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Scuola in presenza, stare in classe non alza la curva dei contagi

Una ricerca ha dimostrato come le lezioni svolte in presenza non siano responsabili dell’aumento dei contagi durante la pandemia

Una recente ricerca ha preso in esame i dati di 7,3 milioni di studenti. Lo studio svolto incrocia le cifre del ministero dell’Istruzione, delle aziende sanitarie e della Protezione civile. È stato dimostrato che il tasso di positività tra i ragazzi è inferiore all’1% dei tamponi. In questo modo la scuola in presenza viene finalmente sollevata dalle sue accuse.

Lo studio

Un’equipe di epidemiologi, medici, biologi e statistici dello Ieo di Milano ha condotto un’incredibile ricerca (la prima in Italia di questo genere) analizzando i dati del Miur incrociandoli con quelli delle Ats e della Protezione coprendo più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. L’epidemiologa e biostatistica Sara Gandini ha spiegato che “Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio”.

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I numeri e la riapertura delle scuole

I numeri dimostrano che l’impennata dei casi registrata tra ottobre e novembre non può essere causata dall’apertura delle scuole. Il tasso di positività dei ragazzi, infatti, rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all’1%. “La loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt. Ad esempio, a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città» spiega Gandini. Gli studenti hanno un ruolo secondario nella trasmissione del coronavirus, i giovani, infatti, contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti. È stato dimostrato che è quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, stessa cosa che può accadere in qualsiasi altro ufficio.

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