Sei qui: Home » Libri » Guccini al Pordenonelegge, “Non scrivo più canzoni, ora scrivo libri”

Guccini al Pordenonelegge, “Non scrivo più canzoni, ora scrivo libri”

Francesco Guccini al Pordenonelegge racconta la sua Pavana, il suo paesino d'origine, dove ora vive scrivendo libri e ricordando il passato

Tra la via Emilia e il West, per dirla con le sue canzoni, si trova Pàvana, un paesino sull’Appennino tosco-emiliano che si raggiunge salendo una strada irta e che – scherza seriosamente Francesco Guccini nell’incontro stampa a Pordenonelegge – dovrebbe diventare capoluogo di provincia, ma che invece si avvia a scomparire. Dai 7000 abitanti dell’infanzia del cantautore ne rimangono poco più di 1000 ed è questa l’occasione narrativa di Tralummescuro, in uscita per Giunti editore, che completa idealmente il percorso iniziato con Cròniche epafàniche. Il titolo rimanda a quel momento di passaggio tra la luce e la notte – un’ora che è di tutti, un’ora che è pace e presagio – per un libro di ricordi e malinconia, di persone e cose del tempo perduto, in un paese disabitato, dove i tetti delle case non fumano più.

[amazon_link asins=’880988552X’ template=’ProductCarousel’ store=’libreriamo-21′ marketplace=’IT’ link_id=’5ff0267e-d92a-4156-b6a1-aa55611eb540′]

LEGGI ANCHE: Javier Cercas al Pordenonelegge, “Le serie TV non possono sostituire la letteratura”

Alla scoperta delle proprie radici

È a Pàvana che il cantautore è tornato a vivere in questi ultimi anni, dopo l’adolescenza, la giovinezza e la maturità vissute tra quella Modena “piccola città, bastardo posto” e la sua Bologna. Sono passati anni da quando ha toccato una chitarra, dalle osterie bolognesi, appunto, e oggi la sua vita è scrivere, leggere e farsi leggere libri, stare con gli amici del Paese, insomma tornare a una dimensione più piccola e più tranquilla. La trilogia composta da Cròniche Epafàniche, sui suoi primi anni a Pàvana, Vacca d’un cane sugli anni modenesi e Cittanova Blues su Bologna, si completa ora con Tralummescuro e la morte dell’Appennino: “nel giro di questi 50 anni – spiega l’autore – l’Appennino è morto , le case sono vuote, la gente se n’è andata e le vecchie generazioni non hanno eredi che rimangano”. Ed è anche l’occasione per riscoprire le proprie radici – la parola che forse più di tutte rappresenta il cuore della sua ispirazione artistica – che lo legano a Pàvana dove sorge il mulino di famiglia, vera Macondo appenninica ormai viva nel cuore dei lettori e radici sono quelle che sa rintracciare dentro le parole, giocando con le etimologie fra l’italiano e il dialetto, come da sempre ama fare. “Il dialetto ha mille sfaccettature – spiega il cantautore- che nell’italiano si sono perse. Un vocabolo che in italiano si riconosce in un unico lemma ha molte varianti in pavanese, modenese e bolognese, il che permette una stratificazione linguistica, dal punto di vista narrativo, molto ricca ed interessante”.

Ma oggi Pàvana è ormai quasi disabitata e il narratore evoca i suoni di un tempo lontano, in cui la montagna era luogo laborioso e vivo, terra dura ma accogliente per chi la sapeva rispettare. Rinascono così personaggi, mestieri, suoni, speranze: gli artigiani all’opera in paese o lungo il fiume, i primi sguardi scambiati con le ragazze in vacanza, i giochi, gli animali e i frutti della terra, un orizzonte piccolo, ma proprio per questo aperto all’infinito della fantasia. Tra elegia e ballata, queste pagine sono percorse da una continua ricerca delle parole giuste per nominare ricordi, cose e persone del tempo perduto.

La memoria in un racconto senza rimpianto

La malinconia è sempre temperata dalla capacità di sorridere delle umane cose e dalla precisione con cui vengono rievocati gesti, atmosfere, vite non illustri eppure piene di significato. “Nostalgia ma non rimpianto di una stagione senza luccicare di mojito” scherza Guccini-  in cui Pàvana era frequentata da turisti francesi che però bestemmiavano in dialetto e vantava cinema, balere ed un “osteria con signorine compiacenti.“. “Oggi si fa fatica a trovare il quarto per giocare a tressette”.  E il rapporto con la musica?  Come noto, ormai Francesco Guccini ha smesso di scrivere canzoni anni fa. Il suo ultimo album è L’ultima Thule risale al 2012 dato che ora si dedica alla scrittura di libri: “Non ascolto più musica  – confessa il cantautore – figuriamoci la mia. Del resto non mi manca scrivere canzoni, perché scrivo libri, il mio sogno di bambino, ed è il mio modo di vivere nel mondo.

Alessandra Pavan

© Riproduzione Riservata