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Il Canzoniere di Francesco Petrarca, una via crucis amorosa

In occasione dell'anniversario di Francesco Petrarca, lo scrittore Dario Pisano ci racconta la storia dell'amore non ricambiato tra l'autore e la sua Laura

Qualcuno ha detto che il vero Amore è come un bravo rigorista: prima di tirare in porta, non prende troppa rincorsa. Correva l’anno 1327 quando un Venerdì Santo Francesco Petrarca, mentre era assorto nelle severe meditazioni intorno alla passione di Cristo, inciampò nella trappola di Eros. Fu il giorno in cui vide per la prima volta Laura, innamorandosene perdutamente. L’amore, come un cecchino infallibile, lo prese di mira e lo colpi. Ebbe così inizio una passione ostinata, che si protrarrà per tutta la vita e alimenterà la sua poesia. L’episodio è narrato all’inizio del Canzoniere, nel sonetto Era il giorno che al sol si scoloraro.

Il Canzoniere di Petrarca

Il Canzoniere ( o meglio: Rerum vulgarium fragmenta ) è la prima narrazione in forma lirica della vita di un uomo. È una sorta di calendario lirico che si compone, ad eccezione del sonetto prefativo che lo annuncia ( Voi che ascoltate in rime sparse il suono ) , di tanti pezzi lirici quanti sono i giorni di un anno. In tutte 366 stazioni testuali che scandiscono le tappe di una via crucis amorosa. Così, nel giro dell’anno si riassume la vita.

Il Venerdì Santo

I primi componimenti della raccolta tracciano le coordinate dell’ exordium narrationis: è un venerdì santo, giorno in cui la luce del sole sembra scolorire per la commozione del mondo che ricorda l’agonia del suo Salvatore, quando agli occhi di Petrarca rifulge per la prima volta la luce amorosa di Laura. Il poeta scrive che negli attimi antecedenti all’incontro che avrebbe capovolto la sua esistenza era senza sospetto. Vuole dire che data la sacralità del giorno, la possibilità di ricevere una minaccia amorosa era completamente fuori dal suo orizzonte di attesa.

Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d’Amor; però n’andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai
nel comune dolor s’incominciaro.

Non vi sfugga il sintagma «senza sospetto», il medesimo usato da Francesca da Rimini nel V canto dell’ Inferno di Dante ( vv. 127-129: « Noi leggevamo un giorno per diletto / di Lancialotto come Amor lo stirinse; / soli eravamo e senza alcun sospetto » ). Letto nella controluce della ripresa testuale dantesca, il suo incipiente romanzo d’amore in versi si annuncia come il resoconto di un Inferno amoroso, un labirinto, una selva psichica, un ergastolo nel penitenziario di Amore. A differenza del poeta della Commedia però, la diritta via è smarrita per sempre: nessuna speranza di uscire a riveder le stelle. Dante e Petrarca sono i due grandi occhi della letteratura italiani delle origini, spalancati verso il futuro.

I riferimenti de l’Inferno di Dante

Nei primi componimenti del Canzoniere, le citazioni testuali dall’Inferno  (sopratutto dal V canto) sono numerosissime.  Questi segnali autoriali vanno decodificati: il poeta racconta in forma lirica la sua detenzione nel carcere del desiderio ossessivo, persecutorio e inestirpabile. La grandezza di Petrarca (padre della poesia lirica europea; il suo Canzoniere assorbe tutta la modernità a venire) consiste nell’aver scandito in versi indimenticabili la consapevolezza che nella logica delle emozioni non esiste il principio di non contraddizione. Pensiamo a uno dei suoi incipit più folgoranti: Pace non trovo e non ho da far guerra: una  radiografia della nostra anima, un verso che in undici sillabe scandisce la nevrosi di ogni uomo. Non basta questo verso per fare di Petrarca l’inventore di tutti noi?

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Tra mente e cuore

Come dice di sé stesso Pier Paolo Pasolini nel suo dialogo monologante con Gramsci,  Petrarca è con sé e contro di sé. L’intelligenza diagnostica la tragica fatuità della vita, il suo giro breve e delusorio; la sensibilità al contrario riabilita quel sogno fascinoso che è l’esistenza terrena. Tra i due poli della mente e del cuore si crea una differenza di potenziale che produce l’incessante passaggio di energia artistica che alimenta tutta la macchina testuale.

Questo inseguimento amoroso della donna amata è in realtà una circumnavigazione di sé stesso. Laura appare come una indossatrice di paesaggi ( pensate a quella che è forse la più celebre lirica della raccolta, Chiare, fresche e dolci acque ) e – poiché cosa bella mortal passa e non dura – il sole della sua vita tramonta presto, lasciando il poeta solo sul cuor della terra a ricordare gli istanti privilegiati; a visitare i luoghi dove era fiorito il miracolo del suo apparire terreno;  a meditare sul rovinoso precipitare di ogni vita.

Indecisione esistenziale

Il Canzoniere è la storia di una indecisione esistenziale permanente. Petrarca in un sonetto benedice il giorno, il mese e l’anno in cui ha ricevuto la rivelazione amorosa; nel sonetto immediatamente successivo ( LXII, Padre del Ciel dopo di perduti giorni ) invoca l’aiuto di Dio e abolisce i suoi interessi terreni ( l’amore e la gloria, quei valori che un poeta cristiano non può riconoscere pienamente come tali ). Possiamo immaginarci il poeta come un prigioniero che, nel carcere amoroso, prima pianifica una fuga e un attimo dopo ci ripensa e ricomincia ad arredare la sua cella. La modernità di questo ondeggiamento psichico è straordinaria: Dante – minacciato dalle tre fiere all’inizio dell’Inferno – le aveva superate e aveva intrapreso il cammino della salvezza; Petrarca rimane bloccato nella selva ( nella vita ) a osservare le proprie fascinose fiere interiori. Tutto il suo itinerario è in realtà la storia di un decollo esistenziale sempre rinviato.

Petrarca è il primo esemplare della razza di chi rimane a terra. Nella sua opera, compare l’antenato di un tema che costituirà l’essenza stessa della letteratura moderna, a partire da Baudelaire, con il massimo picco di frequenza nel Novecento europeo: l’identificazione tra vita e malattia.

Biografia spirituale

La grande fortuna nella storia della poesia successiva (nel Rinascimento verrà eletto a dominus incontrastato del genere lirico) è legata, oltre che alla modernità di questa inchiesta sulla vita, al modello linguistico che egli offre: un monolinguismo di elevatissima riproducibilità tecnica. Esso è capace di assorbire una cospicua varietà di ingredienti lessicali. Anche sotto il profilo linguistico Dante e Petrarca formano una diarchia litigiosa: il poeta della Commedia aveva amministrato una notevolissima varietà di registri: Petrarca, al contrario, opera una riduzione di tanta magnanimità espressiva e si inventa una domenica della lingua poetica italiana.

Come ci ha insegnato quel petrarchista novecentesco che è Giorgio Caproni, i poeti sono come i minatori: partono dalla biografia e scavano ostinatamente dentro loro stessi fino a che non raggiungono un fondo che appartiene a tutti gli uomini, sempre.

Il Canzoniere è una biografia spirituale in forma lirica che diventa una pangrafia. Al suo autore accreditiamo il merito di aver trovato – dentro di lui – ognuno di noi.

Dario Pisano

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