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“La primavera non c’è più”, una poesia di Bertolt Brecht per riconnetterci con la natura

"La primavera non c'è più". La stiamo uccidendo con i nostri comportamenti dannosi, con le nostre politiche scellerate.

La primavera non c’è più“. È il titolo della poesia che Bertolt Brecht ha dedicato alla natura e alla sua straordinarietà, che rischiamo di perdere a causa dei nostri comportamenti irresponsabili e poco lungimiranti.

Prendersi cura della terra

“La primavera non c’è più” è un inno alla bellezza della natura che rischia di scomparire a causa dell’incuria di noi uomini. Cantando la straordinarietà della primavera e degli ambienti naturali, Bertolt Brecht porta avanti una forte critica nei confronti del nostro operato, incentrato sul guadagno e sulla sete di risorse e potere:

“Molto tempo prima.
Che ci gettassimo su petrolio, ferro e ammoniaca
C’era ogni anno
Il tempo degli alberi che verdeggiavano irresistibili e violenti.

Noi tutti ricordiamo
I giorni più lunghi
Il cielo più chiaro
L’aria mutata
Della primavera destinata a venire”

La primavera è dipinta come una stagione leggendaria, che non esiste più perché distrutta da “petrolio, ferro e ammoniaca”, da secoli di maltrattamenti che abbiamo inflitto al nostro mondo. Un ricordo mitico che rimane impresso nel cuore di chi l’ha vissuta, sempre più difficile da ammirare e da vivere.

“La primavera non c’è più” di Bertolt Brecht

“Molto tempo prima.
Che ci gettassimo su petrolio, ferro e ammoniaca
C’era ogni anno
Il tempo degli alberi che verdeggiavano irresistibili e violenti.

Noi tutti ricordiamo
I giorni più lunghi
Il cielo più chiaro
L’aria mutata
Della primavera destinata a venire.

Ora leggiamo nei libri
Di questa celebrata stagione
E pure da molto tempo
Non sono stati scorti sulle nostre città
I famosi stormi di uccelli.

La gente ancora seduta sui treni è la prima
A sorprendere la primavera.
Le pianure la mostrano
Nell’antica chiarezza.
Certo negli alti spazi sembrano passare tempeste:
Esse toccano solo le nostre antenne”.

Chi è Bertolt Brecht

Eugen Berthold Friedrich Brecht, conosciuto come Bertolt Brecht, nasce in Germania nel 1898 in una famiglia borghese. Cresce schivo e solitario; i frequenti problemi di salute gli impediscono di trascorrere un’infanzia spensierata.

Nel 1913 comincia a scrivere i suoi primi componimenti. Prosegue gli studi con scarso interesse, più appassionato all’arte, al cinema e alla letteratura.

Quando nel 1920 muore la madre, Bertolt Brecht rompe tutti i legami con Augusta, la città di origine, e si trasferisce a Monaco, città culturalmente ricca e vivace. Qui, infatti, Brecht si entra a far parte della Lachkeller, la “Cantina delle risate”, un gruppo diretto dal famoso cabarettista Karl Valentin, che si esibisce in spettacoli comici e clowneschi.

Questa esperienza influenza moltissimo il lavoro dell’autore che, in questo periodo caratterizzato dalle espressioni dadaiste e futuriste, si interessa sempre di più ai poeti ribelli, come i francesi Villon, Rimbaud e Verlaine e il drammaturgo tedesco Büchner.

I componimenti di Brecht, che prima erano più incentrati sul patriottismo e sulla grandezza della Germania, adesso si focalizzano sulla povertà del popolo: la fame, la guerra, la miseria, l’emarginazione e la povertà sono tematiche che il poeta tratta facendo uso della pietas e riesumando la forma semplice e tradizionale della ballata. Bertolt Brecht diventa sempre più famoso.

Gira l’Europa e conosce molti intellettuali dell’epoca. Alcune delle sue opere teatrali causano tensioni con i governi dei paesi in cui esse vengono rappresentate, come avviene più volte a Berlino Est.

Il suo teatro, che ha fortemente influenzato l’arte scenica del Novecento, lo rende celebre in tutto il mondo e lo fa entrare a pieno diritto nel canone artistico e letterario europeo. Muore nel 1956, a causa di un infarto cardiaco che è solo il culmine di un lungo periodo di malattia.

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