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Premio Strega 2024, il secondo gruppo di libri proposti

Fino al 29 febbraio, ogni settimana, verranno aggiornati sui canali social del Premio l’elenco delle proposte. Scopriamo i nuovi titoli indicati dagli Amici della domenica con le relative motivazioni.

Il Premio Strega 2024 entra nel vivo. Sono stati infatti resi noti il secondo gruppo di libri proposti dagli Amici della domenica al celebre premio letterario promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Strega Alberti Benevento.

Il secondo gruppo di libri proposti al Premio Strega 2024

Fino al 29 febbraio, ogni settimana, verranno aggiornati sui canali social del Premio l’elenco delle proposte. Scopriamo i nuovi titoli con le relative motivazioni:

Cristina Battocletti, Epigenetica (La nave di Teseo), proposto da Helena Janeczek

«Candido Epigenetica, il romanzo con cui Cristina Battocletti pratica una scrittura di confine e di sconfinamenti avventurandosi dalle parti letterarie della Mitteleuropa venata di follia e mossa dall’urgenza di dare voce ai fantasmi. Nuova è la sua voce singolare, nuovi i fantasmi, nuova l’idea che si innestino per trasmissione epigenetica, anche se Battocletti si è fatta guidare dall’eredità stilistica del Novecento per afferrarli. Racconta infatti un’eredità emotiva che, prendendo spunto dal Guizzardi di Celati, si snoda in un romanzo di “de-formazione”.

Ma qui lo squilibrio appartiene a un’eroina segnata dalla peggiore delle colpe: abbandonare un figlio, e non per indigenza. Costretta a ripercorrere gli errori della madre incapace di allevare lei e i suoi fratelli, Maria compie il suo viaggio erratico attraversando le atmosfere fanées della Grado asburgica, la bellezza straniante di Roma e la verticalità nervosa di Milano, dove la protagonista tenta di affermarsi attraverso lo studio e la scrittura.

La sorpresa è soprattutto nella lingua dura e diretta: ricorda Ágota Kristóf nel suo essere tagliente, concretissima, seppur poetica e metaforica nell’oscillare tra passato e presente. Epigenetica è anche un romanzo sulla speranza e sul cambiamento: Maria accumula tenebre e tuttavia lascia possibilità all’irrompere della luce.» (H.J.)

Nicola Bottiglieri, Assalto alla collina (Bertoni), proposto da Natale Antonio Rossi

«Il romanzo si sviluppa, con sapienza narrativa, tra la grande storia delle giornate di guerra della battaglia di Montelungo, l’8 settembre, la prigionia di Mussolini, la fuga del re da Roma e la piccola storia sofferta dall’autore e dalla sua famiglia, originaria di Salerno.

Dopo tante opere dedicate a trame psicologiche e personali, questo romanzo narra, anche con toni e registri di un’epica attuale, le vicende subite nei drammatici mesi del 1943-1944 da una famiglia coinvolta in episodi di guerra che offendono la popolazione inerme. Il romanzo si conclude narrando il conferimento della medaglia d’oro a Giuseppe Cederle soldato di un neonato esercito italiano.» (N.A.R.)

Franco Buffoni, Il Gesuita (FVE), proposto da Antonella Cilento

«Franco Buffoni, voce autorevolissima della nostra poesia, accademico, narratore, attivista di primo piano dei Gender Studies, scrive un romanzo breve e luminoso come una cometa, felice come una stella filante. Il Gesuita narra del giovanissimo Franco che scopre la fascinazione per gli uomini, come lui, giovani e bellissimi, in una società dove l’unico futuro previsto è sposare miti fanciulle da rendere infelici. Franco compie la sua educazione sentimentale innamorandosi prima di un giovane compagno, Alberto, etero assai convinto e un po’ tonto, e poi di Klaus, un fascinoso prete in attesa di diventare gesuita.

Nel decennio del Boom l’educazione sentimentale avviene al cinema, luogo clandestino di incontri, e l’amore avanza per telefonate e lettere, sottofondo Gino Paoli, Mina, Caterina Caselli, ma anche s’insinua e cresce sulle pagine dei poeti e della grande letteratura, da Joyce a Guinizelli, da Dante a Hubert Selby Jr. C’è un padre, imperativo e spaventato che il figlio devii dalla strada che gli pare l’unica: “Virilità anni Sessanta. La bottega del barbiere di domenica mattina, camicie bianche colletti barbe duro, fumo. E quelle dita spesse, quei colpi di tosse, quei fegati all’amaro 18 Isolabella al pomeriggio sulla Varesina nello stadio, con le bestemmie gli urli le fidejussioni pronte per domani, lo spintone dell’arbitro all’uscita, la cassiera del bar prima di cena.”

Brillante, intelligente comico, sornione ma anche molto serio (Klaus finisce con lo sposare una donna dopo che Franco lo ha sedotto), Buffoni regala pagine di grande finezza narrativa, con una lingua splendente, colta e veloce: un piacere vero, l’educazione sentimentale che servirebbe davvero nelle scuole italiane a ricordarci che di quella società che vieta, demonizza, condanna, tortura e uccide siamo tutte/i parte, fino a che non ci ribelliamo. Queste le ragioni per cui ho deciso di candidare al Premio Strega 2024 Il Gesuita.» (A.C.)

Alberto Capitta, La tesina di S.V. (Il Maestrale), proposto da Giuseppe Conte

«Desidero presentare al Premio Strega il romanzo di Alberto Capitta, intitolato La tesina di S.V che unisce alla qualità di una scrittura raffinatamente letteraria una forza di invenzione non comune: lo studente S.V. legge al professore davanti alla classe la sua tesina dove racconta come si sia messo all’inseguimento di un pallone saltato oltre la rete durante una partitella di calcio, un inseguimento che assume presto toni epici, fantastici, velatamente metafisici. E diventa un percorso verso il mistero, verso la profondità dell’umano (e della letteratura).» (G.C.)

Marco Cassardo, Eravamo immortali (Mondadori), proposto da Marco Missiroli

«Ecco un romanzo che verrà ricordato: è stato il mio pensiero quando ho letto Eravamo immortali di Marco Cassardo. Un’opera per certi versi classica e per altri di rottura, folgorante, devota all’Italia che ha cambiato l’Italia.

Eravamo immortali racconta la storia di due amici, Steu e Nando, che si addentrano in un secolo con l’intimità delle scoperte. Ma è anche la storia di quel secolo arrivato all’oggi, con le sue contraddizioni esplose e i tumulti all’orizzonte. Intimità e collettivo, dunque, talmente stretti da farsi un unico corpo di scrittura a continua trazione. Che meraviglia quando i libri ci trascinano in gorghi irresistibili.

E poi c’è la Torino delle fabbriche e della gente affamata di vita, con il dialetto in bocca e le grandi illusioni da non tradire. Questo popolo, e questi sogni che avanzano dalla guerra fino alla modernità, non perdendo mai l’assedio di una prosa naturalissima e sorvegliante.

Ogni romanzo, si dice, viene scritto con una dedica mai pronunciata. Mi piace pensare che Eravamo immortali sia dedicato a chi siamo, a cosa siamo stati, alle tracce lasciate al futuro con le nostre brevi vite. Ma sono davvero brevi? L’opera di Cassardo cambia lo sguardo e mostra quanto i piccoli eroi di ogni epoca compongano l’eterno destino di tutti. La Storia viene da qui, allo stesso modo di un cuore che sembra timido e invece fa la rivoluzione.» (M.M.)

Filippo D’Angelo, Le città e i giorni (nottetempo), proposto da Gianluigi Simonetti

«Per l’edizione 2024 del Premio Strega propongo la candidatura di La città e i giorni di Filippo D’Angelo, perché lo considero esemplare di cosa dovrebbe fare (e forse ha sempre fatto) un romanzo degno di questo nome.

La città e i giorni scava sotto la superficie delle azioni e dei discorsi umani per individuare i moventi profondi, le tensioni, i conflitti che ne sono alla base e che forse solo l’arte rende capaci di vedere. Per arrivare a questo risultato Filippo D’Angelo costruisce una speciale configurazione linguistica e formale.

Disegna un mondo narrativo che possiede sia la forza di un’attenta osservazione dal vero sia gli spessori che sa accumulare la fantasia romanzesca. Crea due paesaggi indimenticabili – rendendo familiare l’ambientazione africana ed esotica quella milanese – e due protagonisti sfaccettati e ambivalenti (credibili come singoli e autonomi individui, ma insieme capaci di restituire l’immagine di un ceto, di una generazione, di un desiderio di possesso e di un senso di colpa). Infine elabora una struttura narrativa peculiare, articolata e per certi versi imprevedibile, con piani temporali diversi, differenti livelli di senso e plurime chiavi di lettura.

Per tutti questi motivi credo che La città e i giorni rappresenti un ottimo esempio dello sforzo più serio che la narrativa italiana sta compiendo in questi anni per continuare la vecchia e sempre attuale missione del romanzo: divertirci con la forza delle parole e delle idee, farci sapere chi siamo veramente.» (G.S.)

Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile (Einaudi), proposto da Vittorio Lingiardi

«L’età fragile non è un’età della vita, è la vita stessa. La memoria che non può nascondere il dolore, la solitudine dopo la separazione, la colpa per la sopravvivenza. La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura. L’età fragile è la storia di una famiglia sospesa nel segreto del trauma, parole mai dette rinchiuse nel cuore di una montagna d’Abruzzo che è insieme psiche e paesaggio.

L’età fragile è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite. Per questo è il mio candidato al Premio Strega.» (V.L.)

Tommaso Giartosio, Autobiogrammatica (minimum fax), proposto da Emanuele Trevi

«La lingua, e il rapporto intimo che ogni scrittore instaura con le parole della sua vita, quelle che lo hanno formato e ne hanno scandito il percorso intellettuale e umano, sono stati per lungo tempo confinati al mondo della saggistica e della critica letteraria. In Autobiogrammatica, con la sapienza e la profondità che da sempre connotano la sua scrittura, Tommaso Giartosio li trasforma nel cuore e nel motore di un testo che è al contempo romanzo di formazione e memoir, cronaca famigliare e autoritratto, dizionario pubblico e privato: un’impresa che a me sembra preziosa quanto necessaria.» (E.T.)

Davide Grittani, Il gregge (Alter Ego), proposto da Wanda Marasco

«Tra guitti circensi, atmosfere felliniane e prospettive apocalittiche, Davide Grittani conferma la vocazione a interrogare la letteratura su temi forti, a indagare le coscienze “degli spettatori dello sfascio”. In particolare con Il gregge, che vorrebbe essere un romanzo sulla deriva etica dei nostri tempi, grazie alla sua capacità di indignarsi Grittani ci consegna in realtà una pungente riflessione sulla mediocrità. Un romanzo attualissimo, che inchioda alle responsabilità morali di ciascuno di noi e fa luce sul profondo (e storico) razzismo che si agita sotto la pelle del nostro Paese.

La campagna elettorale di una città ideale – facilmente rinvenibile nella Capitale morale d’Italia, Milano – si trasforma nel “diario della ferocia” di alcuni amici che si ritrovano dopo aver fatto il liceo insieme, tutti cambiati tranne uno. Il protagonista senza volto e senza nome de Il gregge, che assiste alla conversione di quella piccola congrega senza peccati in uno spietato branco senza scrupoli.

Con una lingua alta, come nei libri precedenti, e una scrittura visiva, cinematografica, molto sensoriale e discepola del teatro pirandelliano dell’ignoto, Grittani racconta un modello civico aberrante, in cui bisogni e sopravvivenza sono gli unici maestri cui val la pena obbedire. Nella giostra degli orrori a cui non si fa più caso, il vero reality è quello di cui siamo protagonisti.» (W.M.)

Ginevra Lamberti, Il pozzo vale più del tempo (Marsilio), proposto da Jonathan Bazzi

«Arrivata al suo quarto romanzo, Ginevra Lamberti si spinge sino all’orlo del mondo per come lo abbiamo conosciuto finora e lì traccia un nuovo sentiero, che rimette in circolo il potenziale conoscitivo della fiaba, del mito, del folklore. Ibridando, con coraggio e sensibilità, l’indagine storica con la distopia, ne Il pozzo vale più del tempo, l’autrice dà vita a un racconto originalissimo e fascinoso che punta tutto sugli strumenti conoscitivi propri dell’invenzione letteraria, per materializzare le conseguenze, perturbanti e poi tragiche, della volontà di potenza che tutto desidera e dunque devasta.

Collasso ambientale, migrazioni per la sopravvivenza e lotta per le risorse sono i presupposti di un romanzo che, esplorando le previsioni ancora oggi in buona parte ignorate dal potere, accetta la sfida di pre-sentire il futuro, e lo fa dal punto di vista, preciso e commovente, dell’infanzia violata, dei suoi simboli e giochi. Che tutto questo avvenga riconciliando contemporaneità e immaginazione, intuizioni sul presente e autentica sapienza narrativa, è il piccolo miracolo di questo libro, personale eppure pieno di mondo, che propongo con gioia all’attenzione del Comitato direttivo e degli Amici della domenica.» (J.B.)

Giuseppe Mancusi Barone, Le mie icone (Guida), proposto da Cesare de Seta

«Propongo in piena convinzione e dopo una scrupolosa lettura il volume Le mie icone di Giuseppe Mancusi Barone sul quale non è facile scrivere una sinossi che è esplicita nelle mie poche parole: ne ho apprezzato la chiarezza, la stilistica proprietà di linguaggio e il contenuto delle sue impeccabili intenzioni.» (C.d.S.)

Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui (Neri Pozza), proposto da Aldo Cazzullo

«Propongo la candidatura di Marguerite è stata qui di Eugenio Murrali, un libro denso e magnetico. Questo romanzo contribuisce a sottolineare il valore e il potere della letteratura grazie allo stile strutturato e distintivo dell’autore, che plasma la frase con una lingua evocativa e solida, fatta di immagini e metafore fresche. La narrazione di Murrali è un originale e vigoroso concerto di personaggi, che, come immagini specchianti, raccontano la vita di Marguerite Yourcenar.» (A.C.)

Stefania Nardini, L’ultimo treno da Kiev (Les Flâneurs Edizioni), proposto da Gianni Maritati

«Con uno stile aderente alla crudezza della realtà raccontata, il romanzo ricostruisce in modo doloroso la fuga di tante donne ucraine dalla fame e dalla guerra. Con gli occhi di Irina, la protagonista costretta a lasciare il suo Paese per cercare in Italia un nuovo futuro insieme a sua figlia, possiamo vedere le piaghe dell’immigrazione clandestina, lo strapotere delle mafie, le scosse terribili dello sradicamento culturale. Un viaggio, quello di Irina, verso la libertà e l’emancipazione. I personaggi sono memorabili. Da sottolineare la partecipazione affettuosa ma mai invadente dell’autrice a un grande dramma del nostro tempo.» (G.M.)

Melissa Panarello, Storia dei miei soldi (Bompiani), proposto da Nadia Terranova

«Vent’anni fa una scrittrice ha pubblicato un romanzo che era una favola sull’amore, sulla solitudine, sulla ricerca di sé attraverso il corpo. Era adolescente, ed era anche una scrittrice: non lo si diventa a un’età, lo si nasce – però, siccome era giovane, quel romanzo testimoniava la sua gioventù. Scatenò clamore perché testimoniava anche un’epoca in cui si riteneva inaccettabile che gli adolescenti avessero una vita sessuale che sfuggiva alle proiezioni degli adulti, fu definito immorale e scandaloso, allora non andavano di moda hashtag o cordoni contro le aggressioni misogine, e la scrittrice tradotta in tutto il mondo attirò le peggiori, cavandosela sempre senza lagne e con eleganza.

Vent’anni dopo, la scrittrice è sempre una scrittrice, e a differenza di tanti che smaniano per il successo non ha mai dovuto inseguirlo, piuttosto si è concessa il lusso di non abbandonare l’unica avventura realmente audace della sua vita: essere sé stessa. Si è innamorata e disinnamorata, ha viaggiato, ha scritto libri e articoli saccheggiando i suoi numerosi interessi senza attaccarsi a nessuna corrente, ha attraversato ombre, interruzioni e fallimenti, è stata truffata, ha scelto di diventare madre, ha scelto ogni giorno di salvare di sé solo ciò che non moriva e non la faceva morire.

Un giorno incontra Clara T., l’attrice che ha interpretato al cinema il secondo dei suoi romanzi, e con lei inizia un dialogo ipnotico. Clara ingoia mentine, o forse monetine, e parla solo di soldi. Lucido e struggente è il racconto della sua vita parallelo a quello della scrittrice: inizia una storia ibrida e vertiginosa di fantasmi e solitudine, una storia d’amore – solo quelli bravi sanno parlare d’amore e di dolore attraverso la luccicanza senza mai, neppure per un attimo, cadere nella retorica. Solo quelli bravi sanno prendersi rivincite senza le retoriche dei libri di riscatto, senza nascondere dolore, compromissioni e voragini.

Così, Storia dei miei soldi risulta un romanzo magnifico, scivoloso e sapiente, che gioca con il grottesco, con il doppio letterario, con l’autofinzione, scritto dalla voce saggia di una donna capace di abbracciare la bambina che non smetterà mai di portare dentro. Una voce insieme millenaria e infantile, e perciò, senza necessità di pose o travestimenti, semplicemente e naturalmente magica.» (N.T.)

Enrico Pellegrini, Infinito (La nave di Teseo), proposto da Furio Colombo

«È un libro giovane, scritto in un solo respiro, in cui si sente che la storia è allo stesso tempo obbligata e scritta in uno spazio libero della vita, con slancio e una sorta di entusiasmo. Non c’è un solo momento in cui il lettore possa domandarsi: “e adesso?” Il dopo, (lo senti subito), ti arriva rapido nel racconto perché ti dice subito che non si fermerà. Se fosse un film non potresti mettere la parola fine. Quando comincia, il libro è già cominciato. Ti aspetta un pezzo di giovani vite in corsa. Quando finisce non finisce e va per la sua strada, come succede a tutti i libri destinati a esistere.

Questo libro si aggrappa al lettore. Avventuratevi in queste pagine e ne avrete la prova. La storia sembra scorrere (va letteralmente di corsa) dentro quel grande contenitore che è la vita di famiglia (adulti e bambini, amore e scontri) cioè la prevalente letteratura di questi anni. Ma porta una sua inafferrabile novità. Vive in un dialogo e in un flettersi nello stesso tempo spensierato e pensoso in cui tutto accade in ciò che potremmo chiamare una gita nella vita, con le sue stanchezze e le sue pene, ma con una vitalità inarrestabile.» (F.C.)

Daniele Rielli, Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), proposto da Antonio Pascale

«Candido il libro di Daniele Rielli, Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), perché Rielli è riuscito a sfruttare tutte le enormi ma poco utilizzate potenzialità del romanzo.

Utilizzando vari strumenti narrativi, dal reportage d’autore, all’inchiesta giornalistica, all’autobiografia, alla riflessione saggistica, al racconto narrativo vero e proprio, Rielli costruisce così facendo un magnifico romanzo corale, una narrazione che mostra da subito una filiazione diretta con modelli alti, come a sangue caldo di Truman Capote. Concentrandosi sulla più grave epidemia batterica, e cioè la Xylella (che ha devastato la coltura degli olivi in una vasta area del Salento) storia dopo storia, vicenda dopo vicenda, un personaggio dietro l’altro, Rielli ci regala attraverso un commovente senso di pietas, tenendo a bada ironia e sarcasmo, una mappa per orientarci nel mare magnum della modernità.

Un territorio pieno di contraddizioni, illusioni, nostalgie del tempo che fu, cattive letture, complottismi. Insomma Il fuoco invisibile è la mappa di noi esseri umani, un bellissimo romanzo che alimenta la conoscenza e dà un senso alla nostra vita che altro non è che un tentativo di analizzare l’enigma dell’io.» (A.P.)

Alberto Riva, Ultima estate a Roccamare (Neri Pozza), proposto da Giorgio Montefoschi

«Non è un vero e proprio romanzo, quello di Riva, ma in realtà si legge con la medesima passione di un romanzo. Racconta un luogo, la pineta di Roccamare, alcuni personaggi famosi della letteratura italiana oggi scomparsi (come Fruttero, Calvino, Citati e altri), e, insieme, un’epoca culturale – anch’essa scomparsa – di grande vitalità e di notevole valore. Lo fa, da vero narratore, con una partecipazione, una nostalgia, e una competenza oggi rarissime.» (G.M.)

Raffaella Romagnolo, Aggiustare l’universo (Mondadori), proposto da Lia Levi

«Aggiustare l’universo. Titolo impegnativo per un romanzo. Qui però non si tratta di un piano apocalittico, ma di un piccolo compito privato all’insegna di una pazienza che ha il suo simbolo esterno nella riparazione di un vecchio e scassato gioco meccanico. Compito piccolo per modo di dire. È un’intera vita umana rinchiusa su sé stessa che ha bisogno di essere aggiustata.

Per affrontare questa drammatica impresa, da una parte c’è Gilla, una giovane insegnante rifugiata in un paese di campagna per ripararsi dai bombardamenti della città e dall’altra c’è Francesca, una bambina intelligente e capace che però non parla e che arriva ogni giorno in classe da un vicino orfanotrofio. È l’impenetrabile silenzio di questa alunna e il mistero che la circonda a spingere la sensibile educatrice ad accorrere in suo aiuto.

Pagine e pagine di eccellente letteratura scorrono per arrivare a districare il drammatico segreto che ha spezzato una famiglia negli anni della guerra e della persecuzione contro gli ebrei. E Raffaella Romagnolo è perfettamente riuscita in un lavoro di ricerca meticoloso e originale. Non è questo però l’unico merito del romanzo, quello che colpisce ancora di più è la suggestiva tecnica che l’autrice adotta per “raccontare”.

La storia è narrata da una moltitudine di personaggi ma non, come quasi sempre succede, come punti di vista differenti di uno stesso avvenimento. No, ognuno di loro ci offre uno scorcio di sé su episodi e tempi diversi. Non si afferrerà il collegamento se non alla fine, con i fili che cominciano a intrecciarsi in una storia affascinante in cui la piccola muta è perno centrale.

E sarà nientemeno che un gatto la chiave che permetterà di riemergere dal dramma.

Sono tutte queste motivazioni che mi spingono ad appoggiare un libro secondo me riuscitissimo e meritevole della massima attenzione.» (L.L.)

Ilaria Rossetti, La fabbrica delle ragazze (Bompiani), proposto da Paolo Petroni

«Un romanzo vero, moderno, a cominciare dai temi, le morti sul lavoro innanzitutto, poi la guerra, con un bel ritmo, colpi di scena, cambi di prospettiva e un racconto quasi corale con echi classici nell’atmosfera e la scrittura, appena venata di dialetto, leggera e incisiva nella concretezza del suo sguardo realista e poetico, controllato e senza un filo di retorica, sull’asprezza della vita e la capacità di resistergli. Opera di una scrittrice, vincitrice del campiello Giovani nel 2007, poi autrice di alcuni romanzi, tra cui il notevole “Le cose da salvare” del 2020.

Si parte dalla storia vera e dimenticata dell’esplosione, il 7 giugno 1918, della fabbrica di munizioni Sutter & Thévenot di Bollate (di cui parlerà Ernest Hemingway, che partecipò ai soccorsi, nel racconto Storia naturale dei defunti) che fece 59 vittime (in appendice sono riportati tutti i loro nomi e l’età), molte delle quali praticamente scomparse, perché ridotte a brandelli, tra uomini e una grande maggioranza di giovani donne.

Tra queste si seguono le diverse storie di Emilia Minora (nome vero di una delle scomparse) e poi di Clementina Colombo ricostruendole con la libertà e la creatività del narratore, ma dando risalto in particolare alle figure e al dolore dei genitori della prima, Martino e Teresa Minora, contadini dai sentimenti profondi vissuti con pudore e ritrosia e dalla vita misera e aspra, relativamente ai quali, ma non solo, nasce la domanda: “Perché le guerre, quando finiscono, non finiscono mai per tutti?”.

Domanda che appunto riguarda coloro che ne sono rimasti segnati, ma che qui si allarga a tutto, acquistando un valore esistenziale, metaforico, oltre a quello più letterale relativo alla Grande Guerra, di cui si raccontano gli ultimi mesi e la fine, nel 1918, tra Bollate, le campagne intorno e Milano, unite dal fiume Seveso, percorse da ragazze e uomini in bicicletta e carretti.

Con queste, mentre la fabbrica riprende subito la produzione utile alla guerra, che procede indifferente alle morti che si lascia dietro, si intrecciano altre vicende umane, da quella del soldato Corrado, che diserta per una illusoria storia d’amore, al carabiniere Ernesto Fumagalli detto Drumedari che gli dà la caccia, al farmacista di Bollate e molte altre minori, in un affresco coinvolgente di una realtà articolata e ricca nel rendere conto dei fatti ma assieme di come le persone li elaborano per sopravvivere bene o male.» (P.P.)

Evelina Santangelo, Il sentimento del mare (Einaudi), proposto da Marcello Fois

«Il sentimento del mare, scritto da Evelina Santangelo, è il resoconto intimo di una donna, matura, molto bella, che deve fare un bilancio della sua esistenza. Donna di mare, la protagonista traccia una mappa nautica e sentimentale attraverso la quale stabilire una via di fuga dal proprio tormento e dalla propria crisi.

Quando tutto sembra perduto, quando anche decadono i riferimenti più comuni, ecco che il miracolo, inteso come intuizione, e anche come connessione tra reale e immaginario, ci viene in soccorso. E per una narratrice straordinaria come Evelina Santangelo il miracolo consiste nell’individuare il luogo della propria consolazione e, di conseguenza, la lingua per raccontarla. Il mare è contemporaneamente lo spazio della narrazione, del conforto e dello stile. Come camminare sull’acqua per vagabondare sulle vicende umane, trovarvi un senso, adattarlo a sé e poi, con una penna sublime, raccontarlo agli altri.

Il sentimento del mare è in tutto un esperimento, riuscitissimo, di questa particolare sostanza intima attraverso cui produrre un senso collettivo. Intanto perché il mare è la culla di ogni mitologia e quindi il deposito del senso primo che noi sappiamo dare agli avvenimenti e alle narrazioni. Per la qualità della scrittura, per la profondità dei temi, per l’eleganza del plot, candido convintamente Il sentimento del mare all’edizione 2024 del Premio Strega.» (M.F.)

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