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Iran-Arabia Saudita, sfida sui diritti delle donne

Il giornalista Enrico Campofreda approfondisce un altro caso di repressione al femminile avvenuto in Medio Oriente

MILANO – Nel confronto a distanza a tuttotondo fra Iran e Arabia Saudita, incentrato sulla supremazia geostrategica in Medio Oriente, sull’uso diretto e indiretto della forza, sulle alleanze nella regione s’inserisce a pieno anche il triste primato nella repressione di genere. Alla condanna comminata all’avvocatessa dei diritti Nasrin Sotoudeh da un magistrato di Teheran, di cui ci siamo occupati di recente, risponde Riyadh col processo ad alcune donne, attualmente detenute, e minacciate di pena per aver disobbedito al divieto di uscire da sole o di condurre un’autovettura.

Proprio quest’ultima preclusione sembrava superata dal programma di modernizzazione di cui si fa bello il chiacchieratissimo delfino saudita bin Salman. Ne parla una Ong locale (Alqst) oltreché associazioni internazionali dei diritti che hanno inscenato proteste in alcune grandi città europee per chiedere la liberazione di tre note attiviste – Aziza al-Yousef, Eman al-Nafjan, Hatoon al-Fassi – e di altre sei donne attualmente sotto processo. Le organizzazioni per i diritti femminili denunciano l’impossibilità per le saudite di avere avvocati difensori nel dibattimento in corso.

Inoltre si punta il dito sulla validità delle presunte confessioni rilasciate dalle imputate. Tutto è oscuro, dalle accuse al trattamento delle detenute, perciò si richiede un intervento della Comunità Internazionale. Ma quest’ultima è rimasta silente di fronte a uno dei delitti più atroci compiuti dal regime, per il quale è sospettato come mandante proprio il principe Mohammad: l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, macabramente smembrato nel consolato saudita di Istanbul. Non svelare i retroscena d’un simile scempio criminale offre il senso dell’illegalità con cui convivono i vertici della casa Saud su molteplici fronti.

Quello dei comportamenti pubblici e privati verso le donne è una delle note più dolenti, alla stregua della libertà di pensiero e azione di cui è caduto vittima l’opinionista d’opposizione. E proprio il processo al gruppo di donne mostra il volto liberticida dei Saud: in questi giorni c’è stato un passaggio di giurisdizione dalla Corte criminale alla Corte speciale criminale, che tratta casi di terrorismo. Mentre gli organismi dei diritti riportano la denuncia di quattro delle detenute riguardo a torture e abusi sessuali subìti nel corso della carcerazione, l’Arabia Saudita accusa le Ong d’interferenza indebita negli affari interni dello Stato.

Enrico Campofreda

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