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Francesco Guccini, perché “Il vecchio e il bambino” è da considerarsi poesia

Saper riconoscere il ritmo dell'uomo e delle stagioni ci dà la misura della poesia che ha saputo esprimere Guccini attraverso "Il vecchio e il bambino"

Descrivere e raccontare la poesia, le parole e la musica di Francesco Guccini significa confrontarsi con quasi quarant’anni della storia del nostro Paese. Autore di testi dall’indiscusso valore letterario che gli sono anche valsi il Premio Montale, Guccini è uno dei capisaldi del cantautorato “made in Italy”.

Per entrare nel suo mondo fatto di musica e parole, bisogna seguire il filo del discorso dei racconti che compongono i suoi dischi, in cui emerge la sua anima di cantautore moderno, raffinato autore di versi e cantautore politico. L’abilità nel sapere trasformare gli argomenti trattati nei suoi testi in vere e proprie poesie attraverso la musica si evince tra le sue canzoni, in particolare ne  “Il vecchio e il bambino”. Un testo in cui un passato, quasi fiabesco, viene raccontato da un vecchio agli occhi di un bambino, intento a vivere il presente.

Una fiaba di disincanto e drammatica

La storia narrata da Guccini fin dall’inizio evidenzia un’analogia tra le due figure. Il vecchio e il bambino rappresentano, ciascuno con la propria identità e le proprie aspirazioni, il cammino stesso dell’uomo. Un cammino che agli occhi del vecchio viene definito come incerto, fragile, stanco, denso di nostalgia e di rassegnazione rispetto al futuro più speranzoso del bambino.

Nel viaggio, accompagnando il bambino per mano, il vecchio si sente finalmente libero di raccontare se stesso e la sua visione del mondo con un certa dose di disincanto e rammarico. Le parole che compongono i suoi pensieri, mettono in luce sia situazioni del suo vissuto che delle sue residue speranze, di quello che è stato per lui ma anche di quello che il mondo riserverà alle generazioni future.

Il disastro ambientale

Continuando a seguire il filo del racconto, si può anche intuire in Guccini il tema della devastazione ambientale che, nel testo, è trattato in modo molto delicato e particolare. Il tema del devasto è emerso, probabilmente, a causa di una guerra nucleare simboleggiata dalla polvere rossa, dalla luce non vera del sole e dalle colonne di fumo.

Il vecchio racconta al bambino con sguardo nostalgico, di come fosse bella prima quella distesa coperta di grano fatta di alberi e fiori, di colori e voci. Il racconto denso di emozione e lacrime agli occhi, appare al bambino come un’invenzione.

Questo perché oggi tutto questo sembra essere scomparso, tant’è vero che il bambino si rivolgerà nel finale al vecchio dicendogli: “Mi piacciono le fiabe, raccontane altre“. Una titubanza, quella del bambino, che si trasformerà in illusione anche per il vecchio, il quale dopo aver subito “le ingiurie degli anni”, non riesce più a distinguere il vero dai sogni.

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Il vecchio e il bambino di Francesco Guccini

Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera;
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera…
L’ immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l’occhio di un uomo poteva guardare
e tutto d’ intorno non c’era nessuno:
solo il tetro contorno di torri di fumo…
I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l’ anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati…
I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero…
E il vecchio diceva, guardando lontano:
“Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori
e in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell’ uomo e delle stagioni…”
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
“Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”
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