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Una frase di Rabindranath Tagore sulle avversità come opportunità per migliorare

In ricordo di Rabindranath Tagore, vi proponiamo una frase tratta da suoi versi che esprimono il suo pensiero filosofico sull'importanza delle avversità della vita che rendono unico ogni percorso.

Il 7 maggio 1861 nasceva Rabindranath Tagore poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo bengalese dotato di straordinarie sensibilità e creatività artistica che lo fecero avvicinare anche alle arti della musica, della danza e della pittura. Oggi lo ricorderemo ripercorrendo brevemente la sua filosofia e commentando la frase tratta questi suoi celebri versi, contenuti nella raccolta di aforismi “Uccelli migranti“:

“Le nuvole giungono fluttuando nella mia vita,
non più per portare pioggia o per annunciare la tempesta,
ma per aggiungere colore al mio cielo al tramonto”.

Il significato dell’aforisma

Attraverso questi versi, Tagore vuole comunicare al lettore che anche le avversità sono importanti poiché consentono all’individuo di crescere e diventare consapevole di sé stesso e della sua esperienza di vita. Avvenimenti che rendono ogni percorso differente da quello di qualsiasi altro individuo e che contribuiscono a formare e rendere unica ogni singola persona. Una riflessione profonda sull’essere umano che consente di apprezzare la grandezza di Tagore come poeta e filosofo superando qualsiasi limite spazio-temporale.

La ricchezza delle avversità della vita

I concetti di tolleranza rispetto alla convivenza di due culture differenti nello stesso luogo – quella inglese e quella indiana in India – e di accettazione del bene e del male della vita, ci permettono di comprendere i versi con cui abbiamo aperto questo articolo. La vita del filosofo, infatti, fu scandita da avvenimenti molto drammatici: prima la morte della madre nel 1874, quando egli aveva appena tredici anni, e poi quella della moglie nel 1902, della figlia nel 1904 e del figlio minore nel 1907. Perdite dolorose che lo spinsero a comporre il poema “Lamento della natura” e successivamente diverse opere tra cui “Luna crescente”,“Il nido distrutto” e la poesia da noi proposta.

In questi versi, Tagore contempla la natura e in particolare due elementi ricorrenti nei suoi scritti: le nuvole che simboleggiano le avversità della vita e il sole che rappresenta l’immagine della potenza cosmica. Egli, infatti, riflette sul ruolo che gli eventi negativi assumono negli ultimi anni della sua vita – “al mio cielo al tramonto”: essi sopraggiungono “fluttuando”, ma senza essere solamente dolorosi come durante la giovinezza. Le nuvole, dunque, non rappresentano più solamente la causa della negatività – “pioggia” – o distruzione – “tempesta” – ma un elemento che può portare una grande ricchezza – “aggiungere colore” – nella vita del poeta.

La vita e le opere di Tagore

Ultimo di quattordici figli, Tagore crebbe in una famiglia nobile e di grande influenza sulla vita culturale, artistica, religiosa e politica del suo Paese, iniziando a comporre all’età di otto anni. Tra le sue opere più celebri spiccano l’autobiografia “Ricordi della mia vita” (1912) e la raccolta di conferenze “Sadhana” (1913) che racchiude il pensiero teologico alla base della sua produzione artistico-religiosa. Nel 1913, infine, vinse il Premio Nobel per la letteratura, diventando il primo autore non occidentale a ricevere tale riconoscimento, la cui somma in denaro venne devoluta alla “Scuola di Santiniketan” da lui fondata nel 1901.

I viaggi e la filosofia

Nel corso della sua vita, intraprese numerosi viaggi che gli consentirono di sviluppare e diffondere le sue idee filosofico-politiche in tutto il mondo. I più importanti furono quelli in Inghilterra grazie a cui cominciò a maturare l’idea di far convivere diverse culture in India e conobbe il musicologo Arthur Strangways, considerato il principale divulgatore delle sue opere in Occidente.

Nel pensiero di Tagore, inoltre, la contemplazione della natura appare come un modo per riconciliare l’essenza dell’uomo e l’essenza dell’universale ovvero Dio. La produzione del filosofo, infatti, ruota attorno a una concezione tipicamente indiana, collocata a metà tra panteismo e teismo nonché basata sulla continua ricerca di Dio e sull’accettazione della vita in ogni suo aspetto.

 

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