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“Il Giardiniere 41” di Rabindranath Tagore: gli effetti della paura di dire t’amo

Nella poesia "Il Giardiniere 41", Rabindranath Tagore esprime con grande maestria le conseguenze legate alla paura di rivelare il proprio amore.

“Vorrei dirti le più profonde parole d’ amore”. Con questo parole inizia Il Giardiniere 41 uno canti più belli e profondi di Rabindranath Tagore, tratto dall’omonimo libro, in inglese The Gardener, pubblicato nel 1913.

La poesia ci offre un’immagine contorta dell’amore. La paura di dichiarare i propri sentimenti, genera l’esatto contrario ovvero brutalità, forza e possiamo affermare violenza. 

Sembra un film già visto. La geniale poesia di Rabindranath Tagore ci racconta come l’insicurezza di un uomo, che pensa di essere forte nella vita, a causa della paura di mettere a nudo i propri sentimenti, finisce per generare l’esatto effetto contrario, ovvero il disprezzo. 

Potremmo dare a questo meraviglioso componimento il titolo de “Le parole mai dette che generano violenza e disprezzo”.  

Il senso del canto è di semplice comprensione. Una donna è costretta a subire il peggio perché non ha ha avuto la fortuna di poter ascoltare le parole d’amore dell’uomo che la desidera. Assurdo!

Ma leggiamo questa bellissima poesia per apprezzarne la lezione dello scrittore e poeta bengalese.

Il Giardiniere 41 di Rabindranath Tagore

Vorrei dirti le più profonde parole d’ amore,
ma non ne ho il coraggio:
temo che tu ne sorrida.
Ecco perché mi burlo di me-stesso e
del mio segreto.
Derido il mio segreto per timore che
cosi tu faccia.

Vorrei dirti le parole più vere che abbia
mai detto, ma non ne ho il coraggio:
temo che tu non le creda.
Ecco perché io mentisco,
dicendo il contrario di ciò che penso.
Rendo assurdo il mio dolore, per timore
che cosi tu faccia.

Vorrei dirti lo parole più dolci che io
serbo per te, ma non ne ho il coraggio:
temo che non si comprenda il loro valore.
Ecco perché ti parlo duramente e vanto
la mia forza brutale.
Ti faccio del male, per timore tu non
sappia mai cosa sia soffrire.

Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che il
mio cuore venga alle mie labbra.
Ecco perché parlo stupidamente
e nascondo il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore, per
timore che cosi tu faccia.

Desidero allontanarmi da te, ma non
ne ho il coraggio: temo ti si riveli la mia
viltà.
Ecco perché vengo alla tua presenza a
testa alta.
Ma gli sguardi sprezzanti dei tuoi occhi
mantengono vivo il mio dolore

La paura di non essere ricambiati

Nel Canto XLI de Il Giardiniere, Rabindranath Tagore ci offre una lezione di tutte le emozioni di un essere umano che ha paura nel dichiarare il proprio amore, per paura di non ottenere il risultato desiderato.

La paura del “NO” trasforma l’amore in qualcosa di malvagio, che genera dolore a chi quelle parole dovrebbe avere il coraggio di rivelarle e alla povera vittima che ha l’unica colpa di non aver mai ascoltato invece quella dichiarazione. 

Come in una tragedia shakespeariana, ciò che si tiene nascosto finisce inevitabilmente per generare un effetto diverso da quello desiderato. 

Rabindranath Tagore inizia la poesia confessando la propria mancanza di coraggio nel pronunciare “le più profonde parole d’amore”. La sua paura è di essere deriso. 

Quanti errori e quante cose negative può generare l’insicurezza. 

Nella seconda strofa, il poeta manifesta la propria immaturità, adottando la stupida strategia di molti innamorati, che per paura di un rifiuto si comportano in maniera totalmente opposta. L’innamorato mente, soffrendo, “dicendo il contrario di ciò che penso.”

La poesia sottolinea quel “Vorrei dirti” nella logica che quelle parole non saranno mai pronunciate. Ma perché l’umanità tende sempre a volersi fare del male.?

E come ben sappiamo la paura, l’insicurezza finiscono spesso per stimolare la violenza (verbale e fisica). Per nascondere la mancanza di coraggio e farsi vedere duro e determinato l’autore esibisce la propria “forza brutale”. 

La paura del rifiuto può generare comportamenti “malati”

Rabindranath Tagore ci offre l’ennesima lezione. La paura del rifiuto, l’insicurezza possono diventare la causa di relazioni malate.

Ti faccio del male, per timore tu non
sappia mai cosa sia soffrire.

Che stupidi che siamo, dichiarare i propri sentimenti è la cosa più magica che possa esistere. Certo, quei sentimenti una volta usciti dalla proprio intimo, rischiano di perdersi per sempre, di non poter tenere viva quella fiamma dolorosa che in fondo piace sentire. 

Il masochismo amoroso è qualcosa che a tanti piace vivere e se ci pensiamo è l’essenza di molta vera poesia. È quella magica sensazione di pensare costantemente alla stessa persona, desiderando che prima o poi possa dare linfa al nostro egoismo. 

Il comportamento insicuro di Rabindranath Tagore diventa evidente nella quarta strofa della poesia. Pur di non far scoprire i propri sentimenti, parla a raffica per nascondere “il mio cuore dietro le parole.” Viltà sostenuta nell’ultima strofa, in cui il poeta dichiara: 

Desidero allontanarmi da te, ma non
ne ho il coraggio: temo ti si riveli la mia
viltà.

In un gioco al massacro la reazione di fronte a questa continua e costante incomprensione è come dicevamo all’inizio, il dolore e il disprezzo. 

Ma gli sguardi sprezzanti dei tuoi occhi
mantengono vivo il mio dolore.

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