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“Il sogno” (1821) di Giacomo Leopardi, sublime poesia sul desiderio di poter amare ancora

Dopo la prematura di Teresa Fattorini, Giacomo Leopardi vive "Il sogno" di poter baciare l'amata, ma si sveglia consapevole della propria solitudine.

Il sogno di Giacomo Leopardi è una bellissima poesia che mette in scena il desiderio d’amore per una ragazza portata via dalla malattia e quindi la terribile verità che non potrà mai vivere la sua vita con lei.

Leopardi sfrutta l’espediente del sogno per rievocare l’immagine della fanciulla e cantare il profondo sentimento che lo lega a lei. Il poeta esprime l’immenso dolore per la morte di Teresa Fattorini che il poeta ascoltava e guardava dal suo balcone prima che lei morisse. 

Secondo molte fonti sembra che l’ispirazione di scrivere “Il Sogno” venne al poeta dall’intenso desiderio di dare un bacio ad una giovane donna di Recanati, Teresa Brini. 

Il Sogno è il XV dei Canti, ovvero la raccolta della parte principale della produzione poetica di Giacomo Leopardi, pubblicata per la prima volta nel 1831.

Gustiamoci questa bella poesia per apprezzarne il significato

Il sogno di Giacomo Leopardi

Era il mattino, e tra le chiuse imposte
Per lo balcone insinuava il sole
Nella mia cieca stanza il primo albore;
Quando in sul tempo che più leve il sonno
E più soave le pupille adombra,
Stettemi allato e riguardommi in viso
Il simulacro di colei che amore
Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.

Morta non mi parea, ma trista, e quale
Degl’infelici è la sembianza. Al capo
Appressommi la destra, e sospirando,
Vivi, mi disse, e ricordanza alcuna
Serbi di noi? Donde, risposi, e come
Vieni, o cara beltà? Quanto, deh quanto
Di te mi dolse e duol: nè mi credea
Che risaper tu lo dovessi; e questo
Facea più sconsolato il dolor mio.

Ma sei tu per lasciarmi un’altra volta?
Io n’ho gran tema. Or dimmi, e che t’avvenne?
Sei tu quella di prima? E che ti strugge
Internamente? Obblivione ingombra
I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno;
Disse colei. Son morta, e mi vedesti
L’ultima volta, or son più lune. Immensa
Doglia m’oppresse a queste voci il petto.

Ella seguì: nel fior degli anni estinta,
Quand’è il viver più dolce, e pria che il core
Certo si renda com’è tutta indarno
L’umana speme. A desiar colei
Che d’ogni affanno il tragge, ha poco andare
L’egro mortal; ma sconsolata arriva
La morte ai giovanetti, e duro è il fato
Di quella speme che sotterra è spenta.

Vano è saper quel che natura asconde
Agl’inesperti della vita, e molto
All’immatura sapienza il cieco
Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara,
Taci, taci, diss’io, che tu mi schianti
Con questi detti il cor. Dunque sei morta,
O mia diletta, ed io son vivo, ed era
Pur fisso in ciel che quei sudori estremi
Cotesta cara e tenerella salma
Provar dovesse, a me restasse intera
Questa misera spoglia? Oh quante volte
In ripensar che più non vivi, e mai
Non avverrà ch’io ti ritrovi al mondo,
Creder nol posso. Ahi ahi, che cosa è questa
Che morte s’addimanda? Oggi per prova
Intenderlo potessi, e il capo inerme
Agli atroci del fato odii sottrarre.

Giovane son, ma si consuma e perde
La giovanezza mia come vecchiezza;
La qual pavento, e pur m’è lunge assai.
Ma poco da vecchiezza si discorda
Il fior dell’età mia. Nascemmo al pianto,
Disse, ambedue; felicità non rise
Al viver nostro; e dilettossi il cielo
De’ nostri affanni. Or se di pianto il ciglio,
Soggiunsi, e di pallor velato il viso
Per la tua dipartita, e se d’angoscia
Porto gravido il cor; dimmi: d’amore
Favilla alcuna, o di pietà, giammai
Verso il misero amante il cor t’assalse
Mentre vivesti? Io disperando allora
E sperando traea le notti e i giorni;
Oggi nel vano dubitar si stanca
La mente mia. Che se una volta sola
Dolor ti strinse di mia negra vita,
Non mel celar, ti prego, e mi soccorra
La rimembranza or che il futuro è tolto
Ai nostri giorni. E quella: ti conforta,
O sventurato. Io di pietade avara
Non ti fui mentre vissi, ed or non sono,
Che fui misera anch’io. Non far querela
Di questa infelicissima fanciulla.

Per le sventure nostre, e per l’amore
Che mi strugge, esclamai; per lo diletto
Nome di giovanezza e la perduta
Speme dei nostri dì, concedi, o cara,
Che la tua destra io tocchi. Ed ella, in atto
Soave e tristo, la porgeva. Or mentre
Di baci la ricopro, e d’affannosa
Dolcezza palpitando all’anelante
Seno la stringo, di sudore il volto
Ferveva e il petto, nelle fauci stava
La voce, al guardo traballava il giorno.

Quando colei teneramente affissi
Gli occhi negli occhi miei, già scordi, o caro,
Disse, che di beltà son fatta ignuda?
E tu d’amore, o sfortunato, indarno
Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
Son disgiunte in eterno. A me non vivi
E mai più non vivrai: già ruppe il fato
La fe che mi giurasti. Allor d’angoscia
Gridar volendo, e spasimando, e pregne
Di sconsolato pianto le pupille,
Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
Pur mi restava, e nell’incerto raggio
Del Sol vederla io mi credeva ancora.

Il sogno di un bacio all’amata, la metafora di una vita in solitudine

Il sogno di Giacomo Leopardi fu scritta tra la fine del 1820 e l’inizio ’21 a Recanati e fu pubblicata in modo anonimo, nel giornale bolognese Il Caffè di Petronio il 13 agosto 1825), col titolo Il sogno. Elegia (inedita).

Ebbe ulteriore pubblicazione nel “Nuovo Ricoglitore” di Milano nel gennaio 1826 e nella raccolta di Bologna 1826 col sottotitolo Idillio. Questi scompare a partire dall’edizione di Firenze 1831.

Leopardi nella poesia descrive il proprio incontro in sogno con una giovane fanciulla defunta. Secondo molti l’ipsirazione è legata alla lettura di due opere del Petrarca, ovvero Trionfo della Morte e la canzone CCCLIX delle Rime Quando il soave, mio fido conforto.

Si posso trovare riferimenti anche in Del fingere poetando un sogno, del dicembre 1820, scritta sempre da Giacomo Leopardi.

Sono due, in realtà, le muse ispiratrici de Il Sogno. Lo conferma i Ricordi d’infanzia e di adolescenza, dove Leopardi narra della prematura morte di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di Casa Leopardi, morta di tisi a ventun anni il 30 settembre 1818.

La giovane donna viveva di fronte a palazzo Leopardi. La seconda è una coetanea del poeta, Teresa Brini, la figlia di un artigiano di Recanati, per la quale l’autore provava un intensa passione.

Cosa ci racconta la poesia

Ne Il Sogno, Giacomo Leopardi ispirandosi al Petrarca afferma di aver sognato la sua amata. Lei si era avvicinata al poeta chiedendo se lui si ricordasse di lei. Leopardi risponde positivamente e le chiede che cosa la tormenti.

La fanciulla gli risponde che era morta nel fiore degli anni quando ancora c’è tutta una vita davanti da scoprire. Leopardi le manifesta che avrebbe di fatto preferito vivere lui la quella ferita. Teresa fa presente che ad entrambi il destino aveva riservato una vita al pianto.

Il poeta di Recanati in lacrime le chiede se avesse provato qualcosa per lui. Teresa lo rincuora e gli dice che, durante la sua vita, aveva avuto moltà pietà per lui.

A questo punto lui la prega di avvicinare la mano destra al suo petto e lei gentilmente accoglie la richiesta. Leopardi, ansimante e pieno di sudore, accosta la mano destra della ragazza al suo cuore e la bacia.

La giovane donna, guardandolo attentamente negli occhi, gli dice che ormai lei è priva di bellezza fisica e lui freme di amore inutilmente. Gli suggerisce di non vivere più nel ricordo di lei,  perché il destino ha spezzato l’amore e la fedeltà che lui le aveva giurato in vita.

A questo punto il poeta, ansimando e piangendo, si risveglia dal sonno anche se ha la fanciulla ancora negli occhi e sembra vederla nella luce tenue della stanza.

Che cosa vuol far emergere Giacomo Leopardi con questa poesia

Attraverso Il sogno, l’autore manifesta il profondo bisogno di poter esprimere tutto il suo duro dolore per la morte di Teresa Fattorini. Anche se l’ispirazione alla poesia gli venne dall’intenso desiderio di voler baciare un’altra giovane donna di Recanati, Teresa Brini.

La poesia dà voce al mondo interiore e sentimentale di Giacomo Leopardi. Tutto trova conferma attraverso la stessa testimonianza di Leopardi. In Ricordi di infanzia e di adolescenza lui dice esplicitamente:

che io allora solo in sogno per la primissima volta provai che cosa sia questa sorta di consolazione con tal verità che svegliatomi subito e riscosso pienamente vidi che il piacere era stato appunto qual sarebbe reale e vive e restai attonito e conobbi come sia vero che tutta l’anima si possa trasfondere in un bacio e perder di vista tutto il mondo come allora proprio mi parve e svegliato errai un pezzo…(Giacomo Leopardi , Canti – a cura di Lucio Felici – Newton & Compton editori – Pag. 308).

La morte di Teresa Fattorini l’evento più devastante per Leopardi

Da ciò che abbiamo potuto evincere, attraverso “il sogno” il genio di Recanati comprende che potrà più amare nella sua vita. La morte della fanciulla, che in giovane età aveva mostrato di avere una certa pietà ed amore per il poeta, costituisce l’evento più terrificante e devastante per Leopardi.

Egli fin da giovanissimo sperava di potere amare la giovane Teresa e di esserne ricambiato. Amava quella ragazza, anche perché era l’unica che le mostrava dei sentimenti.

Dopo la morte di Teresa Fattorini,  al poeta non rimane che rinchiudersi nella sua solitudine e a disperarsi sempre più. Il destino gli ha riservato il peggiore dei mali, vivere privo dell’illusione di poter vivere l’amore, la passione, il desiderio. 

Non gli rimane che accettare di vivere nella propria solitudine, nella speranza che quel sogno possa diventare reale e poter baciare la donna della sua vita.

Quando si perde una persona ancora in tenera età tutto diventa tragedia

Dalla poesia emerge ancora la dura riflessione che la morte della persona amata, soprattutto in giovane età, lascia un solco, una ferita nell’anima di difficile rimarginazione. 

Morire giovani è la pena più grande. Non ci sarà mai consolazione per i familiari e per gli amici della persona che lascia il nostro mondo. . La perdita di un giovane nel fiore degli anni è un doloroso evento, intenso e tremendo, che non dovrebbe capitare a nessuno.

Leopardi con questo messaggio afferma che è inutile per un giovane, che muore nel pieno della sua giovinezza, sapere cosa la vita gli avrebbe riservato. Pensiamo, e su questo concordiamo con il poeta, che sia già difficile accettare la morte come un fatto naturale.

Diventa qualcosa di  inconcepibile ed ingiustificabile quando colpisce all’improvviso una bambino, un ragazzo, un giovane, in generale.

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