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Concedi ch’io possa sedere, la poesia di Tagore da dedicare a chi è lontano

“Concedi ch’io possa sedere” di Rabindranath Tagore, poeta bengalese, è una poesia perfetta da dedicare ad una persona che vorremmo sempre avere accanto.

Rabindranath Tagore incanta sempre con la sua poesia evocativa, in grado di unire una forte spiritualità con il bisogno di carnalità. Questa poesia è una richiesta, una richiesta di rimanere nella vita di chi si ama. Concedi ch’io possa sedere è una poesia d’amore da dedicare a chi vorremmo tenere accanto a noi, in ogni passo della vita, in ogni momento e nonostante tutto.

Una richiesta di vicinanza alla persona che amiamo

Tagore è uno dei poeti più spirituali amati in occidente. Bengalese e vincitore del premio nobel nel 1913, in questa poesia racconta la volontà di stare accanto a qualcuno che è distante da noi e che non vorremmo perdere. Concedi ch’io possa sedere per un momento al tuo fianco, scrive; una richiesta d’amore, una richiesta di vicinanza. “non conosco né tregua né riposo, e il mio lavoro diventa una pena senza fine in un mare sconfinato di dolori.”: la distanza provoca smarrimento nel poeta, mancano gli sguardi, la pelle e tutto sembra essere più cupo. Tagore descrive quello che abbiamo provato in questo anno fatto di mancanze e difficoltà, dove l’amore è stato messa alla prova.

Le poesie più belle di Rabindranath Tagore

Le poesie più belle di Rabindranath Tagore

Le più belle poesie di Rabindranath Tagore, celebre scrittore indiano Premio Nobel per la Letteratura del 1913

La poesia, infine, termina con il momento dell’incontro, il momento in cui ci si riesce a guardare in volto. Perchè prima o poi deve arrivare il momento in cui ci si ferma per ritrovarsi, “faccia a faccia”. E da questo incontro far uscire una sensazione di “calma straripante”. Ci si ritrova se ci si vuole ritrovare: questo ci insegna Tagore.

La poesia

Concedi ch’io possa sedere
per un momento al tuo fianco.
Le opere cui sto attendendo
potrò finirle più tardi.

Lontano dalla vista del tuo volto
non conosco né tregua né riposo
e il mio lavoro
diventa una pena senza fine
in un mare sconfinato di dolori.

Oggi l’estate è venuta
alla mia finestra
con i suoi sussurri e sospiri,
le api fanno i menestrelli
alla corte del boschetto in fiore.

Ora è tempo di sedere tranquilli
a faccia a faccia con te
e di cantare la consacrazione
della mia vita
in questa calma straripante e silenziosa.

 

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