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“Donne appassionate”, la poesia di Cesare Pavese che celebra la femminilità

In "Donne appassionate" Cesare Pavese celebra la femminilità mettendola a confronto con la bellezza della natura.

Le “Donne appassionate” di Cesare Pavese sono bagnanti spensierate, che si gettano fra le braccia delle onde del mare in una sera d’estate che si affaccia nella memoria del poeta.

Sensuali, in piena sintonia con la natura che abitano, le protagoniste del componimento di Pavese ci ricordano la straordinaria bellezza della figura femminile, che fra qualche giorno celebreremo in occasione della Giornata internazionale della Donna.

La sensualità della donna e della natura

“Donne appassionate” è una poesia racchiusa in “Lavorare stanca“, la raccolta che rivela il talento di Cesare Pavese e mostra la sua propensione per la descrizione della realtà velata di immagini solitarie ed a tratti eteree.

“Le ragazze al crepuscolo scendono in acqua,
quando il mare svanisce, disteso. Nel bosco
ogni foglia trasale, mentre emergono caute
sulla sabbia e si siedono a riva. La schiuma
fa i suoi giochi inquieti, lungo l’acqua remota”.

Notiamo sin da subito come in “Donne appassionate” la figura femminile appaia inscindibile dalla natura, che nei versi dell’autore si declina in due paesaggi diversi, il mare ed il bosco, entrambi intrisi di sensualità ed entità oniriche.

Tutta la poesia è una celebrazione delle donne, che appaiono dapprima in una visione corale di spensieratezza e fascino silvano, per poi diradarsi, facendo spazio ad un’unica figura, quella di una donna-musa, probabilmente la Bianca Garufi che ha ispirato i “Dialoghi con Leucò“, che con la sua bellezza fuori dal comune abbaglia il mondo intero.

“Donne appassionate” di Cesare Pavese

“Le ragazze al crepuscolo scendono in acqua,
quando il mare svanisce, disteso. Nel bosco
ogni foglia trasale, mentre emergono caute
sulla sabbia e si siedono a riva. La schiuma
fa i suoi giochi inquieti, lungo l’acqua remota.

Le ragazze han paura delle alghe sepolte
sotto le onde, che afferrano le gambe e le spalle:
quant’è nudo, del corpo. Rimontano rapide a riva
e si chiamano a nome, guardandosi intorno.
Anche le ombre sul fondo del mare, nel buio,
sono enormi e si vedono muovere incerte,
come attratte dai copi che passano. Il bosco
è un rifugio tranquillo, nel sole calante,
più che i greto, ma piace alle scure ragazze
star sedute all’aperto, nel lenzuolo raccolto.

Stanno tutte accosciate, serrando il lenzuolo
alle gambe, e contemplano il mare disteso
come un prato al crepuscolo. Oserebbe qualcuna
ora stendersi nuda in un prato? Dal mare
balzerebbero le alghe, che sfiorano i piedi,
a ghermire e ravvolgere il corpo tremante.
Cl son occhi nel mare, che traspaiono a volte.

Quell’ignota straniera, che nuotava di notte
sola e nuda, nel buio quando muta la luna,
è scomparsa una notte e non torna mai più.
Era grande e doveva esser bianca abbagliante
perché gli occhi, dal fondo del mare, giungessero a lei”.

Cesare Pavese

Cesare Pavese (1908-1950) è senza ombra di dubbio uno degli autori più importanti della letteratura italiana, uno scrittore e poeta che merita di essere scoperto e apprezzato anche dai lettori contemporanei. Considerato uno degli interpreti più significativi del Novecento, l’autore di “Donne appassionate” ha raccontato nei suoi romanzi e nelle sue poesie, molte delle quali pubblicate postume, la realtà popolare e contadina, ma con uno sguardo sempre rivolto altre letterature europee. Fu tra i primi a interessarsi alla letteratura statunitense, di cui fu anche traduttore.

“Lavorare stanca”

La raccolta che rivelò Pavese scrittore concentra e mette a fuoco un intero universo esistenziale, quello che sarà successivamente declinato nei romanzi e nei racconti.

La Torino dei viali, dei corsi, dei prati, delle sponde del Po, delle strade in salita fra siepe e muro, popolata da creature sradicate e notturne; una campagna che non è solo e necessariamente Langa, ma tende a trasfigurarsi in una dimensione mitica e primordiale; un io che rimane distinguibile, nell’irredimibilità della propria solitudine e nell’anelito amoroso e fantastico, pur se mimetizzato nel racconto di vicende altrui.

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