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Qual è lo stato della letteratura noir italiana?

Esiste una via italiana al noir? Se ne è parlato al Festival 'La felicità di scrivere' che si è svolto presso gli spazi del Festival della Versiliana a Marina di Pietrasanta. Protagonisti Marco Vichi ed il suo Commissario Bordelli, Leonardo Gori con il suo colonnello...

PIETRASANTA – Esiste una via italiana al noir? Se ne è parlato al Festival ‘La felicità di scrivere‘ che si è svolto presso gli spazi del Festival della Versiliana a Marina di Pietrasanta. Protagonisti Marco Vichi ed il suo Commissario Bordelli, Leonardo Gori con il suo colonnello Arcieri, Gianni Biondillo e l’ispettore Ferraro ed Elda Lanza e il suo avvocato Gilardi. Quattro scrittori uniti dalla passione per l’animo umano, per l’esplorazione, per le storie più che per la trama gialla che resta nello sfondo. I delitti sono quasi la cornice dietro le passioni umane che sono l’obiettivo dei romanzi. L’Italia d’altronde è una terra di misteri, di realtà che spesso come direbbe Mark Twain sono assai più fantasiose della finzione e in questo caso anche del giallo più cupo e del noir più nero.
  
Marco Vichi, lei non si sente un giallista, perché ?
Innanzi tutto, perché i libri dedicati al Commissario Bordelli sono solo una parte della mia produzione. Non ho passione per il gioco dell’indagine. Mi sono divertito nel genere poliziesco, per andare dietro ad un altro obiettivo che era quello di raccontare altre storie.  ma cercavo di prendere di prendere la figura del commissario e raccontare altre storie. Anche nel mio ultimo Fantasmi dal passato, ho fatto un romanzo sulla memoria. La storia gialla è sempre secondaria e solo per il secondo romanzo, ho fatto una trama più intrecciata, ma allora ho dovuto chiedere ad un maestro del genere come Carlo Lucarelli, il quale a sua volta fa un lavoro più complesso, in quanto cerca anche lui di raccontare delle cose che vadano oltre il delitto è la sua soluzione. Non c’è il paghi S di scoprire l’assassino, mi interessa l’animo di chi ha commesso il delitto, le cause, la storia, non tenere in tensione il lettore. Mi trovo nel giallo, quando evado dal genere. Mi piace coinvolgere anche altri personaggi. Insomma, un lavoro più complesso. Un bel meccanismo non fa nel libro. Ma lo fa la musica della scrittura.
 
Leonardo Gori, ci racconti come nasce il Colonnello Arcieri, che passa dalla polizia, ai servizi segreti, alla fine scompare, per poi riapparire in un libro di un altro autore come Marco Vichi…
Si potrebbe dire che il colonnello Arcieri mi è capitato addosso: ho iniziato a scrivere noir quando mi è venuta una storia ed una ambientazione che volevo raccontare. Io scrivevo su fumetti ed altro poi, mi capitò nella testa una storia ambientata a Firenze nel maggio 1938 durante la visita di Hitler ( in suo onore fu aperto il finestrone nel corridoio vasariano su Ponte Vecchio, ndr). Amavo il giallo e allora applicai la struttura del giallo alla storia e inventai Bruno Arcieri, che era funzionale alla mia trama. Poi via via persi contatto col giallo, perché capii che mi interessava altro. E allora la trama era zavorra , ma mi piaceva ciò che stava intorno. Arcieri era un italiano strano, quasi un antitaliano, non era opportunista, non era fascista, ma neanche antifascista, poi fino alla fine della guerra mi serviva un personaggio più autonomo ed è passato ai servizi segreti, divenendo un cane sciolto. Poi la storia successiva, con un salto temporale, mi venne in mente nel l’alluvione di Firenze è da qui, nacque l’incrocio con il commissario Bordelli con scena scritta a quattro mani con Vichi. Poi in musica nera Arcieri cade e muore nei tornanti di Sant’Anna di Stazzema. Poi riappare in Fantasmi del passato di Marco Vichi, addirittura nel libro di un altro autore. Ho cercato di raccontare l’Italia dal punto di vista di un italiano anomalo.

Gianni Biondillo: per poco il Commissario Bordelli non incontrava il suo ispettore Ferraro…
Con Marco Vichi se ne era parlato, ma l’ispettore Ferraro troppo vive in questi anni e l’incrocio temporale era difficile ed allora  il crossover è saltato. L’incrocio tra i diversi personaggi è una cosa ricorrente nei fumetti in cui Superman incontra l’Uomo Ragno  e gli appassionati impazziscono. far incontrare i nostri personaggi è stimolante, ma solitamente partiamo dalla realtà per cui è possibile che vi sia anche un aspetto sociale nei nostri libri. Cronaca di un suicidio è nato perché parlavo con Vichi di una cartella esattoriale e lui mi disse di scriverci un libro. Scriviamo spesso per per ispettorare un grumo nero che abbiamo dentro. Non c’è un messaggio nel libro: talvolta non è necessario che vi sia. Scrivere è una fatica, ma arriva un momento in cui è una necessità che si incontra con la necessità dei lettori di leggerlo. Il giallo alla Sherlock Holmes non c’è più: non c’è più la necessità di geni che risolvono il caso da una macchia dalla camicia. Il giallo spesso è non risolto, così rimane un po di fastidio perché la vita è fastidiosa. Il bene non trionfa sul male. Il noir ci consente si raccontare sentimenti ed emozioni. Il noir dice che il mondo un ‘casino’ e non arriva un supereroe che rimette le cose al suo posto. È l’assassino è quello ordinato, non il mondo. La storia non sta nel capire chi è l’assassino. Ho da poco consegnato il nuovo libro.
 
Elda Lanza, com’è il suo rapporto con Max Gialrdi il suo personaggio?
Max Gilardi, c’est moi. Non mi sono mai curata nella mia lunga vita del genere giallo che non mi è mai piaciuto oltre tutto. Poi tre anni fa è venuto fuori questo personaggio, un avvocato che ha molte meno armi per risolvere una situazione intricata ( anche se non mancano precedenti illustri come Perry Mason negli States e il più nostrano Avvocato Guido Guerrieri nato dalla penna di Carfoglio, ndr) e che lo fa usando il cervello, mettendo in moto le poche armi che ha a sua disposizione. Mi piace il suo modo di essere sfacciatamente napoletano, femminaro , questa sua prepotenza fisica, e  allo stesso la sua capacità di ragionare che va oltre quella degli altri e gli consente di non affermare la verità, ma far assolvere il suo cliente. Non c’è il lieto fine a tutti i costi. Voglio far sapere al mio editore che ne ho pronti altri tre. Ho più lettrici che lettori: non ho ancora capito il perché.
 

Michele Morabito

 
7 luglio 2015
 
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