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Il miracolo della rinascita in una poesia di Pablo Neruda

Mattine soleggiate, fiori che sbocciano e invadono le strade con il loro profumo... La primavera sa di rinascita: quella della natura, ma anche la nostra.

Con la bella stagione e il risveglio della natura, ci sembra quasi di vivere una rinascita.
E di rinascita parla proprio Pablo Neruda nella sua “Chiedo il permesso di rinascere”, una profonda poesia che ci insegna a guardare la vita come un ciclo infinito, in cui non c’è vita senza la morte, e viceversa.

Rinascita della natura e del cuore

“Chiedo il permesso di rinascere” non appartiene al genere di poesie cui ci ha abituato Pablo Neruda: non si tratta di un componimento romantico, bensì di versi riflessivi, lirici, che concentrano la loro intensità sul tema della ciclicità della vita e della rinascita.

Ora più che mai, nella stagione primaverile, questa poesia ci fa ragionare su cosa significhi “fioritura”, “rinascita”: amiamo così tanto la bella stagione perché arriva dopo un periodo di buio, in cui tutto, a partire dalle specie vegetali ed animali, si è ibernato in attesa del caldo.

Solo dopo l’inverno, arriva la primavera; così come è solo dopo la morte che nasce la vita, come quando dalla terra e dal suo fertile humus spunta timida la vita, racchiusa nel germoglio di un fiore. La rinascita è questo: il ciclo dell’esistenza, in cui si alternano ombra e luce, morte e vita, dolore e gioia.

“Chiedo il permesso di rinascere” di Pablo Neruda

“Ora, lasciatemi in pace.
Ora, abituatevi alla mia assenza.
Io chiuderò gli occhi
e dirò solo cinque cose,
cinque radici preferite.

Una è l’amore senza fine.
La seconda è vedere l’autunno.
Non posso vivere senza che le foglie
volino e tornino alla terra.

La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.

La quarta cosa è l’estate
rotonda come un’anguria.

La quinta sono i tuoi occhi.
Non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io tramuto la primavera
affinché tu continui a guardarmi.

Amici, questo è quanto voglio.
E’ quasi nulla ed è quasi tutto.

Ora se volete andatevene.
Ho vissuto tanto che un giorno
dovrete per forza dimenticarmi,
cancellarmi dalla lavagna:
il mio cuore è stato interminabile.
Ma perché chiedo silenzio
non crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario:
succede che sto per vivere.
Mai sentito così sonoro,
mai avuto tanti baci.
Ora, come sempre, è presto.
La luce vola con le sue api.

Lasciatemi solo con il giorno.
Chiedo il permesso di nascere”.

Pablo Neruda

Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, meglio noto con lo pseudonimo Pablo Neruda, nasce in Cile nel 1904 da un’umile famiglia, che cerca di garantirgli una vita serena e felice nonostante le difficoltà economiche.

Pablo Neruda va a scuola e si iscrive persino all’università ma, alla fine, non riesce a portare a termine gli studi, così decide di arruolarsi nel corpo diplomatico cileno.

Così, il giovane viaggia molto, poiché presta servizio in diversi paesi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Appassionato di lettere e scrittura, Pablo Neruda in Spagna fa la conoscenza di García Lorca e di Alberti, che diventano quasi una fonte di ispirazione per l’uomo, che si avvicina alla poesia modernista.

Allo scoppio della guerra civile, Pablo Neruda prende una netta posizione contro Franco, e si colloca sempre di più fra quegli intellettuali impegnati che guardano con favore al socialismo.

Perciò, rientrato in Cile, aderisce al Partito Comunista Cileno e si impegna politicamente. Sono questi gli anni in cui Neruda, infatti, viene eletto senatore. Quando la situazione politica cambia in Cile, e gli esponenti del Partito Comunista vengono esiliati, Pablo Neruda è costretto a lasciare nuovamente il suo paese per poi rientrarvi, grazie ad un’amnistia, nel 1952.

Nel frattempo, la sua produzione poetica diventa sempre più amata e celebrata, tanto che nel 1971 viene insignito del Nobel per la Letteratura. Pablo Neruda, che viene riabilitato politicamente con l’elezione del presidente Allende, muore in Cile nel 1973.

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