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Perché Foscolo si sentì tradito da Napoleone

La prima discesa di Napoleone in Italia era avvenuta nel 1796. Qui si era acceso l’entusiasmo politico di Foscolo (1778–1827), il quale si impegna con coinvolgimento per la causa della Francia rivoluzionaria e dei suoi ideali libertari a sostegno di un’Italia indipendente e animato dalla volontà di combattere i salotti dell’oligarchia veneziana.

Addirittura, proprio dal governo oligarchico di Venezia, è sospettato di questo suo avvicinamento ai francesi, e per queste sue posizioni libertarie, deve persino lasciare la città.

Quando nel 1797 poi, i francesi entrano a Venezia, il poeta si arruola proprio fra i cacciatori a cavallo della nuova repubblica cispadana con il grado di Tenente.

Si coinvolge generosamente nelle nuove strutture istituzionali di Venezia liberata e preposte alla riforma dello stato, redigendo i verbali delle riunioni delle società d’istruzione pubblica.  Ma il 17 ottobre però, Venezia ed il Veneto tutto, son ceduti da Napoleone all’Austria con il trattato di Campoformio.

Ugo Foscolo, così, dopo aver creduto profondamente nei principi della rivoluzione francese, quelli di libertà, uguaglianza e fratellanza, entrerà in una profonda crisi esistenziale.

Ciò avverrà a partire proprio da questo momento, da quando quegli ideali politico-democratici subiranno la ferita del Trattato di Campoformio, quel patto con cui, per meri interessi strategici e di potere, Napoleone stabilì la cessione del Veneto all’Austria.

E’ qui che la grande delusione politica si fa avanti in Foscolo lacerandone dentro di lui le illusioni, e annientando quelle posizioni ideologiche politiche radicali che lo avevano infervorato fino ad allora.

Aveva combattuto per Venezia libera dagli oligarchi e dagli austriaci, e poi per convenienza politica, proprio questi ultimi se li ritrovava a comandare nella sua amata città, e sotto la concessione di Napoleone ?

L’entusiasmo libertario del poeta, romanziere e traduttore, continuerà ma piegandosi col tempo verso altre strade. Continuerà a combattere contro la tirannia, ma sempre meno sentendosi parte di un processo rivoluzionario. Si dedicherà a continui viaggi e spostamenti e a capofitto alla scrittura, a trovare in essa il canale alla sua fremente e ribelle necessità di espressione.

Molti anni dopo egli prenderà pubblicamente le distanze dal Generale, quando scriverà l’Ajace, la tragedia foscoliana che verrà rappresentata nel 1811 alla Scala, e nella quale, il potere napoleonico ravviserà quei riferimenti polemici a Napoleone ed al governo francese decretandone la soppressione di tutte le repliche previste.

Tutto questo segnerà la rottura definitiva, anche formale di non belligeranza, tra il poeta ed il potere napoleonico. Foscolo, già da alcuni anni era guardato con sospetto e distacco ma questa esposizione pubblica renderà più difficile la sua sopravvivenza.

Nel 1816 deciderà di abbandonare definitivamente la sua amata patria per fissare la propria residenza, da esule, a Londra. Foscolo si sentì così nauseato da aver tanto creduto negli ideali e in quel Generale che li aveva, nella sua immagine impersonificati, che preferì andare in esilio, né intenzionato da una parte a stare sotto gli austriaci che erano tornati, né dall’altra ad andare con i francesi filo napoleonici a combattere gli austriaci come aveva, nonostante tutto, fatto fino ad allora.

Decise per l’esilio volontario, delusissimo dall’esperienza napoleonica e da quell’uomo di Corsica che aveva tradito in toto le aspettative di cambiamento per degli accordi e atteggiamenti che oggi diremmo di poltrona.

E quei passi veggenti, scritti molti anni prima, da Foscolo e presenti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis si rivelarono veritieri.  Passi in cui la delusione di Jacopo emerge senza ostacoli di sorta. Il generale francese ha tradito gli ideali di libertà ai quali si appellava la rivoluzione, ed è divenuto un tiranno, noncurante del destino dei popoli e pronto a venderli per il proprio diretto tornaconto politico:

“Moltissimi intanto si fidano nel Giovine Eroe nato di sangue italiano; nato dove si parla il nostro idioma. Io da un animo basso e crudele, non m’aspetterò mai cosa utile ed alta per noi. Che importa ch’abbia il vigore e il fremito del leone, se ha la mente volpina, e se ne compiace? Sì; basso e crudele – né gli epiteti sono esagerati. A che non ha egli venduto Venezia con aperta e generosa ferocia?”

o ancora,

“Quando una rivoluzione nel globo è matura, necessariamente vi sono gli uomini che la incominciano, e che fanno de’ loro teschj sgabello al trono di chi la compie.”

 

Carlo Picca

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