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“Papaveri in luglio” (1962) di Sylvia Plath, vibrante poesia di una donna che non vuole più soffrire

Scopri il significato di "Papaveri in luglio" originale poesia di Sylvia Plath in stile psichedelico su una donna tradita che non vuole soffrire.

Papaveri in luglio (Poppies in July)è la poesia di Sylvia Plath che trasferisce in versi la sofferenza di una donna tradita dal marito e la sua voglia di farla finita con la vita, per lenire le sofferenza di una relazione amorosa molto malata.

Una poesia che potremmo definire psichedelica, dove i “papaveri in luglio” non sono la rappresentazione della natura del mese estivo, ma la voglia di finirla con la sofferenza psicologica della grandissima poetessa e scrittrice statunitense. 

Sylvia Plath si era sposata con il poeta Ted Hughes il 16 giugno 1956. Dopo un periodo molto burrascoso e l’arrivo di 2 figli, Sylvia Plath nel febbraio del 1961 subì un aborto  spontaneo a seguito di un episodio di violenza fisica da parte di suo marito Ted Hughes, come Plath scrisse in una lettera indirizzata al suo terapista.

Nel 1962 il loro matrimonio si incrinò definitivamente a causa della relazione che Hughes aveva iniziato con Assia Wevill. Si separarono alla fine di quell’estate del 1962.

Papaveri in luglio fu scritta proprio il 20 luglio 1962 e fa parte di Ariel, la seconda raccolta di poesie di Sylvia Plath che Fu pubblicata postuma dal marito Ted Hughes nel 1965, due anni dopo la sua morte, avvenuta per suicidio l’11 febbraio 1963.

Leggiamo questa breve ed originale poesia per comprendere la sofferenza di una donna delusa dall’amore e dalla vita.

Papaveri in luglio di Sylvia Plath

Piccoli papaveri, piccole fiamme dell’inferno,
non fate alcun male?

Sfavillate. Non posso toccarvi.
Metto le mie mani tra le fiamme. Nulla brucia

E sono entusiasta di guardarvi
sfarfallare così, rugose e rosso chiaro, come la pelle di una bocca.

Una bocca appena insanguinata.
Piccole gonne insanguinate!

Ci sono fumi che non posso toccare.
Dove sono i tuoi oppiacei, le tue capsule nauseabonde?

Se potessi sanguinare, o dormire! –
Se la mia bocca potesse sposare un dolore come quello!

O i vostri liquori mi penetrano in questa capsula di vetro,
che spengono e calmano.

Ma incolore. Incolore.

20 luglio 1962

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Poppies In July, Sylvia Plath

Little poppies, little hell flames,
Do you do no harm?

You flicker. I cannot touch you.
I put my hands among the flames. Nothing burns

And it exhausts me to watch you
Flickering like that, wrinkly and clear red, like the skin of a mouth.

A mouth just bloodied.
Little bloody skirts!

There are fumes I cannot touch.
Where are your opiates, your nauseous capsules?

If I could bleed, or sleep! –
If my mouth could marry a hurt like that!

Or your liquors seep to me, in this glass capsule,
Dulling and stilling.

But colorless. Colorless.

20 july 1962

Il Significato di Papaveri in luglio

Papaveri in luglio è una poesia cupa e complessa che descrive lo stato mentale di Sylvia Plath a causa della sofferenza psicologica provocata dei tradimenti del marito.

Poppies in July è una breve poesia che mette in scena una sequenza psichedelica. L’autrice guarda un campo di papaveri e vede il proprio dolore riflesso su di lei.

I papaveri rosso sangue, potrebbero essere una scena estasiante, ci si immagine un campo che genera benessere e gioia. Invece, nel pensiero di Sylvia Plath sono solo violenza e “fiamme dell’inferno”.

Desiderosa di fuggire dalla sua sofferenza, sogna il grigiore “incolore” che immagina le possano offrire gli “oppiacei” (droghe soporifere) nascosti nei papaveri, se solo riuscisse a raggiungerli.

La poesia è scritta da una prospettiva narrativa in prima persona e nello stile confessionale per cui la poesia di Plath è nota. Come altre poesie anche Papaveri in luglio è una rappresentazione diretta di ciò che passa nella mente della poetessa. È una rappresentazione diretta della sua mente.

Questa poesia in particolare esplora i temi del dolore, della fuga e allude a quelli ancora più oscuri della morte e del suicidio

Un viaggio verso i luoghi più profondi del cervello

Sylvia Plath attreverso i suoi versi ci offre la visione di un campo di papaveri e parla con loro, chiamandoli “fiamme infernali” e chiedendo loro se davvero non fanno alcun male.

Anche se i fiori tremolano come il fuoco, la poetessa esprime il proprio timore nel toccarli. Ma, quando mette la mano tra i fiori, questi non la bruciano.

La visione di quei papaveri le crea uno stato di confusione, si sente come stanca. I loro petali rossi e tremolanti le fanno pensare alla bocca di una persona.

Immagina che quelle labbra siano insanguinate, e seguendo la forma dei papaveri li associa  a gonne macchiate di sangue.

Sa che all’interno dei papaveri si trovano sostanze chimiche che lei non può raggiungere: oppiacei che intorpidiscono, pillole che generano nausea.

Vorrebbe che gli oppiacei dei papaveri potessero raggiungerla per calmarla, sedarla, farla smettere di soffrire, anche se quelle droghe porterebbero via anche tutti i colori del mondo.

Poiché l’autrice non può trovare sollievo dal suo dolore nel farsi del male, si rivolge invece con desiderio a pensieri di intorpidimento. Sapendo che i papaveri producono “oppiacei” (droghe che uccidono il dolore, inducono il sonno e ispirano i sogni), sogna di fuggire attraverso i poteri “ottundenti e calmanti” della pianta.

Vivere una vita “incolore” e spenta, in altre parole, le sembra preferibile a un’ulteriore sofferenza. Entrambi i desideri di Silvia Path, ovvero il dolore fisico che distrae o l’intorpidimento che rende insensibili, sono fuori dalla sua portata.

Implora i papaveri: “Dove sono i vostri oppiacei, le vostre capsule nauseabonde?”.

Non c’è risposta; non può addormentare il suo dolore più di quanto possa cambiarne la natura. Il suo desiderio di “sanguinare, o dormire” alla fine la lascia incagliata in un fatto terribile: non c’è una fuga facile dal dolore emotivo, almeno non senza costi terribili.

L’immagine di una donna tradita 

Papaveri in luglio è più che una poesia. È la confesswione di una donna che vede nero. La vita l’ha tradita. L’uomo con cui voleva condividere il proprio cammino non vuole più saperne di lei. Anzi, si è fatto un’altra donna e l’ha abbandonata. 

Non sappiamo come sono andate veramente le cose. Ma, la storia che arriva da questa intensa poesia lascia senza fiato. L’unica cosa che è importa è non soffrire, anche al costo di morire.

La vita di Sylvia Plath è davvero triste da un lato, ma intensa di emozioni dall’altro. È una donna che ha lasciato opere di grande rilievo, è riuscitra a dare voce alla sofferenza di tutte le donne del mondo. 

Non bisogna lasciarsi distogliere dalla voglia di oppiacei per sedare il proprio malessere. Giudicare è facile, ma quando si combatte con il male che parte da dentro la cura diventa molto difficile. 

Ecco perché vogliamo condividere questa poesia, perché non ci sentiamo di dare giudizi, ma cogliamo la grandezza di quanto nquesta donna ci ha donato. 

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