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“La conchiglia marina”, frammento di mare e poesia che ci ricorda l’infanzia

"La conchiglia marina" è un breve frammento di Alceo, tradotto da Salvatore Quasimodo, capace di trasportarci, anche se per un attimo, al tempo in cui eravamo bambini ed una conchiglia era in grado di stupirci e incantarci per ore.

Vi ricordate quando, innocenti e spensierati, andavate al mare e vi ritrovavate ad ammirare una conchiglia sulla battigia? Il frammento lirico di Alceo, che vi presentiamo nella splendida traduzione di Salvatore Quasimodo, ci ricorda proprio queste sensazioni, i ricordi di un’infanzia perduta che tuttavia ogni tanto ritorna negli stati d’animo di quiete e leggerezza, soprattutto nella bella stagione.

“La conchiglia marina”

“O conchiglia marina, figlia
della pietra e del mare biancheggiante,
tu meravigli la mente dei fanciulli”.

Frammenti di mare

Questi versi potrebbero essere catalogati come “frammento” per almeno tre ragioni: frammento poetico è il genere di composizione a cui si rifà Alceo per la sua breve poesia, fatta di attimi e immagini rapide che suscitano forti emozioni in chi legge. Frammento, un frammento di mare, è il soggetto raffigurato da Alceo: una conchiglia, tanto semplice quanto affascinante, oggetto che richiama un sacco di altre immagini e che ci ricorda, soprattutto, un frammento della nostra storia personale.

Quando eravamo bambini, tutto era meraviglioso. Eravamo capaci di emozionarci per un nonnulla, di trarre conclusioni fantastiche da una realtà semplice come quella della conchiglia, di immaginare, sognare ed amare ogni istante della vita, ogni angolo del mondo, con spensieratezza ed allegria.

Ed è proprio questa gioia di vivere che vorremmo richiamare alla vostra attenzione proponendovi “La conchiglia marina”, perché in questi tre versi è racchiuso un mondo di colori, profumi e sogni che non si dovrebbe mai deteriorare, nemmeno con l’avanzare dell’età adulta.

Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo nasce a Modica nel 1901. Il padre è capostazione, quindi da piccolo Salvatore viaggia molto e anche la sua adolescenza trascorre serena all’insegna degli spostamenti in diversi paesi siciliani per via del lavoro paterno.

Eclettico per natura, Quasimodo si stanca subito delle attività cui si dedica. Nel corso dell’età adulta si destreggia con vari mestieri, fra cui il commesso, il disegnatore tecnico, il contabile, l’impiegato al genio civile…tutte mansioni che può svolgere grazie al suo diploma da geometra. Ma ciò che non lo stanca mai è lo studio delle lettere, a cui si dedica parallelamente alle attività saltuarie. Si appassiona così tanto ai classici e all’arte della scrittura che ben presto comincia a scrivere.

Intanto, a Milano ottiene una cattedra per l’insegnamento della letteratura. Il cognato Elio Vittorini ha un grande ruolo nella carriera di Salvatore Quasimodo: è proprio lui che presenta lo scrittore agli intellettuali legati alla rivista letteraria Solaria, dove vengono pubblicate le prime poesie dell’autore.

Presto, Quasimodo si lega ai poeti ermetici e fa dell’ermetismo la sua cifra poetica. Le sue raccolte affrontano i temi più disparati ma, soprattutto dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, larga parte della sua produzione è dedicata esclusivamente alla tematica bellica e all’impegno civile.

Nel 1959 gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Muore improvvisamente a Napoli, nel 1968.

Lirici greci“, i poeti classici tradotti da Salvatore Quasimodo

Un vertice di limpida bellezza atemporale: in estrema sintesi è questo il prodigio poetico di un’opera che va oltre il mutare degli orientamenti estetici e che è stata capace di stupire ed emozionare generazioni di lettori come raramente accade, o come accade solo ai veri classici.

La celebre versione dei “Lirici greci” di  Salvatore Quasimodo è un duplice capolavoro, per la mirabile essenzialità poetica dei testi originali e per le virtù di chi ha saputo trasformare quei versi antichi in insuperabili esempi di purezza lirica, insieme trasparente e profondissima, nella nostra lingua.

Come scrive Giuseppe Conte nella prefazione, «Quasimodo vede il suo incontro con i lirici greci come il coronamento di un suo percorso destinale: quel suo sentirsi esule ma sempre figlio di un’isola che, per paesaggi, mitologie, memorie storiche, è, tra le terre dove oggi si parla e si scrive in italiano, la più vicina alla Grecia e al suo patrimonio di poesia e di mito».

Lo stesso Quasimodo, nella piena consapevolezza di un’operazione tanto ardua quanto affascinante, ci dice: «Le parole dei cantori che abitarono le isole di fronte alla mia terra ritornarono lentamente nella mia voce, come contenuti eterni». Ma un esito insieme così pieno e sapientemente leggero nella sua alta efficacia poteva solo scaturire dal talento naturale di un autore sensibilissimo, come Quasimodo, alla più chiara musica della parola e del verso, passando dal «desiderio d’amore» o dai «celesti patimenti» di Saffo al raffinato edonismo bacchico di Anacreonte, nel quadro elegantissimo di una varietà lirica impareggiabile.

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