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“Dinosauria, noi”, la poesia di Bukowski che scava negli orrori del mondo

Lo scrittore e poeta Charles Bukowski ha saputo nelle sue opere raccontare la crudezza della realtà, come nella poesia “Dinosauria, noi”, in cui l’autore descrive le storture del mondo e dell’uomo.

Tra le poesie dello scrittore e poeta Charles Bukowski, ricordiamo “Dinosauria, noi”, un potente componimento concepito pochi anni prima della morte in cui l’autore descrive le storture del mondo e dell’uomo. Leggiamolo insieme.

“Dinosauria, noi”

Nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora Morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato

Siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente matte
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate
siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo
ci muoviamo e viviamo in tutto ciò
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo
il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare
siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni
che presto non potrà nemmeno pagare gli interessi su quel debito
e le banche bruceranno
il denaro sarà inutile
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l’energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un’esplosione dopo l’altra
uomini robot radioattivi si inseguiranno l’un l’altro
il ricco e lo scelto staranno a guardare da piattaforme spaziali
l’inferno di Dante sarà fatto per somigliare a un parco giochi per bambini
il sole sarà invisibile e sarà la notte eterna
gli alberi moriranno
e tutta la vegetazione morirà
uomini radioattivi si nutriranno della carne di uomini radioattivi
il mare sarà avvelenato
laghi e fiumi spariranno
la pioggia sarà il nuovo oro
la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento oscuro
gli ultimi pochi superstiti saranno oppressi da malattie nuove ed orrende
e le piattaforme spaziali saranno distrutte dalla collisione
il progressivo esaurimento di provviste
l’effetto naturale della decadenza generale
e il più bel silenzio mai ascoltato
nascerà da tutto questo.
il sole nascosto
attenderà il capitolo successivo.

“Siamo nati così”

Inserita nella raccolta “The last night of the earth poems” (1994), “Dinosauria, noi” è una lunga poesia in cui Charles Bukowski parla dell’essere umano e del mondo distorto in cui egli vive. Si tratta di 74 versi, di lunghezza e ritmo variabile, impregnati del “realismo sporco” che contraddistingue la produzione letteraria dell’autore americano.

Ad una prima strofa di 9 versi ne seguono altri 65 che si leggono tutto d’un fiato. Non c’è punteggiatura, non ci sono versi standard.
“Siamo nati così”, scrive Bukowski; siamo nati “in mezzo a tutto questo”, come se il mondo fosse una grande matassa di problemi, difficoltà, insensatezze. Impossibile districarla, e forse anche inutile.

Siamo nati in mezzo a uomini incuranti degli altri uomini (“tra facce di gesso che ghignano”), in una società all’incontrario (“mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea”), in un ambiente guasto (“mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa”), dove il sole, che di solito è simbolo di vitalità e splendore, “è mascherato”, i suoi raggi sono come schermati dalla brutalità della vita.
Il lessico disforico è il grande protagonista di questo componimento, in cui tutto è rotto, il cuore è “annerito”, e “le dita cercano la gola/la pistola/il coltello/la bomba”.

L’uomo di Bukowski non nasce cattivo e insensibile. Lo diventa perché immerso in un mondo torbido e privo di bellezza.
Le immagini si susseguono rapide e, come se vedessimo dei velocissimi sketch, siamo indotti a riflettere su quanto la condizione descritta nel componimento sia quella che viviamo oggi: le “malattie nuove”, gli “uomini radioattivi”, il cibo che “diventerà un rendimento decrescente”, le “guerre attentamente matte”. Non mancano, infatti, né i problemi sociali, né le guerre, né le altre storture di cui parla l’autore.
Il sole, che nella poesia compare più volte, alla fine sarà l’ultimo superstite, e resterà ad osservare una terra in silenzio, in attesa del “capitolo successivo”.

Charles Bukowski

Henry Charles Bukowski Jr. nasce ad Andernach, in Germania, nel 1920, da padre statunitense e madre tedesca. Noto anche con il nome del suo alter-ego letterario, Henry Chinaski, Bukowski è autore di numerose opere, fra cui romanzi, racconti e poesie. Viene associato alla corrente del cosiddetto “realismo sporco”, sviluppatasi negli Stati Uniti fra gli anni ’60 e gli anni ’80 del Novecento e di cui fa parte anche Raymond Carver.

Il piccolo Charles si trasferisce con i genitori negli Stati Uniti all’età di 3 anni. Los Angeles resterà sempre il luogo delle narrazioni dell’autore, affascinato ed anche deluso da ciò che la città gli ha offerto. Dopo essersi diplomato, Bukowski segue dei corsi di arte, giornalismo e letteratura. Comincia a scrivere all’età di 24 anni. Non smette più fino alla morte, producendo innumerevoli opere fra cui molti racconti brevi, caratterizzati da una realistica asciuttezza.

A partire dal 1960 lavora negli Uffici Postali della città, e nel 1962 resta traumatizzato dalla morte della donna che ama, Jane Cooney Baker.
Da questo tragico avvenimento hanno origine strazianti racconti e poesie che sprigionano il dolore di una vitalità e di un amore perduti per sempre. Nel 1969 Bukowski abbandona il lavoro alle poste per scrivere a tempo pieno, spinto dall’offerta dell’editore “Black Sparrow”.

La fama continua a crescere e la vita dell’uomo diviene sregolata, strabordante di vizi e sregolatezza: l’alcol, il fumo e il sesso diventano un grande topos della sua produzione letteraria. Nel 1988 si ammala di tubercolosi, ma continua a scrivere, instancabile. Muore il 9 marzo 1944, stroncato da una leucemia fulminante.

 

 

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