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Una frase di Paul Auster sull’importanza di incrociare lo sguardo degli altri

La frase del giorno è tratta da una pagina particolarmente significativa di "Diario d'inverno", il romanzo in cui Paul Auster racconta la vita di un uomo attraverso il suo corpo. 

Prolifico romanziere, autore di memorie e sceneggiatore, Paul Auster è stato uno degli scrittori newyorkesi di punta della sua generazione. Scomparso all’età di 77 anni, oggi iniziamo la giornata con una sua frase che ci pone una riflessione sulla società di oggi.

“Tutti siamo estranei a noi stessi, e se abbiamo nozione di chi siamo è solo perché viviamo negli occhi degli altri”

Lo sguardo degli altri per conoscere noi stessi

Questa frase è tratta da una pagina particolarmente significativa di “Diario d’inverno“, il romanzo in cui Paul Auster racconta la vita di un uomo attraverso il suo corpo. 

«Non puoi vederti. Conosci il tuo aspetto grazie agli specchi e alle fotografie, ma là fuori nel mondo, mentre ti muovi tra gli esseri umani tuoi simili, che siano amici o estranei o i tuoi cari più cari, il tuo volto ti è invisibile. Puoi vedere altre parti di te stesso, braccia e gambe, mani e piedi, spalle e busto, ma solo da davanti, di schiena nulla tranne il retro delle gambe se le giri nella posizione giusta, ma la tua faccia no, la faccia mai (…). Tutto ti è tanto familiare nel contesto d’insieme, quanto anonimo se preso un pezzo per volta. Tutti siamo estranei a noi stessi, e se abbiamo nozione di chi siamo è solo perché viviamo negli occhi degli altri» 

Siamo sempre più soli. Ce ne accorgiamo ogni giorno, quando saliamo sul tram per andare al lavoro, o quando entriamo in un grande magazzino per comprare un paio di scarpe. Ci troviamo lì, in mezzo a una folla indifferente, rapida e distratta, con il desiderio di confonderci con essa, di scomparirvi dentro, per non dover fare i conti con la persona che siamo. Come possiamo, in effetti, conoscerci davvero senza entrare in contatto con l’altro? È questa la grande domanda che ci pone Paul Auster.

Sin da bambini, abbiamo bisogno di un altro che sia lo specchio per vedere noi stessi, per conoscerci. Il primo riconoscimento passa attraverso gli occhi di chi ci accudisce (i genitori), poi di chi circonda (gli amici), di chi ci ama, ma anche di chi ci disprezza. Attraverso la molteplicità degli sguardi, si forma un’immagine dentro di noi, intima, privata, talvolta veritiera, talvolta menzognera.

E sta a noi, alla nostra capacità di discernere, trovare l’immagine che più ci rappresenta, con la consapevolezza che mai avremo la certezza di sapere chi siamo. Perché, in fondo, siamo estranei a noi stessi; e niente e nessuno ci potrà sollevare davvero da questa angoscia. 

Paul Auster

Scrittore, poeta e sceneggiatore, Paul Auster è considerato uno dei più grandi autori del postmodernismo americano, insieme a Thomas Pynchon e Don DeLillo. Nato nel New Jersey il 3 febbraio del 1947, si è laureato alla Columbia University, dopo aver compiuto diversi viaggi in Europa. Ha lavorato come traduttore in Francia dal 1971 al 1974, anno in cui è tornato negli Stati Uniti e ha pubblicato la raccolta di versi “L’invenzione della solitudine”, romanzo autobiografico incentrato sulla morte del padre. Ma il successo vero e proprio è arrivato nel 1985 con “Città di vetro”, primo capitolo della Trilogia di New York, a cui sono seguite ancora diverse opere. 

Paul Auster e le nevrosi dell’uomo moderno 

Diretta e incisiva, la scrittura di Paul Auster scandaglia in profondità le angosce e le nevrosi dell’uomo moderno, fragile e solo in un mondo dominato dal caso. Come un palombaro, Auster si immerge negli abissi dell’anima per raccontarne gli anfratti più bui e difficili da raggiungere, quelli in cui la luce non arriva mai e regna incontrastata la solitudine. In questa ricerca dell’identità, Auster mescola la psicanalisi moderna all’esistenzialismo, il giallo al postmodernismo, con un risultato di eccezionale originalità. 

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