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La ricchezza di sapere che tutto ha una fine, la poesia dell’imperatore Adriano

Occorrono sincerità e coraggio per affrontare con serenità il fatto che tutto fluisca, che ogni cosa abbia un inizio e una fine. L’imperatore Adriano, con la sua breve poesia recitata in punto di morte, ci insegna ad acquistare la consapevolezza necessaria per guardare “la morte a occhi aperti”.

Publio Elio Traiano Adriano, più semplicemente noto come Adriano, è stato uno degli imperatori adottivi dell’Impero Romano, che ha governato dal 117 fino alla morte, avvenuta nel 138. Innamorato della cultura ed in particolare della tradizione greca, Adriano viaggiò molto e cercò di valorizzare le province dell’Impero.

È ricordato per la sua magnanimità, per i suoi numerosi interessi artistici e culturali e per essere il protagonista di un’opera meravigliosa, “Le memorie di Adriano”, scritta da Marguerite Yourcenar nel 1951.

L’imperatore Adriano nasceva il 24 gennaio del 76 d.C. ad Italica. In occasione del suo anniversario di nascita vogliamo portarvi alla scoperta di una sua breve poesia che in pochi versi è capace di emozionare e scatenare una riflessione su quanto sia difficile e al contempo importante essere consapevoli del tempo che abbiamo a disposizione e di come nulla sia eterno.

Piccola anima smarrita e soave dell’imperatore Adriano

“Piccola anima smarrita e soave, compagna
e ospite del corpo, ora t’appresti a
scendere in luoghi incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti”.

Animula vagula blandula 

“Animula vagula  blandula
Hospes comesque corporis,
Quae nunc abibis in loca
Pallidula  rigida  nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos”.

“Entrare con la morte a occhi aperti”

Si racconta che Adriano abbia recitato questa poesia poco prima di spirare. La dolcezza dei vezzeggiativi latini e il suono accogliente e liquido dei versi ci accompagna come in un armonico fluire verso la riflessione sui temi esistenziali che tutti, prima o poi nella vita, si sono accinti ad affrontare. La morte, così come la fine più in generale, sono realtà naturali, che non vanno temute, bensì guardate bene, pensate, attese.

Soltanto così si vive con cognizione di causa. La piccola anima, “smarrita e soave” all’idea di lasciare il corpo, è un’immagine che infonde quella sana malinconia che ci fa comprendere il valore incommensurabile degli attimi che troppo spesso sprechiamo in attività e distrazioni inutili.

Finché siamo in tempo, e finché nutriamo aspirazioni, desideri e sogni – anche quelli che ci sembrano irrealizzabili -, pensiamo alla morte, e al fatto che tutte le cose abbiano un inizio ed una conclusione: solo “entrando con la morte a occhi aperti” possiamo riuscire a guardare la nostra vita a occhi aperti.

Vi lasciamo con la piccola strofa che Marguerite Yourcenar ha aggiunto alla poesia di Adriano, perché forse un po’ tutti noi abbiamo bisogno di leggere queste parole una volta nella vita, o anche di più:

“Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari,
le cose che certamente non vedremo mai più.
Cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti”.

Marguerite Yourcenar

Dai romanzi biografici ambientati in epoche remote “Memorie di Adriano” e “L’opera al nero”, ai suggestivi racconti delle “Novelle orientali”, dal saggio “Il segreto e il sacro. Saggi sulla letteratura e sulla traduzione” alle poesie racchiuse ne “I doni di Alcippe”, l’autrice franco-belga ci ha lasciato un’eredità di inestimabile valore culturale.

Marguerite Yourcenar nasce a Bruxelles l’8 giugno 1903, da una famiglia per metà francese e per metà belga. Da sempre appassionata di lettere e di cultura classica, compone poesie, scrive carnets di memorie per poi comporre i suoi romanzi, riflette sulla vita, sull’amore e sul tempo che passa in saggi e racconti. La sua vita, contraddistinta dalla costante del viaggio e dal grande amore per la compagna Grace Frick, si spegne nel Maine, il 17 dicembre 1987.

“Le memorie di Adriano”

Il capolavoro di Marguerite Yourcenar unisce al cesello perfetto della ricostruzione storica il coraggio di presentare a tutto tondo un grand’uomo, l’altezza del suo pensiero, la disponibilità intellettuale, le intuizioni profetiche, donandoci non già un saggio erudito, ma un libro dei giorni nostri, e dei giorni a venire.

Perché, come ha scritto la Yourcenar, «non siamo i soli a guardare in faccia un avvenire inesorabile». I Taccuini di appunti dell’autrice (annotazioni di studio, lampi di autobiografia, ricordi, vicissitudini della scrittura) perfezionano la conoscenza di un’opera che fu pensata, composta, smarrita, corretta per quasi un trentennio. La nota della traduttrice, Lidia Storoni Mazzolani, ci regala la storia di un’amicizia nata lavorando alla versione italiana.

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