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L’eternità di Arthur Rimbaud, trovare l’infinito nella natura

In questa poesia Rimbaud contempla il connubio tra sole e mare e, osservandone l'immensità e la bellezza, comprende la natura dell'eternità.
“È ritrovata.
Che cosa? L’eternità.
È il mare mischiato
col sole”.

I versi di Arthur Rimbaud tratti da “L’eternità” traboccano di un senso di infinito; qui il poeta osserva il connubio tra sole e mare e, osservandone l’immensità e la bellezza, comprende la natura dell’eternità.

“L’eternità” di Arthur Rimbaud

È ritrovata.
Che cosa? L’eternità.
È il mare mischiato
col sole.
Anima sentinella,
mormoriamo la confessione
della notte così nulla
e del giorno infuocato.
Dagli umani suffragi,
dagli slanci comuni
là ti liberi
e voli dove vuoi.
Poiché soltanto da voi,
o braci di raso,
il dovere si esala
senza che si dica: finalmente.
Là, nessuna speranza,
nessun orietur.
Scienza con pazienza,
il supplizio è sicuro.
È ritrovata.
Che cosa? L’eternità.
È il mare mischiato
col sole.

“L’Eternité”

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

Ame sentinelle,
Murmurons l’aveu
De la nuit si nulle
Et du jour en feu.

Des humains suffrages,
Des communs élans
Là tu te dégages
Et voles selon.

Puisque de vous seules,
Braises de satin,
Le Devoir s’exhale
Sans qu’on dise : enfin.

Là pas d’espérance,
Nul orietur.
Science avec patience,
Le supplice est sûr.

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

La potenza della natura

Questa visione che l’autore rappresenta nella poesia “L’eternità” è un’epifania improvvisa, una rivelazione che si fa largo nell’io del poeta proiettandolo verso l’infinita potenza della natura. Con questi versi abbiamo a disposizione una dedica speciale nei confronti della natura e di tutto ciò che la compone, per quei momenti in cui ci sentiamo animati da un vibrante stupore al cospetto degli elementi naturali.

“L’eternità” è una vera e propria epifania, una poesia in cui Rimbaudla poesia, che di solito conosciamo come uno dei poeti maledetti della tradizione francese, si fa poeta veggente, tramite fra le cose visibili e quelle invisibili. Questi versi sembrano quasi una formula rituale, un cerchio magico che si apre e si chiude anaforicamente e ci proietta in un mondo parallelo fatto di simboli ed essenze.

Arthur Rimbaud

Jean Nicolas Arthur Rimbaud nasce nel 1854 a Charleville-Mézières, nella regione delle Ardenne. Data la professione del padre, capitano d’esercito, Arthur cresce esclusivamente con la madre, donna severa e rigida, molto preoccupata dell’educazione dei cinque figli, della rendita delle terre di cui è proprietaria e del buon nome della famiglia.

Nel 1862, Arthur entra all’Istituto Rossat. Allievo modello, durante gli studi ottiene innumerevoli gratificazioni e comincia a scrivere in versi. All’istituto il giovane conosce, grazie al suo professore di retorica, i grandi autori della letteratura francese. Se ne innamora. Nel 1870 cominciano le fughe che forniscono ispirazione ai versi di Rimbaud: la prima risale al 29 agosto, quando il giovane prende un treno per giungere a Parigi, ma viene fermato prima e arrestato per vagabondaggio.

Quando, dopo mesi, il poeta arriva finalmente a Parigi, Rimbaud si apre ad una vita piena di possibilità: amicizie con celebri poeti e artisti dell’epoca, espedienti di ogni genere per guadagnarsi da vivere, versi visionari, pieni di vitalità e colori. L’amicizia con Paul Verlaine diventa fondamentale per Arthur Rimbaud: insieme, i due decidono di abbandonare Parigi e partire alla volta del Belgio.

Belgio, Inghilterra, Germania, Svizzera, Italia e Africa sono soltanto alcune delle mete raggiunte da Rimbaud nel corso della sua breve vita, piena di avvenimenti e colpi di scena. Muore il 10 novembre 1891, a Marsiglia, a seguito di una grave gangrena al ginocchio che lo aveva fortemente debilitato e costretto ad un uso spropositato di morfina per calmare i dolori.

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