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La luna come metafora dei nuovi inizi, il potente haiku di Mizuta Masahide

Un haiku potentissimo, che racconta di dolore, rinascita, cambiamento e nuovi inizi attraverso la metafora della luna.

Conosci l’arte arte degli haiku? Questi antichi componimenti giapponesi hanno fatto il giro del mondo per via della loro singolarità. Brevi, semplici e in apparenza immediati, esprimono emozioni indicibili con grazia e potenza. Oggi ne scopriamo uno di Mizuta Masahide, un haiku dedicato al tema del cambiamento, che sfrutta l’immagine della luna per raccontare i nuovi inizi.

L’haiku di Mizuta Masahide

Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.

Gli haiku

Hanno ispirato poeti del calibro di Rilke, Eluard, Quasimodo e Ungaretti. Hanno affascinato lettori di tutto il mondo, anche quelli normalmente non avvezzi alla poesia.

Gli haiku, caratteristici componimenti di matrice giapponese, sono nati nel lontano Oriente nel XVII secolo, e nel giro di poco tempo si sono diffusi dappertutto, grazie alla loro natura straordinaria e fuori dal comune.

Si tratta di brevissime poesie, composte da tre versi che seguono uno schema metrico ben preciso. Sono parole fortemente evocative, immagini, visioni che catapultano chi legge in un mondo interiore che indaga temi universali quali la solitudine, il tempo, la sofferenza, la nostalgia, il mistero, la leggerezza e la delicatezza.

Particolarità degli haiku sono l’assenza del titolo, che priverebbe di immediatezza il componimento, e la presenza frequente di un richiamo alle stagioni dell’anno e alla natura, che riveste un ruolo di prim’ordine nell’immaginario giapponese.

Evocare emozioni

La straordinarietà dell’haiku risiede nella sua stessa natura. Si tratta di una di quelle forse d’arte in cui ha più importanza il non espresso, il non detto.

Dei tre versi che abbiamo appena letto non ci colpisce il lessico, piuttosto comune, o la metrica, seppur frutto di regole e schemi ben precisi afferenti alla tradizione. Non ci colpisce nemmeno la musicalità. Ciò che scaturisce dalla lettura, rapida come un fulmine, è un’immagine.

Fuoco. Il tetto che brucia e, incenerendosi, si lacera producendo un buco, su cui “ora” campeggia la luna. Quel termine che compare in solitaria nel secondo verso, “ora“, riveste un ruolo fondamentale; è la chiave di tutto l’haiku. Non il tetto, né la luna. L’ora. Il momento presente, che si rivela in tutta la sua forza grazie al tragico evento del tetto bruciato.

E allora viene naturale interrogarsi sulla forza degli haiku, sul modo quasi magico che hanno di dipingere immagini e stati d’animo con termini semplici e scontati come quelli del “tetto”, della “luna”, del “bruciato”, dell'”ora”.

Gli haiku sono componimenti dell’anima, capaci di evocare emozioni indescrivibili a parole.

Luna, incendi e cambiamenti

Nell’haiku che abbiamo appena letto c’è un elemento che emerge con forza rispetto agli altri: il cambiamento. Quante volte siamo spaventati dinanzi alla prospettiva del dolore? Quante volte soffriamo ancor di più perché non riusciamo ad attraversare la nostra sofferenza? Eppure, è parte integrante della vita: non ci sarebbe felicità senza dolore. Non ci sarebbe nemmeno evoluzione.

Se siamo capaci di andare oltre, di lasciarci andare e farci trasportare dal flusso della vita senza però cadere sopraffatti, ci accorgiamo che da ogni fine nasce un nuovo inizio.

Il tetto brucia. Dolore, panico, paura, nostalgia di ciò che è stato. Non dimentichiamo, però, di sollevare gli occhi al cielo: la luna è lì, e possiamo vederla soltanto adesso, dopo l’incendio. Adesso che siamo pronti, che siamo rinati.

Mizuta Masahide

L’autore di questo meraviglioso haiku è Mizuta Masahide (水田 正秀, 1657–1723), un poeta samurai vissuto nel XVII secolo in Giappone. Di lui si hanno scarse notizie: Masahide è stato allievo di Matsuo Bashō, il più grande poeta del Periodo Edo, ha studiato medicina e praticato la professione a Zeze.

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