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“La vita”, la poesia di Tagore sulla danza come metafora dell’esistenza

In occasione della Giornata internazionale della danza, scopriamo una splendida poesia/preghiera di Tagore in cui la danza diventa metafora dell'armonia fra essere umano e natura.

Ne “La vita”, LXIX componimento della raccolta “Canti di offerta” di Rabindranath Tagore, la danza diventa metafora dell’armonia fra essere umano e natura.

Una poesia meravigliosa, che vi proponiamo in occasione della Giornata internazionale della danza, che ricorre ogni anno il 29 aprile.

La vita, poesia di Rabindranath Tagore

La stessa corrente di vita
che scorre nelle mie vene,
notte e giorno scorre per il mondo
e danza in ritmica misura.

E’ la stessa vita che germoglia
gioiosa attraverso la polvere
negli infiniti fili dell’erba
e prorompe in onde tumultuose
di foglie e di fiori.

E’ la stessa Vita
che viene cullata
nella Culla Oceanica
di nascita e morte,
nel flusso e riflusso delle Maree.

Sento le mie membra
diventare leggere al tocco
di questo Mondo pieno di Vita.

E la mia Gioia
viene dall’Eternità
che Danza nel mio sangue
in questo istante!

Una poesia per celebrare la danza

In questa poesia, Tagore celebra il movimento e il ritmo unico dell’arte del ballo come metafora del divenire dell’esistenza, del continuo cambiamento che caratterizza e accomuna gli esseri umani e gli elementi della natura, che abitano la Terra in perfetta armonia. Una danza naturale, proprio come quella del sangue che ci scorre nelle vene, e come quella della natura, che ciclicamente si ripete con il fiorire delle piante o con i fili d’erba che mossi dal vento sembrano danzare a ritmo.

La vita che danza è anche quella delle maree, il cui “flusso e riflusso” ricrea un movimento anch’esso ritmico. Tutto in natura secondo Tagore è ricco di vita grazie al movimento ciclico e che si ripete nel tempo, e che ricorda quello del ballo; un movimento che “viene dall’eternità” e che genera un sentimento di gioia nell’autore, il quale avverte una sorta di danza anche nel sangue che gli scorre nelle vene, simbolo del fatto che tutto ciò che è vita si muove a tempo di danza.

“Canti di offerta”, la raccolta

Composte tra il 1907 e il 1910, queste poesie (tratte in gran parte dalla raccolta originale “Ghitàngioli”, che valse, tra l’altro, a Tagore il Premio Nobel nel 1913) formano una vera e propria “raccolta di preghiere”. Pervase da un misticismo di rara intensità e da una religiosità che sembra trascendere induismo e cristianesimo, rappresentano una toccante celebrazione del dono della vita, della sua ricchezza e del suo mistero.

Con i “Canti di offerta”, Tagore dà vita a poesie che sanno di preghiera, di canti antichi che raccontano la gratitudine e l’armonia che lega l’uomo e la natura. Il LXIX canto sfrutta la metafora della danza, che si diffonde come un’onda dalla natura al cuore dell’io lirico. La danza è quindi metafora del flusso della vita che, se vissuta con consapevolezza, compassione e gratitudine, diventa armoniosa come musica.

Rabindranath Tagore

Rabíndranáth Thákhur, in Occidente meglio noto con il nome anglicizzato Rabindranath Tagore, nasce a Calcutta il 7 maggio 1861 da una nobile famiglia bengalese. Ultimo di quattordici fratelli, Rabindranath non segue degli studi regolari, viene bensì educato dal padre, che si occupa a trecentosessanta gradi del figlio, con cui condivide anche esperienze di viaggio.

Nel 1874, la famiglia vive un momento tragico: la madre di Rabindranath muore, e il giovane va a vivere con il fratello Dwijendranath, che è poeta, musicista e filosofo, e con la cognata. Già in questo periodo, Rabindranath comincia a scrivere e comporre poesie – a questi anni risale anche “Il lamento della natura” –, che subito vengono pubblicate in diverse riviste.

Nel 1878 compie il suo primo viaggio in Inghilterra e vi rimane 17 mesi. Henry Morley diviene il suo insegnante di letteratura e musica. Al ritorno in patria, Tagore compone il dramma musicale “Il genio di Valmiki” e “I canti della sera”.

Nel 1883 sposa Mrinalini Devi, che ha solo dieci anni e da cui Rabindranath Tagore avrà cinque figli. I due vanno a vivere a Ghazipur. Risale al 1890 un secondo viaggio in Europa, durante cui il poeta visita L’Inghilterra, l’Italia e la Francia. Al ritorno, compone numerose opere, fra drammi, raccolte poetiche e diari di viaggio.

Dal 1902, comincia per il poeta un grande dramma: muore la moglie. Poco dopo, muoiono anche la figlia e il figlio minore. Tagore è devastato dal dolore del lutto, che si riflette nelle poesie scritte in questo periodo.

Nel 1913, dopo un terzo viaggio in Europa e moltissime poesie pubblicate, Rabindranath Tagore viene insignito del Nobel per la Letteratura.

L’uomo, che nell’ultimo periodo della sua vita si dedica alle arti figurative creando più di 2000 disegni e dipinti, muore il 7 agosto 1941.

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