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“I gatti lo sapranno”, una malinconica poesia di Cesare Pavese da leggere mentre fuori piove

Mentre fuori piove, esploriamo "I gatti lo sapranno", malinconici versi di uno degli autori più emozionanti dell'età contemporanea: Cesare Pavese.

I gatti lo sapranno” è uno degli ultimi componimenti che ci ha donato Cesare Pavese prima di decidere di abbandonarsi alla morte. Una poesia che vive di contrasti, di immagini emozionanti e misteriose che, veicolate dall’elemento della pioggia, ci trasportano nell’universo di uno scrittore di rara profondità.

“I gatti lo sapranno” di Cesare Pavese

“Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.
Risponderai parole –
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.

Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera”.

Dove leggere la poesia “I gatti lo sapranno”

“I gatti lo sapranno” fa parte delle preziose poesie rinvenute sulla scrivania dove Pavese lavorava. All’indomani della sua morte, questi versi ritrovati dovevano sembrare un piccolo miracolo, un testamento donato al mondo dall’autore.

Le dieci poesie in questione sono state racchiuse nella meravigliosa raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, pubblicata nel 1951 e molto diversa dalle altre opere dello scrittore.

Questa raccolta, infatti, non ha come perno il racconto poetico e l’oggettivazione narrativa. Intima, personale e commovente, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi ha il sapore di un poetare che fa del lirismo e della profondità le sue cifre distintive.

La disperazione diventa bellezza

Come una ninnananna, in cui le parole si ripetono e le immagini si rincorrono, “I gatti lo sapranno” ci conduce in un mondo parallelo, in cui la malinconia diventa armonica, quasi dolce, e l’assenza della persona amata si trasforma in un canto naturale.

I gatti e la pioggia, detentori dei misteri del mondo, fanno da sfondo onnisciente agli avvenimenti e ai sentimenti che abitano la poesia di Cesare Pavese, dedicata a una donna tanto amata quanto desiderata, perché oramai assente nella vita dell’io lirico.

“I gatti lo sapranno” è tante cose: l’amore evanescente e non sopito che balugina nel cuore di un innamorato lontano, la tristezza che satura l’animo all’idea di una vita che va avanti senza di noi, la malinconia di chi ha nostalgia di un passato irripetibile, il desiderio irrealizzabile di un ultimo contatto, la consapevolezza di cosa si è perso e di cosa ancora ci perderemo di una persona che ci ha accompagnati e segnati, nel bene e nel male.

“I gatti lo sapranno” è la disperazione di un’assenza, l’urlo che si trasforma in bellezza stupefacente, velata di delicati e struggenti contrasti.

Cesare Pavese

Cesare Pavese, nato a Santo Stefano Belbo il 9 settembre 1908 e scomparso il 27 agosto 1950 a Torino, è fuor di dubbio uno degli autori più importanti della letteratura italiana, uno scrittore e poeta che merita di essere scoperto e apprezzato anche dai lettori contemporanei. Considerato uno degli interpreti più significativi del Novecento, Cesare Pavese ha raccontato nei suoi romanzi e nelle sue poesie, molte delle quali pubblicate postume, la realtà popolare e contadina, ma con uno sguardo sempre rivolto altre letterature europee. Fu tra i primi a interessarsi alla letteratura statunitense, di cui fu anche traduttore.

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