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“Nonno Hollywood”, la canzone di Enrico Nigiotti per il nonno

Il cantautore Enrico Nigiotti ha dedicato "Nonno Hollywood" al nonno scomparso e che ha rappresentato per lui un solido punto di riferimento

MILANO – “Certe cose fanno male, mica le puoi trattenere” ed ha ragione il cantautore Enrico Nigiotti, livornese classe ’87,  a cantare questi versi nella sua canzone tutta dedicata a suo Nonno e che ha emozionato l’intera platea dell’Ariston e gli spettatori a casa che guardavano Sanremo.

Non puoi tenere dentro delle emozioni forti che sono anche cariche di riflessioni intense, non puoi, anche se fa male tirarle fuori, perché hai bisogno di esternarle, in quanto non sono più tue, sono dell’altro che le ascolterà, allora tu sei un tramite, come si direbbe in questo caso un cantastorie, o in una parola ancora più densa: un cantautore.

Una canzone nata di getto la sera d’agosto in cui è morto. Avevo già presentato la mia candidatura a Sanremo con un altro brano, l’ho cambiato in corsa. Avrei preferito non scriverlo, ma è un regalo esserci proprio con questo brano. Sono felice e orgoglioso“.

In Nonno Hollywood di Nigiotti c’è la vena artistica e la presenza umana forte del cantautore, egli pare proseguire la strada solcata dai grandi maestri italiani, certo ne deve fare ancora di strada il livornese, e lui lo sa, ma è sulla strada giusta perché questo è un pezzo ben scritto, ben arrangiato, e ben interpretato.

Nonno Hollywood è un pezzo vero, autentico, come si dice scritto con il cuore e che arriva, e che di certo rimarrà nei brani più rappresentativi e simbolici del cantautore.

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Una strada da sempre la sua quella del cantautorato e che ha cercato fortemente di esprimere. Una decina di anni fa entrava nella scuola di Amici, abbandonata anzitempo, nel 2015 era poi sul palco dell’Ariston tra le nuove proposte, arrivando terzo, e nel 2017 ottiene la grande visibilità con X Factor.

Il succo prezioso e forte del brano è nel racconto della figura del nonno il quale  è emblema di un mondo popolare estinto. Nonno molto amato e che diviene rappresentante di quella popolanità che Nigiotti ha iniziato a conoscere ed amare dai tempi in cui ragazzo lo seguiva nei lavori in campagna, nascendo così in lui l’amore per i volti e le storie che il nonno gli raccontava.

Un mondo che adesso non c’è più, ma che il ricordo tiene vivo assieme ai consigli e alle dritte ricevute, e che manca al cantautore da stare male perche aveva dentro valori millenari e punti di riferimenti che invece stentano oggi a ritrovarsi.

Ogni volta che per strada ti fermavi e litigavi con la gente che agli incroci ti suonava il clacson…
Nonno mi hai lasciato dentro ad un mondo a pile
Centri commerciali al posto del cortile
Una generazione con nuovi discorsi
Si parla più l’inglese che i dialetti nostri
Mi mancano i tuoi fischi mentre stai a pisciare
Mi manca la Livorno che sai raccontare

Ma Nigiotti proprio perché dentro quell’autentico pianeta di storie e vissuti conosciuti ed amati grazie a suo nonno, può rilevare la minaccia della sua estinzione e generare il suo grido, attraverso questo brano, che quel mondo gli splenda sempre dentro, senza mai abbandonarlo, ed evocandone con forza poetica la sua autenticità, la fa rivivere ancora con pathos.

Quanto è bella la campagna e quanto è bello bere vino
Quante donne abbiam guardato abbassando il finestrino
La ricchezza sta nel semplice… semplice…
Nel semplice sorridere in un giorno che non vale niente
Sembra un po’ il secondo tempo
Di una finale da scordare
Come un taxi alla stazione che non riesci a prenotare

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Nigiotti da cantautore racconta con profonda umanità l’arrivo di questa mutazione in cui siamo ostaggi di una rete che non prende pesci, una vera e propria omologazione nella quale l’uomo ha perso la sua storia millenaria divenendo elemento consumato e consumistico.

Perché questo è accaduto e sta accadendo, sancendo il trionfo del consumo e la sconfitta dei sentimenti ideali di umanità e facendosi strada sempre più un basso populismo, su cui chiudere gli occhi mentre tenersi stretti addosso i tuoi consigli.

 

Carlo Picca

photocredits: Daniele Barraco

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