Sei qui: Home » Intrattenimento » Teatro » La storia di Lia Rodrigues. Quando la danza esce dalle favelas di Rio

La storia di Lia Rodrigues. Quando la danza esce dalle favelas di Rio

Ieri, con lo spettacolo "Furia" di Lia Rodrigues è iniziato il Romaeuropa 2019, il Festival dedicato alle arti performative in scena fino al 24 novembre con 337 artisti provenienti da 27 Paesi

Viene da Marè lo spettacolo che apre il Romaeuropa Festival 2019, la favela che qualche anno fa, in occasione delle Olimpiadi di Rio 2016, fu letteralmente nascosta agli occhi dei turisti con pannelli giganti colorati. Ma per Lia Rodrigues – danzatrice e coreografa brasiliana, classe 1956 – la favela di Marè è un luogo pieno di promesse, che chiede soltanto di essere riscattato. Qui è nato “Furia”, uno spettacolo grandioso che dà voce al grido disperato dell’uomo vittima della violenza che imperversa nelle favelas.

Mai titolo fu più giusto di quello scelto per la 34esima edizione del Romaeuropa 2019: Landscapes, che apre all’insegna del Brasile. Infatti, “Furia” evoca le tragiche immagini dei paesaggi in fiamme dell’Amazzonia, dei suoi abitanti in fuga e della tragedia che sta sconvolgendo il Brasile.

La storia di Lia Rodrigues

Danzatrice e coreografa, Lia Rodrigues è prima di tutto una cittadina impegnata. Per la coreografa brasiliana, la prima forma di impegno concreta è la sua arte, che deve arrivare lì dove il degrado è così osceno da essere celato agli occhi dei turisti. Parliamo di Maré, una delle favelas più grandi di Rio, dove oltre quattromila 4mila persone vivono in condizioni drammatiche. Qui Lia Rodrigues ha deciso di stabilirsi nel 2004 con la sua scuola e la sua compagnia, fondando un centro culturale.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Romaeuropa Festival (@romaeuropa) in data:

Furia

È un lavoro sul potere, sulla storia, su chi la dirige e chi la subisce, sulla dialettica neri-bianchi in Brasile, terra in cui oggi ogni 23 minuti muore un nero. Sulle note energiche della tradizione Kanaki della Nuova Caledonia, si stagliano i movimenti, i corpi, i costumi e i colori creati dalla coreografa brasiliana in stretta relazione con i suoi danzatori, in quella che Fabrizio Grifasi, direttore artistico del festival, ha definito un esempio di “sincretismo tra un ancestrale realismo magico e la potenza espressiva di una cerimonia”.

L’arte e il suo ruolo politico

Al centro dei suoi spettacoli Lia Rodrigues pone i temi della contemporaneità. Si parla di politica, di lotta di classe, dei bianchi e dei neri, di coloro che detengono il potere e della violenza che impera nelle favelas, eppure la coreografa brasiliana, interrogata sul ruolo politico dell’arte, risponde così:
E’ una domanda che mi sono spesso posta. Possono gli artisti, può un’opera cambiare il mondo? Non penso. Dovrebbero essere i politici, che noi votiamo, a farlo
Nelle parole della Rodrigues risuona una provocazione, ma anche una richiesta esplicita a quella classe politica, che sotto la guida di “quel fascista di Bolsonaro” – come lei lo definisce – sta facendo precipitare il Brasile in un baratro sempre più nero e profondo.

 

 

© Riproduzione Riservata