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“Gentilezza”, la toccante poesia di Sylvia Plath per imparare ad amarci di più

“Gentilezza” è una delle ultime poesie di Sylvia Plath, composta nel 1963 e contenuta nella raccolta “Ariel”

Domani, 13 novembre, si celebra la “Giornata mondiale della gentilezza”. Per l’occasione abbiamo pensato di proporvi la poesiaGentilezza” di Sylvia Plath, scritta il 1° febbraio del 1963 poco prima di togliersi la vita e contenuta nella raccolta “Ariel”.

“Gentilezza” di Sylvia Plath

Gentilezza s’insinua nella mia casa,
signora Gentilezza, è così premurosa!
Le pietre azzurre e rosse dei suoi anelli mandano vapori
alle finestre, gli specchi
si saturano di sorrisi.
Cosa più è vero del pianto di un bambino?
Il grido del coniglio sarà forse più spaventato ma è senza anima.
Lo zucchero cura ogni cosa, così dice Gentilezza.
Zucchero è un fluido necessario
i suoi cristalli una sorta di cataplasma.

O Gentilezza, Gentilezza
Che lievemente raccogli i pezzi!
Le mie sete giapponesi, farfalle disperate
possono essere infilzate quando vuoi, anestetizzate.
Ed ecco arrivi con una tazza di thè
tra spire di vapore.
Lo zampillo di sangue è poesia
non c’è modo di arrestarlo.
E mi porgi due figli, due rose.

Una toccante poesia personifica la gentilezza

Sylvia Plath ci presenta la gentilezza personificata, come una donna con una grande forza benigna, ma purtroppo limitata. Infatti, la poesia scritta da Sylvia Plath è specchio della visione che l’autrice ha del mondo, particolarmente pessimistica a causa delle sofferenze patite. Il mondo è rappresentato in modo cupo perché spesso la gentilezza è poca, quindi inefficace nel suo lavoro salvifico.

Da questa poesia di Sylvia Plath dovremmo prendere spunto per concepire e valorizzare la gentilezza nelle nostre vite. Tutti dovremmo imparare ad essere più gentili con tutti, partendo da noi stessi. Perché, sebbene non ci riflettiamo mai con la dovuta fermezza, è soltanto quando siamo gentili con noi stessi che riusciamo ad esserlo anche con il nostro prossimo.

Essere gentili significa rispettare l’altro in quanto non ne conosciamo la storia e i dolori. Non dobbiamo sempre essere in grado di accogliere e risolvere i problemi altrui, ma abbiamo il dovere di rispettarli e fare in modo di regalare un sorriso a chi incontriamo.

Sylvia Plath

Sylvia Plath nasce a Boston il 27 ottobre del 1932. Dimostra passione e talento precoci per la scrittura, pubblicando la sua prima poesia all’età di otto anni. Nello stesso periodo, il padre subisce l’amputazione di una gamba e muore, in seguito alle complicazioni di un diabete mellito diagnosticato troppo tardi, il 5 ottobre 1940.

La perdita del padre lascia un segno indelebile nella vita della poetessa. Sylvia Plath soffre durante tutta la sua vita adulta di una grave forma di depressione che si alterna a periodi di intensa vitalità. Le sue poesie sono intrise, infatti, di elementi cupi e destabilizzanti frammisti a momenti di sincera meraviglia e forte dinamismo.

Il 26 Agosto del 1953 Sylvia Plath tenta per la prima volta il suicidio. A Cambridge, conosce il poeta inglese Ted Hughes, che sposa nel 1956. Dall’unione dei due autori nascono due figli, ma la separazione è dietro l’angolo: Sylvia e Ted divorziano infatti pochi anni dopo le nozze, nel 1962.

Dalle testimonianze rinvenute, sembra che Hughes avesse una relazione extraconiugale con la moglie di un suo amico e che, inoltre, avesse assunto diverse volte un comportamento molto violento nei confronti di Plath.

Sylvia Plath muore poco dopo il divorzio con il marito. Si suicida l’11 febbraio del 1963: dopo aver preparato la colazione per i figli, si chiude in cucina e mette la testa nel forno a gas.

Alcuni studiosi sostengono che la poetessa non avesse veramente intenzione di togliersi la vita, ma di attirare l’attenzione per chiedere un aiuto disperato.

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