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“Ho sceso, dandoti il braccio” di Eugenio Montale, una poesia sull’amore davanti alla prova del tempo

"Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale".
Riscopriamo la toccante lirica di Eugenio Montale, una delle più belle dichiarazioni d'amore della poesia italiana, in occasione del compleanno dell'autore ligure.

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino”.

Emozionante, struggente, eloquente in pochi versi. “Ho sceso, dandoti il braccio” è una delle liriche più conosciute di Eugenio Montale, chel’ha dedicata alla moglie, Drusilla Tanzi.

Riscopriamo il testo e il significato di questa toccante poesia, scritta nel 1967 e contenuta all’interno della raccolta poetica nota come “Satura“, in occasione del compleanno del celebre poeta ligure, nato il 12 ottobre 1896 a Genova.

“Ho sceso, dandoti il braccio” di Eugenio Montale

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Un “lungo viaggio” troppo breve

Nei versi di “Ho sceso, dandoti il braccio”, il poeta descrive con tenerezza la figura della moglie, ricordandola per il buon senso e la saggezza.

L’utilizzo dell’iperbole “un milione di scale” sottolinea la lunga durata della vita vissuta insieme alla compagna, la cui scomparsa genera nell’autore un profondo senso di solitudine: “ad ogni gradino”, Montale ripensa a tutte le difficoltà affrontate insieme alla compagna di vita, e si sente solo al suo ricordo.

Le scale si fanno un’eloquente metafora di tutta una vita trascorsa insieme, un “viaggio” apparentemente “lungo” ma in realtà “breve”: perché il tempo passato con la persona che amiamo non è mai troppo lungo.

Un faro che indica il cammino

La seconda strofa della poesia riprende con ancor più forza lo stretto legame che univa Montale alla moglie.

Attraverso la sineddoche rappresentata dalle pupille, chiaro riferimento alla miopia della moglie, Eugenio Montale sottolinea la capacità della sua amata compagna di saper penetrare il senso delle cose al di là delle apparenze. Drusilla era il faro che indicava il cammino del poeta e dell’uomo, il sostegno e la guida della sua vita.

“Ho sceso, dandoti il braccio” è una delle più belle e profonde dichiarazioni d’amore della poesia italiana.

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Il padre di Eugenio è infatti proprietario di una ditta che produce prodotti chimici. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dalla salute precaria, che non permette al giovane di condurre la vita gioiosa e spensierata che si addice ai ragazzi della sua età.

A causa delle continue polmoniti, Eugenio Montale viene indirizzato verso gli studi tecnici, più rapidi e meno impegnativi di quelli classici.

Diplomatosi in ragioneria con ottimi voti nel 1915, coltiva tuttavia la passione per la cultura umanistica studiando da autodidatta e frequentando le lezioni di filosofia della sorella Marianna, iscritta alla facoltà di Lettere e Filosofia.

Intanto, la Prima Guerra Mondiale esige nuove reclute.

È così che, nel 1917, Montale viene arruolato nella fanteria dopo aver svolto il servizio militare e combatte fino al 1920, quando viene congedato con il grado di tenente.

Negli anni ’20, il fascismo comincia a diffondersi in Italia. Eugenio Montale è uno dei tanti intellettuali che nel 1925 sottoscrive il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” concepito da Benedetto Croce.

Questo è un anno fondamentale nella vita del poeta: al 1925 risale, infatti, la prima pubblicazione di “Ossi di seppia”, che segna un punto di svolta nella carriera letteraria di Montale.

Nel 1927, Eugenio Montale si trasferisce a Firenze, dove collabora con importanti riviste e dirige il Gabinetto Vieusseux, incarico da cui viene allontanato nel 1938 a causa della sua riluttanza nei confronti del fascismo.

Nonostante ciò, il soggiorno fiorentino è uno dei periodi più pieni e vivaci della vita di Montale, che qui compone le “Occasioni” e incontra per la prima volta Irma Brandeis e in seguito anche Drusilla Tanzi, che diventerà moglie del poeta.

Eugenio Montale si trasferisce a Milano nel 1948. Qui, comincia a collaborare con il Corriere della Sera, giornale per cui scrive critiche letterarie, reportage e articoli più generici.

Montale continua a pubblicare opere in versi e in prosa, nel 1962 sposa finalmente Drusilla Tanzi, dopo 23 anni di fidanzamento.

Il matrimonio non è destinato a durare: Drusilla muore nell’ottobre del 1963, dopo un periodo di dolore e malattia. A lei è dedicata la raccolta “Xenia”. La poesia montaliana si fa più cupa, disillusa: i versi cantano il distacco dalla vita, i cambiamenti della modernità, le trasformazioni culturali.

Nel 1975, il poeta viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”.

Muore il 12 settembre 1981 nella clinica San Pio X. Viene sepolto a Firenze, accanto alla moglie Drusilla.

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