti della poesia, le notti selvagge potrebbero fare riferimento al desiderio dell’autrice di vivere la propria fede e di “approdare” nel proprio legame con Dio. Ma, considerata il “timore” nella pubblicazione della poesia di Thomas Wentworth Higginson, si è più propensi a pensare che le passioni dell’autrice potrebbero essere più terrene e materiali.
 
Questa interpretazione non inficia in nessun modo il grande valore di questo capolavoro di Emily Dickinson. La passione seppur fisica e il desiderio dell’uomo desiderato, possono essere ugualmente considerate spirituali.
 
L’amore ha bisogno di contatto e della dovuta passione. E l’amore è per definizione il senso più alto della spiritualità.
 
Una notte di tempesta e di passione
 

Emily Dickinson inizia esclamando ben due volte “notti selvagge”. Questa immagine potrebbe suggerire allo stesso modo notti di tempesta letterali e notti di passione. Se solo fosse con “lui”, questo sconosciuto, la notte vissuta dall’autrice diventerebbe il paradiso. 

I venti selvaggi, prosegue ls poetessa americana, non possono avere effetto su un cuore che è al sicuro nel porto. La metafora è quella del marinaio o di una barca, e il suo amato è come un porto sicuro. Quando il cuore si trova in un porto del genere, non ha più bisogno degli strumenti di navigazione: ha trovato il luogo in cui “approdare” e “attraccare”.

Per l’autrice passa il mare diventa quindi non più un luogo pericoloso e tempestoso, ma il Paradiso stesso.

Esclama su questo mare immaginato, con un “Ah!” che potrebbe esprimere piacere, dolore o entrambi. La poesia ritorna alla fine all’immagine dell’amato come un porto, nel quale l’autrice vorrebbe potersi legare proprio quella notte.

Una breva poesia sul desiderio

Notti selvagge è una breve, ma intensa esplosione di desiderio. L’immagine che emerge dalla lettura esprime una forte allusione sessuale. Ma, ciò che dona magia a questo poema è il presentare l’amore passionale come qualcosa che è allo stesso tempo selvaggio e confortante, pericoloso e sicuro.

L’esclamazione “Notti selvagge – Notti selvagge!” del primo verso rende l’idea dello stato d’animo dell’autrice. È come se guardasse verso una tempesta. Ma, la tempesta di quella notte non fa nessuna paura. Ånzi, renderebbe possibile trasformare quel “delirio” nel “Paradiso” se il suo amato fosse con lei.

A parte la tempesta letterale in cui l’autrice guarda e che desidera condividere con il suo amato, quelle “notti selvagge” e il loro “Paradiso” suggeriscono una sessualità appassionata. In altre parole, Emily Dickinson sta insinuando che, se solo il suo amato fosse nei paraggi, sarebbe pura magia.

L’autrice continua a costruire un’immagine contrastante del cuore soddisfatto e appassionato come una barca in porto, al di là della portata delle tempesta. L’immagine che dà di sé come di una barca che riposa in un porto crea un senso di calma e selvaggia allo stesso tempo.

Mentre “i venti” soffierebbero ancora se lei fosse al sicuro nel porto con il suo amore, quei venti sarebbero “futili”, “inutili”, incapaci di creare qualsiasi disturbo alla loro armonia. La sicurezza di un amore soddisfatto creerebbe un luogo di sicurezza e di riposo all’interno del suo desiderio selvaggio.

Il mare del desiderio è immenso rispetto all’autrice che lo vive. Ma anche la sua “posizione” in mezzo alle onde. La “bussola” e la “carta” danno il senso di voler a tutti i costi placare la forza delle onde determinata dalla tempesta, e di voler dire fine alla mancanza.

L’amato è quindi come il porto, un luogo di sicurezza e di pace. Stare con il suo amore, ancora una volta, offre un senso di selvaggia tranquillità.

Nell’ultima strofa, l’uso di parole che attingono dalla religione completa l’immagine della passione come qualcosa che è contemporaneamente tempestosa e calma.

Dalle notti selvagge delle strofe precedenti, l’oratore passa a un’immagine del tutto diversa: “remare nell’Eden”. L’Eden, il paradiso terrestre della Bibbia, è un’immagine di perfezione e riporta a quella sessualità priva di inibizioni.

Prima che Adamo ed Eva mangiassero il frutto proibito e venissero cacciati dall’Eden, sono nudi e senza vergogna. Remare nell’Eden”, quindi, significa trovarsi in un mare di armonia assoluta, dove tutto diventa bellezza e naturalezza.

L’esclamazione “Ah! – il mare!”, nella sua energia e nella sua ambiguità, riunisce tutte le visioni della passione. Quell'”Ah!” potrebbe essere un grido di sollievo, di paura, di piacere o di dolore – e tutte queste possibilità sono presenti contemporaneamente.

Infine, la poesia chiude con “in te”, che volendo rende più evidente l’immagine sessuale. L’autrice è completamente presa dall’immaginazione della consumazione sessuale che desidera con il suo amato.

C’è un grande piacere nel desiderare

Nella poesia di Emily Dickinson il tanto desiderato amante non c’è, non appare nella poesia. Questo fa emergere che il piacere espresso dalla sua autrice emerge attraverso il desiderio.

È la centralità del desiderio di qualcosa che manca a rendere il poema appassionante ed eccitante.

Già dalla prima strofa della poesia, abbiamo visto, la tensione tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere accende l’attenzione del lettore. Tutta l’energia poetica della poesia ruota attorno all’assenza dell’amato. Ed è questa mancanza a far percepire le pulsioni intime dell’autrice.

Ma tutta questa passione avrebbe bisogno di trovare un porto sicuro, ovvero tra le braccia dell’amante. Ma questi non c’è, quindi anche i versi che mostrano sicurezza e conforto, in realtà finiscono per esaltare ancor più che la scrittrice continua a vivere la tempesta dei desideri.

Ma questa tempesta non affligge in nessun modo la poetessa americana. Anzi, è proprio ha tirare fuori la voglia di “notti selvagge”, “remare dentro l’Eden” senza nessuna vergogna e vivere le proprie pulsioni senza nessuna vergogna. 

Il vero piacere diventa in realtà i desiderio stesso. L’immaginazione dà vita alla propria “liberazione” molto più che se quell’amato fosse realmente presente.

L’interpretazione religiosa della poesia

La natura dell’amore espresso in questa poesia è complessa e, per certi versi, irrisolta. Il “te” a cui si rivolge l’oratore potrebbe essere tanto Dio quanto un amante umano. E se il l’amato di Emily Dickinson fosse Dio, allora la poesia implica l’estasi e il conforto simultanei della fede.

In questa lettura, il desiderio di fede dell’autrice e di avere un contatto con il suo Dio è appassionato e fisico. Dio appare come una porto sicuro che mette al riparo da qualsiasi tempesta. Ma, ciò che colpisce se fosse questa l’ispirazione dell’autrice il conforto dell’abbraccio di Dio è anche, come la passione sessuale, selvaggio ed estatico.

La chiara distinzione tra la protagonista della poesia come una barca e Dio come un porto suggerisce che la scrittrice cerca, mentre Dio accoglie e ripara.

L’immagine di Dio come “porto” contribuisce a creare un senso di ritorno a casa. Il porto è il luogo sicuro e confortevole in cui l’oratore può essere definitivamente al sicuro. Tuttavia, in questa immagine i venti continuano a sferzare l’esterno. Il “porto” di Dio non significa solo calma eterna, ma anche passione eterna.

Il desiderio dell’oratore di disfarsi della “bussola” e della “carta” della seconda strofa suggerisce il desiderio di smettere di cercare, di riposare  e anche di superare i modi umani intellettuali di navigare nel mondo.

In questa immagine, la sicurezza di Dio potrebbe essere immaginata come qualcosa che va più in profondità di qualsiasi tipo di comprensione umana.

Nell’ultima strofa, “Remare nell’Eden” ha evidenti connotazioni religiose, fornendo una visione di ricongiungimento con le gioie del paradiso. L’Eden, come riporta la Bibbia, è la casa originaria dell’umanità, un luogo di beatitudine senza vergogna.

Come nella lettura più terrena della poesia, anche qui c’è la sensazione che i piaceri del desiderio facciano tutti parte dell’esperienza dell’amore: il desiderio, per Dio come per un amante, è esso stesso un piacere.

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