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C’è un paio di scarpette rosse, la poesia di Joice Lossu per non dimenticare

C’è un paio di scarpette rosse è una poesia di Joice Lossu per non dimenticare il dramma vissuto dai bambini nei campi di concentramento.

C’è un paio di scarpette rosse è una poesia di Joice Lossu, poetessa protagonista della lotta contro il nazi-fascismo durante la seconda guerra mondiale. Ci ha lasciato questa commovente poesia per non dimenticare la figura dei bambini nei campi di concentramento.

Una poesia per non dimenticare

Joyce Lossu nasce a Firenze nel 1912, nonostante le origini Inglesi della sua famiglia. La ricordiamo per la sua grande attività poetica durante gli anni della seconda guerra mondiale, ricoprendo anche un ruolo importante nella lotta partigiana. Ha avuto anche un ruolo importante nella diffusione e traduzione delle opere di Nazim Hikmet. La sua poesia “C’è un paio di scarpette rosse” è una delle poesie più toccanti sui campi di concentramento, che sposta l’attenzione sulla drammaticità dello sterminio di bambini ebrei.

La parte drammatica della shoa: i bambini

Si avvicina il giorno della memoria, una giornata istituita per ricordare le vittime dell’uccisione di massa avvenute nei campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale. Una giornata in cui nelle scuole, nei palinsesti televisivi, nei Tg, si parla dell’importanza di non dimenticare. Il ricordo della storia e il ricordo degli eventi che hanno macchiato col sangue il nostro tempo.

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Se Joyce Lossu è stata una poetessa in grado di rivelare il dramma di alcuni aspetti della storia, tra questi, ricordiamo lo sterminio dei bambini durante la Shoa. Protagoniste di questa poesia sono, appunto, due scarpette rosse di una bambina, numero 24. Scarpette che testimoniano la presenza di un “piccolo, innocente essere umano”. Scarpette che si uniscono ad altre scarpette infantili, messe “in un mucchio”.

Le immagini che la Lossu ci dipinge in questo componimento, sono forti, fin troppo crude. Ad esempio di capelli, i riccioli biondi, che si fanno da “coperta” ai soldati. E da qui la descrizione, che fa accapponare la pelle, di ciò che veniva fatto ai bambini: venivano rasati, uccisi nelle camere a gas, bruciati nei forni crematori. Ecco, questi, non possono più crescere. Le scarpette rimangono lì, segno della morte e del tempo che viene spezzato dagli omicidi di massa. Le scarpette sono il segno di un popolo sterminato, bloccato nella sua evoluzione. Joyce Lossu non risparmia niente, ci regala il dolore di chi, la morte, l’ha davvero visto nel suo aspetto più drammatico.

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C’è un paio di scarpette rosse, la poesia

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

 

Stella Grillo

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