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Erri De Luca, “Quando scrivo un libro scendo in una storia e mi lascio trasportare dalla sua corrente”

Diversi i temi affrontati dall'autore nel libro "La Natura Esposta": religione, integrazione sociale ed immigrazione, con un occhio di riguardo per la sua Napoli

MILANO – “Scendere in una storia e farsi trasportare dalla sua corrente.” Così è nato l’ultimo romanzo di Erri De Luca “La Natura Esposta“, la cui trama nasce proprio dal racconto di uno scultore amico dell’autore napoletano. Diversi i temi affrontati dall’autore in questo libro: religione, integrazione sociale ed immigrazione, con un occhio di riguardo per la sua Napoli, terra raccontata dallo scrittore attraverso gli occhi di un turista.

 

Come nasce la trama del suo ultimo libro?

Ho ascoltato, dimenticato e riascoltato un episodio capitato a un amico scultore. Ho cominciato a scriverlo e ha preso una vita indipendente da quell’avvio. Succede alla mia scrittura di scendere in una storia e farsi trasportare dalla sua corrente.

 

Il libro racconta il restauro di un crocifisso da parte del protagonista, al quale viene chiesto di far tornare la statua alla nudità originaria. Cosa scoprirà durante il suo lavoro?

Sulla superficie della statua il primo scultore ha seminato segni invisibili a chi semplicemente osserva. Si rivelano solo al tatto. Una prima scoperta è una diversa epidermide presente nei piedi. Si chiarirà che si tratta di un accenno di squame. Per questo e per altri segnali deve chiedere aiuto e spiegazione e ne riceve da parte cristiana, mussulmana, ebraica. Intorno al crocifisso nudo si raccolgono i tre monoteismi che risalgono a Abramo.

 

Cosa rappresenta simbolicamente il rapporto dello scultore con la statua?

Non ho avuto intenzioni simboliche. Si tratta della esperienza di un avvicinamento, un corpo a corpo tra il restauratore e il crocefisso di marmo. Solo dallo sforzo di condividere fisicamente quel supplizio gli è possibile abbordare il mistero.

 

Altri temi trattati nel libro sono l’immigrazione e l’integrazione tra persone di diversa origine e tradizione. Qual è il suo punto di vista, o quello che vuole far emergere all’interno del libro?

Al piano zero del marciapiede avvengono gli incontri e si produce lo scambio tra le differenze. Quello che ai piani alti dei governi è un problema, trova soluzione a altezza d’uomo. I flussi migratori attraversano il mondo e l’Italia è la propaggine d’Europa più vicina contemporaneamente ai due grandi continenti delle civiltà, l’Africa e l’Asia. Siamo una terra di passaggio, di attraversamento, tutta la nostra storia proviene da questa posizione geografica. Nel libro si racconta che le Alpi non sono uno sbarramento, ma il più vasto sistema di collegamento a piedi tra versanti.

 

Come è stato raccontare la sua Napoli attraverso lo sguardo di un turista?

Conservo uno sguardo di forestiero passando per le vie di Napoli. Il suo nome greco Nea Polis, città nuova, è il suo destino. Si rinnova come sotto la stesura di strati sempre nuovi di un’eruzione continua. Giro per la mia città di origine e mi sorprende oggi la presenza esuberante di viaggiatori, diversi dalla figura del turista. Viaggiatori che visitano luoghi sconosciuti agli stessi cittadini, attenti e non imbambolati, sobriamente vestiti e non sgargianti, isolati e non in comitiva, come se un filtro a ingresso di città avesse lasciato entrare solo i buongustai.

 

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