In Parla, mia paura (2017), Simona Vinci affronta la storia della propria depressione, offrendo a sé stessa e ai propri lettori parole in grado di raccontare la gabbia nella quale era rinchiusa, forse unico modo per cominciare a familiarizzare con essa e trovare una via d’uscita.
Un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rileva che la pandemia da Sars Covid-19 ha incrementato del 25% i disturbi depressivi e dello spettro ansioso, pur sottolineando che già nel 2019, prima della pandemia globale, una persona su otto conviveva con un disturbo mentale. Appare, inoltre, evidente come lo stigma e le discriminazioni rivolte alle persone con problemi di salute mentale continuino ad essere forti barriere all’inclusione e all’accesso alle cure adeguate, contribuendo al mantenersi di forti iniquità in tema di salute e benessere.
La parola agli autori: Simona Vinci
Ecco alcuni stralci dell’intimo racconto autobiografico di Simona Vinci, nei quali l’autrice getta una luce sull’incomunicabilità del malessere mentale:
“Non è facile da descrivere e soprattutto da spiegare ad altri, una sindrome depressiva che si manifesta con attacchi d’ansia. Per questo, spesso ci si ritrae gradualmente dai rapporti con parenti, amici e vicini: lo stato in cui versi non è comunicabile, chi non ha mai sofferto di depressione difficilmente comprende, se non in maniera superficiale, cosa tu stia provando […]
Quando provi a raccontarlo a qualcuno ti senti ridicolo. E viste le reazioni incredule o distratte che ti trovi davanti, cominci a vergognarti e preferisci tacere, allontanarti, sparire.”
Vinci si sofferma sul concetto di paura, come emozione primaria e utilissimo meccanismo di difesa, che a volte può cristallizzarsi dentro al punto da paralizzare e rendere immobili e granitici, incapaci di scegliere, rischiare, provarci.
A tal proposito, sottolinea come raggiungere un sano equilibrio tra paura e coraggio sia uno dei lavori di accordatura costante che ciascuno di noi esercita ogni singolo giorno.
Parla, mia paura
Cosa può fare la differenza, in momenti così dolorosi e intimi?
“Ecco il trucco, la magia: non chiudere, apri. Non nasconderti, mostrati. Non tacere, esprimiti. Se hai paura, chiedi aiuto.”
Simona Vinci propone una strada per evitare il concreto rischio di piombare nella stigmatizzazione e discriminazione dell’altro, che si rivolge a noi chiedendoci aiuto.
La via potrebbe essere adottare uno sguardo benevolo e una pazienza estrema, mostrare una vicinanza priva di giudizio e provare un silenzio ma tenace affetto per l’altro sofferente.
Annamaria Nuzzo