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“Il matrimonio del cielo e dell’inferno”, il dionisiaco nei versi di William Blake

Il libro che vi consigliamo oggi è "Il matrimonio del cielo e dell'inferno", scritto da William Blake e tradotto in italiano da Giuseppe Ungaretti.

Il matrimonio del cielo e dell’inferno” è un libro scritto da William Blake, di cui ricorre l’anniversario di morte il 12 agosto. Blake è stato un grande poeta, pittore e incisore inglese. Ha dedicato tutta la sua vita all’arte e alla contemplazione. Le sue opere, sebbene sottovalutate in un primo momento, hanno riscosso un enorme successo dopo la scomparsa dell’autore, avvenuta nel 1827. 

“Il matrimonio del cielo e dell’inferno” di William Blake

“Il matrimonio del cielo e dell’inferno” è un piccolo libro in cui William Blake racconta la sua discesa negli Inferi e coglie l’occasione per esprimere tutti i suoi dubbi, i pensieri, le riflessioni, gli ideali. Quasi interamente scritto in prosa poetica, “Il matrimonio del cielo e dell’inferno” sembra essere stato composto fra il 1790 e il 1793, nel periodo in cui infuriavano i conflitti politici post-rivoluzionari.

Suddiviso in diverse sezioni, il libro mostra un Inferno molto diverso da quello che si aspetterebbe il lettore. Non si tratta né di un luogo di punizione né di un abisso di perdizione. Gli Inferi di Blake sono le viscere della terra, ciò da cui tutto ha inizio, la sede delle passioni, dei desideri, delle pulsioni dell’essere umano, il luogo dove l’energia del dionisiaco plasma la sua natura. Le pagine sono tavole incise all’acquaforte realizzate dallo stesso Blake, che si è dedicato alla rappresentazione grafica dell’Inferno sino agli ultimi istanti della sua vita. 

“Mentre camminavo tra le fiamme dell’Inferno, godendo dei piaceri del Genio, che agli angeli sembrano tormenti e follia, raccolsi alcuni dei proverbi di laggiù, pensando che, come i detti in uso in una nazione esprimono il suo carattere, così i Proverbi dell’Inferno mostrano la natura dell’Infernale saggezza meglio di qualunque descrizione di edifici o abbigliamenti”. 

Lo scopo di Blake è proprio quello di mostrare ai lettori quanto la natura dell’Inferno sia diversa dal modo in cui ce la immaginiamo. Per giungere a questo obiettivo, l’autore utilizza lo stratagemma dei proverbi, che notoriamente aiutano a comprendere gli usi, i costumi e le credenze dei popoli e dei luoghi da cui hanno avuto origine. Un’intera sezione de “Il matrimonio del cielo e dell’inferno” è infatti dedicata ai proverbi. Eccone qualcuno: 

“La prudenza è una ricca e ripugnante vecchia zitella corteggiata dall’incapacità”.

“La via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza”.

“Se il matto persistesse nella sua follia, andrebbe incontro alla saggezza”.

“La cisterna contiene: la fontana trabocca”.

L’influenza di Dante e Milton

Come si può facilmente immaginare, William Blake si è molto ispirato all’impalcatura dantesca. Ne sono testimonianze gli studi, le tavole e i disegni ritrovati alla sua morte. Tuttavia, a differenza di Dante e di Milton, un altro importante predecessore nel percorso che porta l’autore negli Inferi, Blake utilizza le immagini infernali per dimostrare quanto il rigore della religione e della morale rappresentino un eccesso che non è salutare per l’essere umano. 

Questa particolare impostazione è confermata dallo stile di cui è intrisa l’intera opera, che ricorda molto da vicino quello tipico della profezia biblica. Un libro fortemente influenzato da Dante e da Milton che però intende rovesciare tutto ciò che questi ultimi affermano. 

La traduzione a cura di Giuseppe Ungaretti

Nella versione italiana, “Il matrimonio del cielo e dell’inferno” è reso ancor più speciale dalla traduzione di Giuseppe Ungaretti, che si è dedicato anima e corpo a questo progetto, e a tal proposito ha affermato nel suo “Discorsetto del traduttore”:

“Lavoro alle traduzioni di Blake da più di sette lustri. È un poeta difficile. Sempre, anche quando è semplice come l’acqua. Ma c’è un poeta, o un qualsiasi uomo che parli, che sia nel suo dire interamente decifrabile? Il vero poeta anela a chiarezza: è smanioso di svelare ogni segreto: il proprio, il segreto della sua presenza terrena cercando di conoscere il segreto dell’andare della storia e dei motivi che reggono l’universo, cercando d’impossessarsi, folle, del segreto dei segreti. Egli ha coscienza che la parola è difficile, ma, e se ne dispera, la rende fatalmente più oscura, più intrappolata nei significati che, cercando di nudarla e di coprirla di luce, le moltiplica”.

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