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“Spesso il male di vivere ho incontrato” di Montale, la poesia sulla precarietà dell’uomo

“Spesso il male di vivere ho incontrato” è componimento estratto dalla prima raccolta poetica di Eugenio Montale, Ossi di Seppia, pubblicata nel 1925 ed emblema dell’intera poesia novecentesca.

“Spesso il male di vivere ho incontrato” , così inizia una delle più celebri poesie di Eugenio Montale. Qui, come nell’intera opera, Montale indaga la sofferenza e la precarietà tipica dell’uomo novecentesco, facendosi anche portavoce della poetica ermetica post guerra. I malesseri intimi si riflettono nel paesaggio descritto e nei dettagli inseriti, utilizzando un linguaggio particolarmente evocativo. Ad esempio “l’incartocciarsi della foglia e cavallo stramazzato”. Il dolore che affligge l’uomo diventa così un dolore universale, che invade la natura e il mondo intero. La soluzione, per Montale, si può trovare nella divina indifferenza, come descritto nella seconda quartina. Il falco, la nuvola, la statua, rappresentano il distacco che l’uomo deve acquisire per poter vivere in un’apparente armonia con se stesso.

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La poetica di Eugenio Montale

 Eugenio Montale, nato nel 1896 e morto il 1981, è forse il poeta italiano più importantr del ‘900. Legato alla sua terra ligure, ha sempre saputo descrivere le inquietudini dell’uomo contemporaneo, rimanendo sempre coerente con le correnti del tempo. Al centro della sua poetica troviamo sempre un forte pessimismo, il tema della incomunicabilità e importanti legami con le figure femminili.

Spesso il male di vivere ho incontrato, la poesia

Spesso il male di vivere ho incontrato

era il rivo strozzato che gorgoglia

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

 

Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

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