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Josè Saramago, perché leggere il suo libro “Le intermittenze della morte”

Lo scrittore portoghese Josè Saramago, Premio Nobel per la letteratura nel 1998, scrisse “Le intermittenze della morte” nel 2005

Il Premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, nato il 16 novembre 1922, scrisse “Le intermittenze della morte” nel 2005. Un libro curioso e pregno di significati e riflessioni. In questo romanzo troviamo realizzato il sogno di quasi ogni essere umano, ovvero quello di liberarsi per sempre dalla morte. Un libro, questo, che affronta la realtà economica della morte, quella disorientata della Chiesa e la necessità della presenza della Signora con la falce nel cerchio della vita.

“Le intermittenze della morte”, la trama

In un paese sconosciuto, dal 31 dicembre arriva l’eternità. Nessuno muore più. La gioia è grande, la massima angoscia dell’umanità è sparita per sempre. Chi, però, sulla morte faceva affari perde la sua fonte di reddito. E cosa ne sarà della Chiesa, ora che non serve più nessuna resurrezione?

Ma la morte, sottoforma di donna, dopo sette mesi annuncia, con una lettera scritta a mano, affidata a una busta viola e diretta ai media, che sta per riprendere il suo usuale lavoro, fedele all’impegno di rinnovamento dell’umanità che la vede da sempre protagonista. Da lì in poi le lettere viola partono con cadenza regolare e raggiungono i loro destinatari. Altro protagonista è un violoncellista la cui lettera è rispedita al mittente.

Un libro curioso e complesso

Lo stile di Saramago, tipico della sua penna, è costruito stratificato all’infinito. I periodi lunghissimi rimandano al processo di riflessione. “Le intermittenze della morte” non ha un genere definito, forse si potrebbe collocare tra il romanzo distopico e quello filosofico. Un viaggio sicuramente fantastico che si infittisce di significati andando oltre la semplice paura di morire.

Le paure espresse in questo libro di Saramago, infatti, sono tante e di vario genere. Gli abitanti del paese sconosciuto si trovano a confrontarsi con quei timori e tormenti rimasti una volta che la paura della morte si è defilata.

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”Cecità” come buio della mente, della ragione e dell’umanità nel libro di José Saramago

”Cecità” – titolo originale ”Ensaio sobre a Cegueira” (”Saggio sulla cecità”) – è un romanzo a sfondo sociale di José Saramago (premio Nobel per la letteratura nel 1998)…

Josè Saramago

Saramago nasce il 16 novembre del 1922, costretto ad abbandonare prematuramente gli studi e si trasferisce a Lisbona per cercare un lavoro. Riesce poi a trovare degli impieghi che gli consentono di acquisire una cultura letteraria che, con il passare degli anni, gli permette di ottenere la carica di direttore letterario e di produzione in una casa editrice.

Nel 1947 riesce a pubblicare il suo primo romanzo, “Terra del peccato”. Saramago si dedica alla scrittura solo dopo la caduta del regime, lasciando fluire impetuosamente il suo pensiero e ottenendo nel 1998 il Premio Nobel per la Letteratura con questa motivazione «con parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia ci permette ancora una volta di afferrare una realtà illusoria».

Nel 2002 Saramago fu eletto presidente onorario dell’Associazione Luca Coscioni (associazione Radicale) per la libertà di ricerca scientifica. Saramago è morto il 18 giugno 2010 intorno alle 13,00 nella sua residenza di Tías, nelle Isole Canarie. Nel 2011 viene pubblicato postumo un suo romanzo scritto nel 1953, Lucernario. Le ceneri del Premio Nobel sono sepolte sotto un ulivo nel giardino di fronte alla Fondazione Josè Saramago a Lisbona.

Per quanto riguarda il suo stile narrativo, uno dei tratti che più caratterizzano le opere di Saramago è il narrare eventi da prospettive piuttosto insolite e controverse, cercando di mettere in luce il fattore umano dietro l’evento. Sotto molti aspetti, alcune sue opere potrebbero essere definite allegoriche.

Saramago tende a scrivere frasi molto lunghe, usando la punteggiatura in un modo anticonvenzionale. Ad esempio, non usa le virgolette per delimitare i dialoghi, non segna le domande col punto interrogativo; i periodi possono essere lunghi anche più di una pagina e interrotti solo da virgole dove la maggior parte degli scrittori userebbe dei punti.

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