Marco Missiroli ci racconta il suo esame di maturità

27 Aprile 2020

"Per me è stata la prima prova di maturità, nel vero senso della parola". Marco Missiroli ci racconta la sua esperienza dell'esame di maturità

Marco Missiroli ci racconta il suo esame di maturità

MILANO – L’esame di maturità, nel bene o nel male, ti resta nel cuore per sempre. È l’atto conclusivo di cinque anni bellissimi e allo stesso tempo tremendamente difficili, nei quali si inizia a fare i conti con la scoperta di sé, ci si inizia a formare una visione del mondo che differisce da quella dei nostri genitori, si inizia a intessere relazioni meno superficiali. E la maturità pone il sigillo su tutto questo, consegnandoci, ormai maturi, all’età adulta. Abbiamo chiesto a Marco Missiroli, riminese classe 1981, già vincitore del Premio Strega Giovani e finalista al Premio Strega 2019 con il suo nuovo romanzo Fedeltà, di raccontarci com’è stata la sua esperienza dell’esame di maturità.

[amazon_link asins=’880624017X’ template=’ProductCarousel’ store=’libreriamo-21′ marketplace=’IT’ link_id=’94dbc094-2290-4b67-a3e0-dd7161205eb1′]

Missiroli, la maturità è un’occasione per crescere

«È incredibile come nel tempo non mi sia rimasto impresso come un incubo ma come un’esperienza, un’avventura grazie alla quale sono riuscito a crescere, a cambiare come essere umano. Ci sono arrivato con un forte senso di terrore e paura esistenziale: ero in un momento difficile a livello personale, perché stavo crescendo, perché non avevo fatto i passi come gli altri, perché Rimini era un bacino che non lascia pietà per quanto riguarda le persone, ero un po’ indietro emotivamente a livello di relazioni. Per cui sono arrivato alla maturità fragile.

Sono riuscito, però, a imbroccare gli scritti. Perché nel tema di italiano, una materia in cui io non spaccavo moltissimo (sì, diciamo che andavo bene, ma non così bene come volevo), è capitata una traccia meravigliosa: il male di vivere, con “L’urlo” di Evard Munch come stimolo artistico. E io cavalcai quello che stavo vivendo in quel momento lì: avevo il mal di vivere adolescenziale, ma riuscii a razionalizzarlo, incanalarlo e metterlo nero su bianco. E feci un bellissimo tema, mi ricordo che la commissione mi fece molti complimenti. Credo sia stata proprio quella la prima volta in cui ho cominciato a unire e a narrare la vita personale, unendola alla questione della scrittura, al tentativo di metterlo giù bene.

Il successo mi diede coraggio e azzeccai la prova di matematica. È stato un compito molto difficile, che io e la mia classe siamo riusciti a superare indenni, fortunatamente, e lo stesso è avvenuto per la terza prova. Mi presentai all’orale con la possibilità incredibile di prendere il massimo dei voti, tra le somme dei crediti e i voti degli scritti. Poi sono caduto sull’orale, per colpa di una domanda di fisica – materia che odiavo – che andò male. Presi quindi un voto alto ma non il massimo, che comunque non meritavo, quindi sono stato molto soddisfatto. Per me è stata la prima vera prova di maturità, nel vero senso della parola».

© Riproduzione Riservata